Questo mercoledì a Bucarest la famiglia popolare europea – cioè il centrodestra aperto alle destre estreme di Meloni e compagnia – si ritrova per il congresso nel quale Ursula von der Leyen verrà ufficialmente consacrata come spitzenkandidat, ovvero il nome di punta per la presidenza della Commissione europea.

Alla vigilia della propria incoronazione, von der Leyen – che presidente lo è già, e che ambisce al bis – ha portato in dote all’industria «un segnale forte»: così aveva definito, già a fine febbraio, il pacchetto per l’industria della difesa, che questo martedì la sua squadra di commissari europei ha presentato ufficialmente.

Non è un caso che spicchi fra tutti Thierry Breton, l’ex manager lanciato in Commissione da Emmanuel Macron a gestire la delega al Mercato interno, e che fa da «commissario all’Industria della difesa», come ha sintetizzato l’alto rappresentante Ue Josep Borrell. La spinta per aumentare i finanziamenti ai colossi militari è un occhio strizzato all’Eliseo: così la presidente spera di blindare la propria nomina.

Quello che è stato presentato martedì da Breton, da Borrell e da Margrethe Vestager è noto come il nuovo pacchetto per la difesa ma è soprattutto un pacco regalo per l’industria militare. Lo hanno confermato in conferenza stampa i tre commissari: le iniziative precedenti, giustificate con l’urgenza della guerra in Ucraina, rappresentavano esperimenti per il lungo termine.

Il cosiddetto “Asap” (che suona come “as soon as possible, il più in fretta possibile”), l’atto «per il supporto alla produzione di munizioni», ha beneficiato di un iter emergenziale, ma la sua gittata andava ben oltre l’immediato: l’Ue intendeva «supportare finanziariamente il rafforzamento delle capacità produttive dell’industria» militare.

La proposta di regolamento presentata questo martedì – la quale intende stabilire un programma per l’industria europea della difesa e un quadro di misure sintetizzabile col nome “Edip” – è a sua volta un ponte: riconosce che gli esperimenti precedenti vanno resi strutturali, e prevede che dopo le europee si possa rilanciare ancor più. Per dirla con Breton, «oggi abbiamo quel che serve per aumentare le capacità industriali, e se potremo farlo ancor di più, allora la prossima Commissione potrà lavorare a un fondo sostenuto anche dai leader».

Passo dopo passo, transizione dopo transizione, Bruxelles sta puntellando un’Ue a favore dell’industria militare. «Non significa che qui a palazzo Berlaymont avremo un deposito d’armi: sarebbe vietato dai trattati. Significa che aumenteremo la capacità industriale», ha detto Borrell.

Sotto lo slogan dello «spendere di più, meglio e più europeo», prende forma l’idea pregustata da von der Leyen di far con le armi quel che ha fatto coi vaccini: gestire gli acquisti in modo coordinato, con l’intervento diretto della Commissione, in una apposita struttura.

La cosa si presta a critiche, visti lo scandalo dei messaggini, l’accusa di «malgoverno» da parte dell’ombudsman Ue, i rilievi della Corte dei conti europea e le indagini in corso da parte della procura europea. In conferenza stampa è toccato al socialista Borrell, da vicepresidente, articolare una risposta ai dubbi: «Noi facilitiamo gli acquisti ma spetta agli stati membri pagare e quindi conoscere prezzi e condizioni».L’obiettivo è fissato per ora al 2030, data entro la quale almeno il 40 per cento del materiale di difesa dovrebbe essere acquisito in modo collaborativo e almeno la metà del bilancio per gli appalti di settore andrebbe spesa dentro l’Ue.

Attualmente – come ha messo a verbale Vestager – circa il 60 per cento è speso non dentro l’Ue ma verso gli Usa. «Serve un equilibrio transatlantico, al di là del futuro elettorale», ha detto la commissaria, intendendo che al di là di una eventuale vittoria di Trump – che minaccia di lasciare l’Europa al suo destino – serve «più responsabilità per la nostra sicurezza».

Oltre che una responsabilità, è una spesa: si comincia con un miliardo e mezzo di bilancio, e si tratta inoltre di riformare tutta l’architettura normativa per «aumentare le capacità industriali» e «incoraggiare gli acquisti comuni».

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