Mentre Matteo Salvini va candidando generali xenofobi e giocando a chi è più estremo, la sua alleata Marine Le Pen procede a falcate spedite verso la melonizzazione, ovvero verso la normalizzazione di facciata al fine di arrivare al cuore del potere. L’annuncio ufficiale è arrivato questo martedì: il Rassemblement national non intende più proseguire la sua alleanza al parlamento europeo con i postnazisti tedeschi di Alternative für Deutschland.

Un divorzio annunciato

Già gli scoop sui piani di Afd per deportare fuori dalla Germania i cittadini tedeschi con origini straniere avevano innescato mesi fa le prese di distanza. Ma dopo che l’eurodeputato dell’estrema destra tedesca, nonché capolista di Afd alle europee, Maximilian Krah, è arrivato a dire, intervistato da Repubblica, che «le SS non sono automaticamente criminali», il Rassemblement national ha colto la palla al balzo per liberarsi degli scomodi partner che siedono pure loro dentro Identità e democrazia (i sovranisti tra i quali figura la Lega).

In realtà le mosse per sganciarsi erano in corso almeno dal 2021, quando pur di portare avanti il piano di unione delle destre estreme, sia Le Pen sia Salvini avevano espulso Afd dalla lista dei papabili partner. Ci sono voluti tre anni per arrivare al divorzio ufficiale, e come mai proprio ora? Semplice: perché Marine Le Pen – che farà incetta di voti alle europee e che poi punta a prendersi la Francia – vuol replicare la stessa strategia di Giorgia Meloni, con la quale non a caso il canale di contatti è più attivo che mai.

Meloni governa uno dei paesi fondatori dell’Unione europea e ha fatto da apripista per le altre destre estreme. Adesso tocca a Le Pen presentarsi come «pragmatica e moderata», come quella che «a Bruxelles non è marziana» (le citazioni sono meloniane) così da penetrare finalmente la politica mainstream d’Europa.

Qual è la strategia

Ad aprile 2021 Salvini era corso a Budapest dall’amico Orbán, che era fresco di divorzio dal Ppe; e i due, assieme alla sodale Le Pen, si erano messi a lavorare a una carta dei valori: era una sorta di caparra per l’acquisto di una casa comune che tenesse insieme le destre estreme, da Ecr a Id, passando per Fidesz.

Nella lista dei futuri inquilini già non c’era più traccia di Afd: i compagni di gruppo di Id erano pronti a sacrificare i postnazisti, che avrebbero complicato il dialogo con chi in Ue pesa, come i cristianodemocratici tedeschi e la stessa presidenza di Commissione. Poi di quell’unione non si è fatto nulla: Meloni ha vinto la competizione interna per guidare i processi a destra sabotando quel piano e ottenendone in cambio un lasciapassare dal Ppe.

Le Pen – supportata dal suo delfino, nonché capolista alle europee, Jordan Bardella – ha ora un obiettivo, ed è lo stesso che Meloni perseguiva in quel 2021: dimostrarsi “governabile” e penetrare le istituzioni Ue. Si spiegano così le prese di distanza degli ultimi mesi di Le Pen nei confronti di Afd – ce n’è stata una significativa dopo le rivelazioni di Correctiv sul “complotto anti immigrati” di Afd – e infine l’annuncio di questo martedì.

Il Rassemblement national procede spedito nell’opera di normalizzazione, e la scelta di candidare a giugno personaggi come Fabrice Leggeri – che ha guidato un’agenzia Ue, Frontex, pur in modo scandaloso – fa parte del piano. Serve una classe politica esperta per poter davvero incidere. Poi ci si libera degli alleati troppo imbarazzanti. E si stringe di più con chi ha in mano il potere e i processi; tra questi, figura Meloni.

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