«Diamoci anche un bacetto!», ha detto questo mercoledì Giorgia Meloni a Forlì, trascinando a sé Ursula von der Leyen, coi fotografi assiepati in sala, e i residenti arrabbiati fuori, in piazza Saffi, per urlare che non bastano «le passerelle». A volte le parole che cadono per sbaglio nel microfono dicono di più di quelle pronunciate a tutto volume, e la esibizione di vicinanza fra la premier e la presidente di Commissione Ue – quel «diamoci un bacetto» – rappresenta in effetti il vero contenuto politico della frettolosa visita di von der Leyen in Italia.

Ufficialmente, si trattava di pubblicizzare con una conferenza stampa congiunta il rimaneggiamento dei fondi del Pnrr a favore delle aree alluvionate della regione, e di far la lista di miliardi e milioni. Ma c’è stato anche un bilaterale a porte chiuse – viene chiamato bilaterale perché coinvolge von der Leyen e Meloni, ma c’era anche l’ombra europea della premier, il ministro Raffaele Fitto – e vista la durata di quasi un’ora è chiaro che non si è parlato solo di Emilia-Romagna. «Abbiamo trattato molte altre materie, a partire dal prossimo Consiglio europeo», riferisce non a caso Meloni: entro il primo febbraio bisogna finalizzare l’accordo con Viktor Orbán, il despota e ricattatore dell’Ue, verso il quale la premier si erge a pontiere. Inoltre ci sono gli equilibri del dopo giugno da definire, con von der Leyen che ovviamente rientra negli scenari delle nomine.

La presidente della Commissione europea si presta non a caso a seguire la premier italiana nelle sue avventure, che si tratti di un viaggio a Tunisi (e di un memorandum tunisino), di un passaggio – anzi ora due – in Emilia-Romagna o di una presenza a Lampedusa. «Ursula von der Leyen sarà a Roma il 28 gennaio alla conferenza Italia-Africa: voglio ringraziarla anche per questo», ha aggiunto da Forlì la premier. Una corrispondenza di amorosi sensi (politici) suggellata dallo sperticarsi di elogi da parte di von der Leyen, generosa e complimentosa sia sul Pnrr che sulla «nostra cooperazione eccellente».

Che cosa lega così strettamente le due? Anzitutto la «cooperazione eccellente» tra Meloni e i popolari di Manfred Weber e di von der Leyen; poi gli schemi di gioco da preparare per l’estate 2024, con le ambizioni di tutti i soggetti in campo. E infine una ripartizione chiara delle aree di «cooperazione»: la presidente di Commissione dà spago alla premier sulla sua propaganda anti migranti, o sullo spostare i fondi Ue che all’Italia sarebbero stati comunque assegnati; ma Meloni resta ininfluente sui dossier di peso come la riforma del Patto di stabilità, sulla quale peraltro proprio questo mercoledì gli eurodeputati (comprese le destre nostrane) hanno dato mandato per concludere i negoziati.

L’appeasement romagnolo

Scappata via dall’Europarlamento, che in mattinata le aveva chiesto conto dei soldi scongelati a Orbán, all’ora di pranzo von der Leyen si era già catapultata nelle dinamiche politiche italiane, con Meloni e Fitto certo, ma pure con gli amministratori locali e dunque esponenti d’opposizione come il governatore emiliano Stefano Bonaccini. Questo mercoledì il presidente di regione ha anzitutto accolto «la notizia positiva» dello stanziamento dei fondi europei, concedendo «un applauso anche a Giorgia Meloni!», e ringraziando pubblicamente: «Il lavoro del ministro Fitto col governo Meloni, e la sua determinazione, presidente von der Leyen, consentiranno di spendere per queste aree un miliardo e duecento milioni».

Intanto amministratori locali come il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, lamentavano «che da otto mesi famiglie e imprese attendono senza aver visto un euro e che, nonostante le promesse del governo, non sono ancora nemmeno indennizzabili i beni mobili». Rimostranze analoghe erano in bocca ai cittadini in piazza per protestare, tant’è che in serata il governatore dem ha messo in fila con un post sui social che «ribadiamo il nostro appello perché venga risarcito il cento per cento dei danni a famiglie, cittadini e imprese»: «Chiariamo che i fondi europei discussi in mattinata sono destinati a investimenti pubblici, non a rimborsi a famiglie e imprese».

In pratica, la premier – che è più brava a ottenere dall’Ue rimaneggiamenti di fondi già assegnati piuttosto che grandi riforme, e che da Forlì ha rivendicato «una revisione del Pnrr giudicata da tanti impossibile e da noi doverosa» – ha fatto in modo di garantire un sollievo momentaneo anche all’Emilia-Romagna governata dal Pd, e inoltre a Forlì ha siglato l’accordo sui fondi di coesione. «La revisione del Pnrr libera risorse, e c’è un impegno importante a favore delle aree alluvionate», ha rivendicato, illustrando la destinazione di 1,2 miliardi: «Oltre che per la messa in sicurezza dei bacini, consentiranno azioni di mitigazione e il ripristino del patrimonio residenziale pubblico; facciamo ricostruzione e prevenzione».

Soldi per «progetti ritenuti strategici per la regione» (come li chiama Fitto) che favoriscono la “mitigazione” anche dei rapporti, e aiutano a prevenire attacchi sul resto delle «revisioni» dell’uso dei fondi. Meloni aggiunge che «inserire i progetti per le aree alluvionate garantisce anche tempistiche celeri, perché il Pnrr ha un cronoprogramma ben definito».

La santa alleanza

«L’Italia sta andando benissimo sul Pnrr, la metà è stata spesa, è una grande notizia!», ha fatto eco von der Leyen nel suo intervento, che chiaramente non serviva solo e tanto a far la lista dei fondi europei per l’Emilia-Romagna (ci sono anche circa 90 milioni già arrivati dal fondo europeo di solidarietà e quasi 380 complessivi in arrivo), ma soprattutto a saldare l’alleanza con la premier nonché presidente dei Conservatori europei.

Ursula von der Leyen esibisce commozioni ed emozioni – ricorda il viaggio di maggio tra gli alluvionati ed evoca «il profumo delle piadine» – arrivando a sfoggiare slogan in emiliano – «Tîn Bôta!, Tenete duro!» – ma le trasferte emilianoromagnole non sono che una rapida sosta sulla strada, percorsa con determinazione, del suo futuro politico post giugno.

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