Houjarray è una frazione di Bazoches, amena località a circa 40  chilometri da Parigi. La casa di Jean Monnet ove questi nella primavera del 1950 invitò consiglieri, diplomatici e Robert Schuman per consegnargli e sottoporgli la sua proposta per l’Europa.

Il 9 maggio segnò la fine della Seconda guerra mondiale, con la resa nazista del 7 maggio siglata la sera dell’8 maggio 1945 a Berlino, mentre a Mosca era già il 9. Lo stesso giorno, nel 1950, Schuman, uno dei principali fondatori della futura Unione europea dichiarò a Parigi le linee del piano di rilancio sociale ed economico dell’Europa.

Fu quel giorno, infatti, che il ministro degli Esteri francese propose per la prima volta la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni di tali materiali. I traumatici postumi della guerra erano ancora freschi e vividi e la devastazione morale e materiale incombeva sull’Europa, senza che un nuovo conflitto potesse essere escluso. Secondo Schuman, la costituzione della Ceca, mettendo in comune carbone e acciaio, avrebbe evitato che i due principali paesi rivali e spesso anche nemici, Francia e Germania, ripetessero gli errori del 1914 e del 1939, facendo sì che il conflitto fosse «non solo impensabile, ma materialmente impossibile».

Nella sua Dichiarazione, Schuman rimarcò quanto «la fusione delle produzioni di carbone e di acciaio (...) cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime». Condividere gli interessi materiali ed economici, innalzando il livello medio di benessere comune quale primo passaggio per la futura Europa unita: questa, dunque, la prospettiva.

La Dichiarazione Schuman è un pilastro dell’Europa e contiene gli assi portanti di quello che sarà poi il processo di integrazione costruito attraverso i vari Trattati: Schuman, infatti, sottolineò l’audacia necessaria a tutelare la pace mondiale che «non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano». E, con molta efficacia, delineò il lungo e operoso percorso necessario per addivenire alla futura Europa unita, la cui costruzione «non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto».

Un uomo di frontiera

Schuman era un uomo di frontiera, come Alcide De Gasperi del resto, e poteva capire i problemi legati all’Europa post conflitto. Temi su cui era particolarmente sensibile. Nacque in Lussemburgo (lato materno), ma di padre tedesco della Lorena, regione nel 1871 annessa al Reich dopo la guerra franco-prussiana e la battaglia di Sedan.

Schuman ottenne la cittadinanza francese alla fine della Prima guerra mondiale, dopo essersi trasferito a Metz dove lavorò da avvocato subito dopo aver portato a termine gli studi a Strasburgo. Proprio nella capitale alsaziana Schuman si adoperò affinché vi fosse stabilita la sede del Consiglio d’Europa in quanto città simbolo della riconciliazione franco-tedesca.

Per evitare nuove guerre

L’Europa era stata liberata dalla lotta di resistenza e dalla congiunta azione degli Alleati e dell’esercito sovietico, i quali si erano simbolicamente ritrovati sulle rive del fiume Elba nella comune emancipazione del continente, ma presto rimpiombarono nelle divisioni dovute alla distanza ideologica tra capitalismo e comunismo. La “cortina di ferro” discese sull’Europa che verrà poi divisa da un Muro simbolico e fisico. In questo contesto di ritrovata divisione e di potenziale nuova conflittualità si inserì il lavoro di ricostruzione, di pacificazione e di pace.

Tra i promotori proprio Monnet e Schuman che permisero di avere una Europa “Unita nella diversità”, come recita il motto adottato nel Duemila, e che è solo parzialmente simile al E pluribus unum americano, nel quale l’accento è sull’unicità, mentre nel caso europeo si enfatizza la varietà degli stati membri in termini di lingua, storia, cultura, diritti.

Quelli rappresentati nelle 12 stelle della bandiera, vessillo dell’Europa. La quale oggi appare quasi scontata nelle sue contraddizioni, nei suoi indubbi successi ed avanzamenti, nelle sue problematiche. Ma emerse “piano piano”, grazie alla lungimiranza, alla visione di figure quali Monnet, con un approccio funzionalista, e Schuman che compirono l’impensabile mettendo in comune le risorse che un secolo almeno erano state alla base dei conflitti franco-prussiano, della Prima e della Seconda guerra mondiale. Condividere l’acciaio e il carbone, elementi essenziali per l’energia, ma soprattutto per l’industria pesante e bellica, significò non soltanto la prima azione, ma quella al contempo più rilevante e decisiva.

Rappresentava l’ardito, in parte l’ignoto, ma era l’unica via per riappacificare le frontiere. Monnet lo concepì, lo progetto e vide in Schuman lo “strumento” politico per condurlo in porto.

Non un mero esecutore, ma un vero attore protagonista che tesse la trama politica e diplomatica in quel dopoguerra carico di asti, diffidenze, veleni. Schuman non informa il parlamento francese per evitare che deflagri la polemica prima del dovuto e convince il cancelliere Adenauer ottenendo il via libera: «Aderisco di tutto cuore». Altre tempre, altri tempi.

Al Quai d’Orsay

Quel 9 maggio di 74 anni fa, Schuman lesse il suo discorso all’interno del salone dell’Orologio del Quai d’Orsay, reso sala stampa all’uopo. Tuttavia, poiché venutone a conoscenza di corsa, il mondo della stampa era presente con poche unità. Del resto, il discorso era stato oggetto di una decina di versioni preparatorie sulla scia del dibattito schietto e non semplice tra Schuman e Monnet.

Il quale fu il principale ispiratore del cosiddetto metodo Monnet-Schuman, ossia della logica dei piccoli passi. Un atteggiamento che servirebbe tanto anche oggi all’Europa e alla sua classe dirigente, avendo però un orizzonte politico, ideale e istituzionale da perseguire. Quel metodo applicato al carbone e all’acciaio sarebbe poi estendibile, e solo in parte esteso, al resto delle aree politiche ed economiche dell’Europa al fine di condurre alla sua unità.

La storia senza giornalisti

Purtroppo, a quell’evento storico del 9 maggio 1950 non prese parte nessun fotografo né, tantomeno, operatori radiofonici o televisivi. Per rendere omaggio a un passaggio cruciale della storia d’Europa Schuman procedette a leggere nuovamente e registrare la sua dichiarazione che ha dato i natali alla visione dell’Europa unita.

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