Il bureau del gruppo Identità e democrazia dell’Europarlamento ha ufficialmente disposto l’esclusione della delegazione tedesca di Alternative für Deutschland, con effetto immediato. Le procedure formali erano state avviate stamattina alle 9 e hanno tenuto impegnato il gruppo fino alle 15 circa. È l’ultimo passaggio del divorzio politico in corso questa settimana.

La formalizzazione del divorzio

Ieri c’era stato un momento di confronto tra le delegazioni, oltre che una attività di coordinamento politico tra Marine Le Pen e Matteo Salvini, con il coinvolgimento del capogruppo di Id, il leghista Marco Zanni, e il capodelegazione della Lega in Parlamento Ue, Marco Campomenosi. 

I postnazisti tedeschi hanno provato a frenare il processo inviando a Zanni per lettera una richiesta formale di espulsione di Maximilian Krah, accusandolo proprio di aver incrinato la reputazione del gruppo. Ma come era prevedibile ciò non è bastato, perché le ragioni politiche per le quali anzitutto Le Pen, e in generale Id, vuole emarginare Afd, permangono a prescindere dal casus belli generato da Krah.

L’eurodeputato di Afd, che era anche stato scelto dal suo partito come capolista per giugno, aveva rilasciato dichiarazioni a Repubblica sul fatto che «le SS non sono automaticamente criminali» e inoltre è al centro di scandali e indagini per vicende di spionaggio cinese e corruzione russa. Pure il numero due in lista, Petr Bystron, si trova in mezzo a vicende di corruzione e riciclaggio. Mercoledì Afd aveva provato a contenere i dissidi con gli alleati chiedendo ai due di rimanere nell’ombra, e oggi ha fatto l’ultimo tentativo invocando l’espulsione del solo Krah dal gruppo.

Una rottura come opportunità

Ma per Marine Le Pen, così come per la Lega, non è Krah con le sue dichiarazioni il vero problema. È liberarsi di Afd la reale opportunità. Il divorzio è stato innescato dal Rassemblement National prima del voto di giugno perché è funzionale al processo di normalizzazione – la dédiabolisation – dell’estrema destra francese, e non è fatto per lasciare un vuoto. Quello che adesso appare come un possibile vuoto diventerà un margine di manovra dopo le europee. Per capire perché, basti sapere che neppure Viktor Orbán – spesso additato come il negletto di Bruxelles – sarebbe stato disposto a convivere con l’Afd nello stesso gruppo.

Scalzare Alternative für Deutschland dal proprio gruppo non significa farlo dimagrire ma al contrario aprire altri spazi e dinamiche. E poi la mossa diventa anche funzionale alla narrazione di Ursula von der Leyen e di chi come il Ppe – la sua famiglia politica – da almeno tre anni ha smantellato il cordone sanitario verso l’estrema destra. 

La presidente di Commissione europea in cerca di bis ha già dimostrato – e poi pure annunciato – di voler cooperare con i Conservatori europei, ma per poter tenere in vita la retorica della barriera serve qualcuno che appaia ancor più estremo dell’estrema destra già digerita; dunque l’emarginazione di Afd è in realtà funzionale all’assorbimento graduale dell’estrema destra in Ue.

La reazione dei meloniani

Lo dimostra anche il modo in cui il capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Europarlamento, Carlo Fidanza, ha commentato gli sviluppi sul quotidiano Libero: «Il partito di Macron ha chiesto l'espulsione di Rutte perché in Olanda ha fatto il governo con Wilders, e i liberali danesi gli hanno risposto che se ne possono andare loro. Una risposta che apre nuovi scenari politici, ovvero quelli di un'alleanza larga che possa tenere assieme Popolari, Conservatori, la parte meno a sinistra dei Liberali e alcuni partiti di Identità e Democrazia, soprattutto se sapranno isolare le ali estreme. La levata di scudi contro i tedeschi di Afd è un passo nella giusta direzione. E non solo per le dichiarazioni degli ultimi giorni, ma anche per una serie di opacità che da tempo legano Afd ad ambienti russi e cinesi. La scelta di distaccarsene facilita il dialogo».

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