Prima del suo intervento c’è stato di tutto. Hanno preso il palco i filotrumpiani, i pro Netanyahu, non sono mancati neppure lobbisti repubblicani nella cui biografia pesano accuse per violenze sessuali, e poi in video l’immancabile despota ungherese, gli ultraconservatori polacchi, tra gli scrosci di applausi anche le destre estreme francesi e portoghesi. E dopo di lei, pure il presidente turboliberista argentino.

Ma c’è un posto speciale per Giorgia Meloni, nella convention organizzata da Vox a Madrid nel weekend.

Sfondamento a destra

«Hanno tentato di disprezzarci, isolarci, dividerci. E mentre ci dicevano che non eravamo all’altezza, che non eravamo abbastanza credibili per essere decisivi, noi ci siamo presi spazio, terreno, credibilità. Eccoci qui, uniti». Collegata in diretta video, Meloni rivisita in lingua spagnola e ambizione europea il mito autopoietico che ha costruito di sé stessa: quello della «underdog» bistrattata che ottiene rivalsa.

Con il proprio gruppo politico in fibrillazione da settimane, e coi leader alleati che spingono per le strette di mano con gli amici-competitor di Identità e democrazia, la premier non vuole perdere il proprio protagonismo assoluto nella gestione delle manovre pre e post giugno. Eccola, quindi, che «alza la posta»: «Pensate a quali altri risultati potremo ottenere se nel prossimo parlamento Ue saremo capaci di ribaltare l’attuale maggioranza».

«Le risposte pragmatiche alla fine trovano interlocutori disponibili», dice Meloni. Vanta di aver permeato i Popolari europei e di aver costruito un dialogo con la Commissione, ed è da questa posizione che può fare da apripista per le altre destre estreme.

Nel purgatorio di Giorgia

Per questo motivo Abascal si entusiasma, quando Meloni dichiara che le vicende di Fratelli d’Italia e Vox «si sono sempre somigliate molto»: la traduzione è che la leader garantirà ai postfranchisti di stare nel purgatorio delle estreme destre con le quali si negozia – von der Leyen ha dichiarato del resto che con Ecr vuol dialogare – e non nell’inferno, ormai sempre più ristretto, di chi invece potrebbe restar tagliato fuori dai giochi.

Non a caso c’è un posto speciale per Meloni, nei ringraziamenti dell’amigo leader di Vox: come dice la voce al megafono annunciandola, lei è «la donna che ha trasformato l’Italia ed è una speranza per tutti i patrioti europei». Al raduno spagnolo-globale di post fascisti Meloni ha tre ruoli: mostrare che «è possibile» per l’estrema destra governare, legittimare chi ancora al governo non è (come Vox) e tracciare le traiettorie per il dopo giugno.

La presenza di leader che in teoria fanno parte di un altro raggruppamento – come Marine Le Pen e André Ventura che sono affiliati a Identità e democrazia – chiarisce bene qual è la bussola delle estreme destre europee: non la «famiglia tradizionale» come declamano, non politicamente almeno. La famiglia politica che conta è quella dove si decide e si governa. Le Pen e Ventura a inizio dicembre avevano disertato la chiamata a Firenze del loro alleato Matteo Salvini – la Lega fa parte di Id – e adesso eccoli che corrono sul palco conservatore di Madrid.

Gli ammiccamenti di Le Pen

I sondaggi dicono che sarà Le Pen la grande vincitrice delle europee, scalzando Macron – da lei descritto come il male assoluto in coppia con von der Leyen – e gonfiando la rappresentanza europarlamentare sovranista, al contrario della Lega, per la quale è previsto il flop.

Anche se i conservatori hanno appena preso nel gruppo Reconquête, l’estrema destra xenofofa e neoliberista di Marion Maréchal, Le Pen zia non rifiuta il dialogo con la galassia conservatrice perché lì si governa, si decide, si negozia. La stessa Maréchal ne è consapevole e infatti a febbraio, interrogata sul punto da Domani, aveva detto: «Vogliamo essere gli intermediari». Il candidato lepeniano Fabrice Leggeri ormai fa campagna elettorale agli eventi di Ecr con Orbán e Morawiecki. Le Pen stessa si fionda a Madrid. Altrettanto vale per Ventura, uscito in gran rimonta dalle ultime elezioni portoghesi e più irresistibilmente attratto, a quanto pare, da Ecr che dai leghisti del suo gruppo Id.

Nel 2021 Marine Le Pen era tra coloro che spingevano per l’unione delle destre estreme, assieme a Orbán e Salvini. Quella spinta resta, anche se adesso l’interlocutore italiano privilegiato sta diventando Meloni. «La vera Europa della sovranità e dell’identità – ha detto a Madrid la leader del Rassemblement national – richiede che uniamo le forze. In questa lotta politica comune è importante recuperare l’amicizia tra i nostri paesi, partiti ed eurodeputati».

Il miglior sogno sovranista è il trio Italia-Francia-Spagna in mano all’estrema destra. «Cari amici, domani, quando saremo di più all’Europarlamento, potremo riorientare l’Ue secondo i nostri principi»: è la promessa (o la minaccia) di Le Pen; identica, in questo, a Meloni.

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