I temi ambientali sono ormai ineludibili, così come la mobilitazione delle nuove generazioni per il clima. Perciò Giorgia Meloni usa la bandiera dell’«ecologismo conservatore» per rubare questo campo alla sinistra. Ma in realtà l’armamentario ideologico è quello di un tempo: Dio, patria e famiglia. E come mostrano i voti in Europa, più che il clima, Fratelli d’Italia difende combustibili fossili e «libera impresa».

Estrema destra e ambiente

L’argomento della difesa dell’ambiente non fa parte solo del repertorio di sinistra: storicamente è stato utilizzato anche dall’estrema destra. «Nell’ecologia il nazismo ha fatto cose positive», ha dichiarato una decina di anni fa Mario Borghezio, ex eurodeputato leghista; un’affermazione sintomatica di come i movimenti xenofobi si siano nutriti di richiami al «suolo patrio».Pure l’assaltatore di Capitol Hill, lo “sciamano” Jacob Chansley, ha preteso in carcere «cibo biologico». Nella destra italiana di Giorgia Meloni, la scelta di elaborare la tematica ecologica è anzitutto tattica. «Non intercettarla sarebbe uno sbaglio enorme dal punto di vista elettorale, perché le giovani generazioni l’hanno a cuore, e lasciarla alla sinistra significa perdere un’occasione», dice Francesco Giubilei, presidente della fondazione Tatarella. Il suo libro Conservare la natura rappresenta il tentativo teorico di rielaborare sotto l’etichetta conservatrice il tema ambientale, e «Fratelli d’Italia lo ha utilizzato come riferimento». La figura guida dell’ecologismo secondo FdI è anzitutto il britannico Roger Scruton, frequentatore – finché in vita – della galassia di think tank orbaniani come il Danube Institute e noto anche per aver scritto articoli sul tabacco senza dichiarare di essere finanziato dalle aziende produttrici. Nessuno spiega la strategia di Meloni meglio di Scruton stesso: «Quando si tratta di politiche ambientali la cosa peggiore che possa accadere è che i movimenti di sinistra prevalgano. Quella migliore, è che la gente comune, spinta da una “oikofilia” vecchio stile, operi volontariamente per rendere i problemi locali, e poi tentare di risolverli».

L’attacco a Greta

La cosa peggiore che possa accadere – dice la figura guida dei meloniani – è che la sinistra possa prevalere. Ed è proprio l’attacco all’ambientalismo di sinistra, infatti, il leit motiv dell’eurodeputato Nicola Procaccini, responsabile del dipartimento Ambiente di FdI, attualmente indagato. A maggio, quando ha presentato il Manifesto dell’ecologia conservatrice alla convention milanese del partito di Meloni, Procaccini se l’è presa con «l’ambientalismo, spettro che si aggira per l’Europa, e che ha rimpiazzato il comunismo». Fabio Roscani, presidente di Gioventù nazionale, si è scagliato contro i Fridays, «globalisti che bevono champagne e attaccano la nostra identità».

L’epiteto «gretini» si trova in ogni pamphlet dell’entourage meloniano sul tema ambiente, con tanto di interpretazioni in salsa complottista su Thunberg marionetta della macchina di propaganda «globalista».

Dio, patria, famiglia

Il “nuovo” ambientalismo di Meloni risponde in realtà alle vecchie parole d’ordine: Dio, patria, famiglia. Anzitutto la parola «ecologia» viene utilizzata dalla destra per scagliarsi contro gli «ambientalisti», e su quale base lo chiarisce Meloni stessa: «L’etimologia di ecologia richiama alla “casa”, e un conservatore difende l’ambiente nella misura in cui difende la sua casa, cioè la patria». Il suolo, il territorio, il proprio giardino, identità, nazione, sono l’alveo ideologico, anche se a parole FdI si definisce «anti-ideologica». Su questa divaricazione tra nazione e globalismo si strutturano tutte le recenti campagne elettorali dell’estrema destra, da Marine Le Pen a Viktor Orbán. C’è poi l’elemento religioso: «Come si può difendere la natura senza scorgere in essa il soffio di Dio?», dice Procaccini, che alla parola «ambiente» preferisce il «creato». Da qui alla difesa «della natalità», ovvero al tormentone antiabortista, il passo è immediato: «Davvero un certo ambientalismo pensa sia più importante difendere un cucciolo di animale rispetto al cucciolo di una donna?», parole sempre di Procaccini, che cita spesso e volentieri Ratzinger.

Predatori senza freni

«L’ecologismo non si impone dall’alto, comincia col difendere il proprio giardino», dice Giorgia Meloni. Dietro il volontarismo e l’approccio locale, che Scruton non a caso appuntava nella sua strategia «conservatrice», c’è l’idea che nessuna iniziativa dall’alto debba mettere un freno alle attività predatorie dell’uomo e del mercato. Si comincia dalla difesa della caccia: «Noi siamo favorevoli a questa pratica secolare osteggiata oggi dal perbenismo di sinistra perché anche nella caccia c'è una dinamica spirituale che lega l’uomo all’animale» (Procaccini). Si arriva fino alla libertà di impresa. Meloni si oppone a «un ambientalismo che pensa si debba espungere l’uomo dalle sue attività, la difesa dell’ambiente può andare assieme alla crescita economica, bisogna tutelare la produzione: basta con le tasse alle imprese, pensiamo agli incentivi». Secondo Fratelli d’Italia, Frans Timmermans, il commissario Ue al Green Deal, è un «estremista». Abbandonare i combustibili fossili è «follia».

La prova del voto

«La produzione non va colpita. Abbandonare presto i combustibili fossili è velleitario», ha dichiarato Meloni in occasione della giornata della terra. Ed è precisamente su grandi interessi economici e fonti inquinanti, che si vede – anche dai voti in sede europea – qual è la vera natura «ecologista» della sua destra. Quando l’Europarlamento ha tentato di fermare il greenwashing della Commissione Ue, che nella “tassonomia” ha etichettato come verdi gli investimenti in gas e nucleare, i conservatori europei di Meloni, e i suoi eurodeputati, Procaccini in testa, si sono opposti. Durante lo scontro sul pacchetto verde “fit for 55”, sempre i conservatori hanno fatto da sponda ai popolari europei nel tentativo di difendere gruppi di interesse da azioni incisive per il clima; Meloni si è opposta, per esempio, allo stop alla vendita di motori a combustione interna entro il 2035. Raffaele Fitto, che assieme al polacco Ryszard Legutko guida il gruppo conservatore all’Europarlamento, dopo aver votato contro la riforma del mercato delle emissioni e la tassa Cbam, ha definito le posizioni pro-clima dello schieramento progressista «furore ideologico».

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