Non sono molti i commenti ufficiali alla decisione del parlamento italiano di ieri di bocciare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, un sistema intergovernativo dei paesi dell’eurozona volto a intervenire nelle crisi finanziarie relative ai debiti pubblici e al sistema bancario.  

Fratelli d’Italia e Lega, dopo aver concluso i negoziati sulla riforma del Patto di stabilità, hanno votato contro la proposta di ratifica del Mes, provocando una spaccatura nel governo – Forza Italia si è astenuta – e rimanendo l’unico paese, sui 20 che aderiscono al Mes, a non aver ratificato la riforma.

Il giorno dopo interviene il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, rispondendo ai giornalisti dopo l’approvazione della manovra al Senato. «Il ministro dell'economia e delle finanze avrebbe interesse che il Mes fosse approvato per motivazioni di tipo economico-finanziarie. Ma per come si è sviluppato il dibattito negli ultimi giorni mi è sembrato evidente che non fosse aria per un'approvazione, per motivazioni non soltanto economiche».

Motivazioni dunque politiche, specie dopo il via libera al Patto di stabilità che ha attirato al governo la critica di essersi piegato alle volontà franco-tedesche. «Quando leggerete bene il Patto di stabilità scoprirete che è molto meglio di quello che sembra», ha detto il ministro che ha respinto anche l’ipotesi di dimissioni: «I consigli dell'opposizione sono sempre utili, ma poi permettetemi se decido io».

La bocciatura italiana del Mes – unico paese a non averlo approvato, bloccando l’entrata in vigore della riforma in tutta l’Eurozona – ha raccolto in Europa poche reazioni, perlopiù ispirate alla freddezza.

Paschal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo, si è detto «rammaricato dell’esito», «pur nel pieno rispetto delle deliberazioni parlamentari». Ricorda che l’Italia «rimane l’unico paese che blocca la finalizzazione di una riforma su cui tutti ci siamo impegnati dal 2021», e sottolinea che le modifiche sono «a vantaggio di tutti i paesi membri» e costituiscono «un elemento chiave della rete di sicurezza comune nell'Eurozona». Ma il suo impegno, spiega, a lavorare con le autorità italiane continuerà nei prossimi mesi. 

Il voto contrario di ieri impedirà però al parlamento italiano di esprimersi sulla stessa proposta di legge per sei mesi. La presidente della Commissione europea non ha ancora commentato l’esito del voto italiano, mentre a intervenire sulla questione Pierre Gramegna, direttore del Mes, che ha ribadito l’importanza di un coinvolgimento dell’Italia: «Senza la ratifica italiana non saremo in grado di fornire il sostegno al Fondo di risoluzione unico dell’unione bancaria, che andrebbe a beneficio di tutti i Paesi dell’area euro».

Gramegna ricorda il mandato fondamentale del meccanismo europeo, ossia «garantire la stabilità finanziaria nell’area dell’euro», il motivo per cui è stato creato. E, dice il direttore del Mes, «continuerà a farlo nell’ambito dell’attuale trattato». 

Anche dalla Francia non arrivano dichiarazioni ufficiali sulla bocciatura della riforma. Una fonte vicina al governo, scrive Repubblica, riferisce che per il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire il voto di ieri è dovuto a «dinamiche di politica interna». La priorità assoluta di Le Maire era l’approvazione del Patto di stabilità

In ogni caso la partita potrebbe non essere chiusa definitivamente. Oltre alla possibilità di rivotare tra sei mesi, l’ex presidente del Consiglio e senatore a vita Mario Monti suggerisce sul Corriere della Sera una via d’uscita: «Possono ancora il presidente del Consiglio e il governo uscire dall'angolo in cui si sono cacciati, ridando un minimo di onore alla nostra nazione? Certo che sì! Ma non proseguendo sulla via delle falsità e delle ambiguità – aggiunge – che il povero Mes riformato, il quale non ha mai fatto notizia negli altri paesi, si è trovato a percorrere, sotto tre successivi governi, nella nostra splendida e tortuosa penisola».

Per Monti, la situazione si sblocca se il governo presenta una proposta di legge per la ratifica o un ordine del giorno in cui si impegna a non richiedere l'attivazione del Mes senza prima l'approvazione del Parlamento, recependo l’obiezione avanzata ieri dalla Commissione bilancio della Camera. Un espediente, ma tutto lascia pensare che ormai se ne riparlerà dopo le Europee.

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