Sulla Commissione piomba una mozione di censura ideata dai romeni di Aur, rinnegata dal versante meloniano dei Conservatori ma gradita ad altri pezzi di destra. Intanto la disponibilità della presidente verso il blocco delle destre genera tensioni coi socialdemocratici
La politica dei due forni di Ursula von der Leyen – e prima ancora, dei Popolari europei che sono la sua famiglia politica – sta provocando scottature sia da destra che da sinistra alla presidente di Commissione europea.
Mentre i socialdemocratici rimbrottano per le concessioni fatte dalla presidente al versante destrorso dell’Europarlamento, una parte di destra estrema coglie l’attimo per lanciare una mozione di censura contro la Commissione; la richiesta di votarla in plenaria è stata depositata ieri, corredata di 74 firme.
Dato che lo spunto è lo scandalo Pfizer, la prima domanda è se l’iniziativa possa gettare scompiglio tra le destre stesse. A Domani il capogruppo di Ecr, Nicola Procaccini, anticipa già che non darà sostegno alla mozione. Il principale argomento è che rischierebbe di cadere tutta la Commissione.
Il problema politico – anche per Procaccini – è che l’iniziativa è partita da un eurodeputato di Aur, membro di Ecr, ed è stata sottoscritta dagli eurodeputati ultraconservatori del Pis, componente rilevante di Ecr e che esprime anche il co-capogruppo. Patryk Jaki è tra i firmatari; Ecr piomba così in una nuova lotta intestina tra Fdi e Pis, già attraversata la scorsa estate e sedata con la nomina di Mateusz Morawiecki a presidente del partito Ecr.
Inoltre un più che probabile supporto dei Patrioti, leghisti inclusi, sul voto alla mozione implicherebbe l’ennesima frattura interna alla coalizione del governo Meloni.
Quanto ai socialdemocratici, dicono «mai» a una mozione lanciata dalle fazioni più a destra dell’asse europarlamentare. Tuttavia si fa intendere che altro stia bollendo in pentola, per fare pressione sulla presidente.
Ecco il doppio fronte di contestazione.
La mozione della destra estrema
La saga della mozione di censura comincia nel tardo mercoledì, poche ore prima che inizi il Consiglio europeo: «Mâine depun moțiunea de cenzură contra Ursulei von der Leyen. Am numărul necesar de semnături. Detalii, în Financial Times, ediția de mâine. Domani presenterò la mozione di censura contro Ursula von der Leyen. Ho il numero di firme necessario. I dettagli sul Financial Times di domani», scrive Gheorghe Piperea, eurodeputato romeno di Aur, che è confluita l’estate scorsa nel gruppo dei Conservatori.
Come da preavviso, questa mattina il FT ha informato dell’iniziativa. Dopodiché il leader stesso di Aur, l’estrema destra romena, George Simion, ex candidato presidenziale sconfitto – che si era posto come continuatore dell’opera del filorusso Georgescu, esibendo anche i legami col Maga trumpiano – ha rivendicato l’iniziativa.
«I miei colleghi in Europarlamento hanno presentato ufficialmente la mozione di censura contro la Commissione Ue guidata da von der Leyen. Ursula ha totalmente calpestato la trasparenza del processo decisionale, i principi democratici e lo stato di diritto», ha scritto Simion.
L’innesco della mozione è la vicenda Pfizer, ravvivata dal fatto che a maggio la Corte Ue ha stabilito che sia stato illegale negare l’accesso ai messaggi usati dalla presidente in fase di negoziato con Big Parma.
La mozione è stata presentata, in vista di una calendarizzazione in plenaria, e 74 eurodeputati la hanno firmata; almeno una trentina proviene dal gruppo dei Conservatori, compresi gli eurodeputati Pis che hanno firmato in blocco. Oltre venti sostenitori sono da Esn (il gruppo di estrema destra nel quale siede, tra gli altri, AfD), un pugno dai Patrioti e le restanti firme dai non iscritti.
«Si tratta di una iniziativa presa in autonomia, senza alcuna discussione all’interno del gruppo», si schermisce Nicola Procaccini, capogruppo dei Conservatori, chiarendo anche a Domani che «noi la mozione non la votiamo: sarebbe anche contro i commissari espressi o supportati da Ecr».
Il voto deve essere palese e deve essere supportato in aula da una maggioranza di almeno due terzi dei votanti per poter dispiegare il suo effetto: forzare le dimissioni della Commissione nella sua totalità.
Le tensioni coi socialdemocratici
Anche con il sostegno dei Patrioti, la mozione non avrebbe al momento alcuna chance di passare, visto pure che i socialdemocratici non la sosterranno. Restano comunque vive le tensioni tra questo gruppo e la Commissione europea.
La politica del doppio forno messa in atto prima da Manfred Weber, leader del Ppe, sin dal 2021, e poi da von der Leyen stessa, aveva già provocato frizioni con l’area progressista dell’Europarlamento. Ma il caso «green claims» ha riaperto le spaccature: quando i Popolari hanno scritto alla Commissione negando il loro supporto alla legge sul greenwashing, mettendosi così sulla stessa posizione di Ecr e della compagine più a destra del Ppe, von der Leyen ha ventilato il ritiro della proposta, scatenando così uno scandalo politico e istituzionale. La Commissione ha in seguito giustificato la mossa con l’idea che un emendamento avesse snaturato la proposta originaria; il governo Meloni si è inserito nella vicenda reclamando di togliere il suo supporto alla legge in Consiglio, dunque i socialdemocratici hanno preteso chiarezze da von der Leyen sulla bussola politica che ne orienta il mandato attualmente.
A metà luglio la presidente di Commissione dovrà presentare il suo disegno per il futuro quadro finanziario dell’Unione, e i socialdem chiedono garanzie anche su questo fronte.
Al momento la migliore assicurazione di lunga vita per Ursula von der Leyen è data dallo spauracchio delle minacce esterne: tra guerre vere e proprie e commerciali, non le resta che l’appello all’unità per cavarsi dai guai.
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