Questo è l’ultimo Consiglio europeo per Mario Draghi, ma anche il resto della leadership in Ue sembra scivolare via. Certo, il premier italiano che per mesi ha scommesso sulla proposta di tetto al prezzo del gas è riuscito a portare a casa, prima di andarsene, solo promesse e versioni annacquate.

Che dire però del cancelliere tedesco? Olaf Scholz ha tenuto in ostaggio il consesso di governi per mesi, sulla partita dei prezzi, e il suo pacchetto da duecento miliardi produce tensioni anche in Germania, oltre a creargli attriti con gli altri paesi europei. Mentre Bruxelles si attiva per imporre la solidarietà delle riserve di gas, quella per gli ammortizzatori sociali ancora latita.

Se non sarà Draghi, che sta per lasciare palazzo Chigi, e se non sarà Scholz, che punta più sulla condiscendenza della Commissione europea che sulla propria capacità di tenere compatti gli stati membri, bisogna quindi scommettere su Emmanuel Macron per una leadership europea? Il fatto è che il presidente francese, europeista per slogan da sempre, tiene comunque la bussola puntata sugli interessi strategici francesi. E, infatti, ha fatto saltare il progetto del gasdotto MidCat, rimpiazzato questo giovedì con una ipotesi alternativa, e in nome della «autonomia strategica» nell’ambito della difesa fa scaramucce con la Germania.

La notizia che il vertice franco-tedesco della prossima settimana salterà è il sintomo delle fibrillazioni in corso.

La sirena sovranista

I primi a godere di dissidi e debolezze sono, com’è prevedibile, i sovranisti: «L’annullamento del vertice franco-tedesco mostra che ci sono molti disaccordi», ha twittato infatti Marine Le Pen, aggiungendo un soddisfatto «ve l’avevamo detto».

Tra leadership fragili e contrasti interni, nel frattempo l’Europa si sposta a destra, e la successione a Draghi non farà eccezione rispetto a questa tendenza. Considerato il valore che l’ex banchiere centrale assegna alle proprie parole, poche e soppesate, vanno registrate quelle pronunciate questo giovedì davanti agli ambasciatori: «L’appartenenza all’Ue e alla Nato sono capisaldi della nostra politica estera», «condividiamo in pieno i valori europei e transatlantici e vogliamo continuare a tutelarli e rafforzarli; penso alla salvaguardia dei diritti sociali e civili, in particolare delle minoranze». E ancora: «La credibilità che abbiamo acquisito è lo strumento migliore per ottenere i risultati a cui aspiriamo».

Il messaggio è duplice: è un monito per chi verrà a Chigi, perché definisce la «credibilità» da non disperdere e il perimetro dal quale non uscire. È pure una rassicurazione per gli osservatori europei, nei giorni in cui in Europa lo slittamento a destra dell’Italia e le “dolcissime lettere” tra Berlusconi e Putin hanno fatto discutere.

Il baricentro fragile

L’unico governo che negli ultimi mesi ha fatto scatti in avanti è quello di Pedro Sánchez, che viste le resistenze europee a intervenire sui prezzi ha strappato la «eccezione iberica». Ma questa e altre rivincite dell’Europa meridionale non implicano una forza tale da spostare il baricentro decisionale.

Nelle ultime settimane, il malumore di molti governi nei confronti della posizione tedesca è maturato: già nel Consiglio europeo della scorsa estate, Berlino ha frenato sul tetto ai prezzi. Ma arrivati a oggi, con la maggioranza dei governi propensa, continuare ad annacquare o procrastinare ancora interventi incisivi sul mercato significa andare contro tendenza.

A ciò si aggiunge la scelta della Germania di fare per sé in fatto di aiuti a imprese e famiglie, con un pacchetto di risorse che peraltro sta causando a Scholz problemi anche interni, a cominciare dalle accuse di incostituzionalità. Macron, che assieme a Draghi chiedeva da mesi forme di sostegno condivise, su debito ed energia è disallineato rispetto al cancelliere.

La coppia in crisi

I punti sui quali il duo franco-tedesco si incrina sono molteplici, e del resto se così non fosse non si sarebbe arrivati a un gesto conclamato come l’annullamento del vertice bilaterale inizialmente previsto per il 26 ottobre.

Quando si tratta di industria militare, l’orgoglio di Macron si fa sentire. Era successo lo scorso autunno, con il patto Aukus che ha fatto saltare l’accordo per i sottomarini francesi e ha provocato tensioni diplomatiche con Usa, Australia e Regno Unito. Succede ora all’interno dell’Ue stessa, perché quel centinaio di miliardi aggiuntivi che Scholz intende spendere per rafforzare la difesa tedesca andrà soprattutto in direzione di Washington, mentre Parigi reclama la «autonomia strategica» tradita; e gli incassi mancati, per le sue imprese.

Il cancelliere tedesco può del resto imputare a Macron di aver fatto saltare il progetto di gasdotto MidCat. Questo giovedì Francia, Spagna e Portogallo lo hanno ufficialmente sepolto, puntano su un’altra infrastruttura: un nuovo «corridoio energetico verde».

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