Gli applausi deflagrati questo giovedì nel Congreso de los diputados – la Camera bassa spagnola – non sono segni di entusiasmo per l’elezione della socialista Francina Armengol a presidente d’aula. O almeno, non solo.

La festa è per il Sánchez bis. Non è ufficiale: il re deve assegnare l’incarico, poi bisogna che un fronte progressista tenga. Ma il primo grande test, nel giorno di insediamento dei deputati, è stato l’elezione della presidente della Camera: ha certificato che una maggioranza a traino socialista è possibile.

La vigilia di un Sánchez bis va intesa attraverso tre snodi: il primo è la presa di coscienza che i socialisti hanno più margini di manovra, anche se sono i popolari ad avere più seggi; poi c’è l’accordo con gli indipendentisti catalani – la chiave di volta – con la convergenza su Armengol filtrata ufficialmente nella tarda serata di mercoledì.

Il terzo e ultimo sviluppo è la deflagrazione strumentale dell’intesa tra Partido popular e Vox, esibita questo giovedì da Alberto Núñez Feijóo non appena il leader popolare ha colto la sconfitta nel test d’aula e verosimilmente in quello di governo.

«Ecco cosa succede in Europa quando nel centrodestra si mettono veti e ci si divide», è corso a dichiarare Matteo Salvini pro domo sua.

La vittoria di Armengol

Il destino di Francina Armengol è curare ferite: ha cominciato nella farmacia di famiglia; poi come esponente socialista, dal 2015 Armengol è stata la prima donna alla guida delle isole Baleari; e ora si ritrova a fare da balsamo a una sinistra che ha rischiato le ossa rotte.

Al Senato non c’era stato nulla da fare: il sorpasso elettorale dei popolari sui socialisti si è tradotto qui in una maggioranza assoluta per il Pp. Pedro Rollán – un popolare – ha ottenuto la presidenza. Ma alla Camera bassa si è realizzata la manifestazione plastica di quel che era intuibile già dopo il voto di luglio: la destra avrà anche fatto il sorpasso coi voti, ma quanto a margini di manovra il premier Sánchez resta tuttora insuperato.

La socialista Armengol ha quindi ottenuto, questo giovedì mattina al Congreso, la presidenza con 178 voti, provenienti, oltre che dai suoi colleghi dello Psoe e dall’alleato Sumar (la sinistra guidata dalla vicepremier Yolanda Díaz) pure dalle formazioni indipendentiste; ha incassato i voti di PNV (il Partito nazionalista basco), Bildu (indipendentisti baschi di sinistra), Junts per Catalunya (la formazione guidata da Carles Puigdemont), ERC (la Sinistra repubblicana di Catalogna) e BNG (il Blocco nazionalista galiziano).

L’accordo con Puigdemont

L’indipendentista catalano Puigdemont si è rivelato nelle scorse settimane l’uomo chiave per la doppia sfida di Sánchez: arginare le destre e scongiurare lo stallo istituzionale. I socialisti avevano già esperienze di governo con partitini nazionalisti, mentre per le destre – con Vox geneticamente contraria – non era possibile esercitare la forza di gravità verso le formazioni minori. Ma arrivare a un ulteriore mandato richiedeva a Sánchez il disinnesco delle tensioni con Puigdemont. A tal fine, i progressisti hanno lavorato alacremente. Già il penultimo lunedì di luglio, si sono esposti per negoziare i partner junior di Sumar. Nel corso delle settimane i lavori si sono intensificati: Puigdemont ha concentrato sulla sua persona le trattative, per prevenire sbavature tattiche, mentre per i progressisti tenevano le redini Díaz e il socialista Félix Bolaños.

Cambio di linguaggio

Il cuore politico della questione è il supporto a un Sánchez bis, per i socialisti, e la questione della grazia, per Puigdemont e i suoi. Quel che si vede in superficie, per ora, è il via libera alla convergenza sulla presidente della Camera, da parte di Junts; e da parte di Sánchez, come contropartita comunicabile, l’introduzione del catalano tra le lingue delle istituzioni assieme a concessioni di valore simbolico sulle Commissioni parlamentari. Visto che la Spagna ha la presidenza di turno in Ue, il premier socialista si è anche lanciato in un messaggio di sollecito all’Unione europea perché anche in questa sede siano riconosciuti il catalano, il basco e il galiziano.

Capita l’antifona – e cioè ufficialmente la vittoria di Armengol alla Camera, implicitamente l’imminenza di un Sánchez bis – il leader popolare ha subito fatto ciò che il suo partito gli aveva chiesto di fare nelle ultime settimane: utilizzare un eventuale mandato all’opposizione per fagocitare Vox. Non a caso, al momento del voto sulla presidenza della Camera, ogni intesa in apparenza si infranta: l’estrema destra e i popolari hanno votato ciascuno il proprio candidato. Santiago Abascal si è tenuto i 33 voti per il suo candidato, mentre 139 voti sono andati alla popolare Cuca Gamarra. Scomposizione oggi, ruolo da opposizione domani.

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