Mentre uno studio dell’Europarlamento assegna all’Italia il primato in fatto di bavagli, intanto i governi europei provano ad annacquare la futura direttiva europea che dovrebbe appunto contrastarli. Parliamo di “slapp”, acronimo che suona non a caso come una “sberla” e che sta per “strategic lawsuit against public participation”.

Cos’è una slapp

Si tratta insomma di querele temerarie: le slapp sono azioni legali vessatorie che hanno lo scopo di intimitire e zittire le voci critiche. Per dirla in una parola, sono intimidazioni. Per dirla citando lo studio assegnato dalla commissione Libertà civili dell’Europarlamento, «le slapp comportano l’utilizzo di procedure giudiziarie per fini che sono ben altri rispetto a quello di esercitare un diritto. Queste querele temerarie vogliono silenziare le comunicazioni su temi di pubblico interesse e producono un effetto inibitorio»; è l’effetto di autocensura, noto come “chilling effect”.

Perché ci riguarda

«Il comportamento delle autorità italiane nei confronti di Domani è scioccante. Dimostra quanto sia urgente e necessaria la legge di Daphne, cioè la legge anti slapp». Così Corinne Vella, la sorella della cronista maltese assassinata, Daphne Caruana Galizia, aveva commentato gli attacchi del governo Meloni a Domani, alla stampa libera, a colpi di slapp appunto. Anche dopo aver assunto l’incarico di premier, Giorgia Meloni non ha rinunciato a portare avanti le azioni legali contro Roberto Saviano e contro il direttore di questa testata. Numerose anche le querele partite dal sottosegretario leghista Claudio Durigon, una delle quali era sfociata con l’arrivo dei carabinieri in redazione per sequestrare un articolo; il caso ha provocato uno scandalo su scala europea.

Sul podio per i bavagli

Lo studio commissionato dall’Europarlamento dà le dimensioni del fenomeno: in Unione europea sono i politici a ricorrere più di tutti alle slapp (quasi il 43 per cento di querele temerarie parte da esponenti politici). E fra tutti i paesi dell’Ue, proprio l’Italia è quella dove le slapp assumono le dimensioni più ingombranti: oltre un caso su quattro (il 25,5 per cento) si configura come querela bavaglio. Dopo Roma, vengono Madrid (17 per cento) e Atene (12,8).

La direttiva europea

La Commissione europea ha proposto una direttiva anti slapp per cominciare a contrastare la tendenza con strumenti europei. Al momento la direttiva è in fase di trilogo: significa che sia l’Europarlamento che il Consiglio (ovvero i governi) hanno maturato la loro posizione sul tema, e adesso bisogna trovare una sintesi interistituzionale, d’accordo con la Commissione. Perciò i negoziati sono in corso. 

«Entro fine novembre ci si attende una stretta di mano, ma le notizie che abbiamo sui negoziati sono tutt’altro che positive», dice Camille Petit, che segue il dossier per la Federazione europea dei giornalisti (Efj). La European Federation of Journalists ha siglato assieme ad altre organizzazioni per la libertà di stampa e ad altre ong una lettera nella quale allerta l’Ue perché «rischia di perdere un’opportunità storica».

Come svuotare una legge

Mentre la posizione degli europarlamentari è la più avanzata, i governi – cioè il Consiglio – spingono invece nella direzione opposta, con il rischio sempre più concreto che la ventura direttiva sia del tutto annacquata. Per capire in che modo gli stati membri stanno svuotando la proposta di direttiva, basta citare il punto più importante: la definizione di «transfrontaliero». La direttiva infatti prevede un intervento europeo basandosi sul carattere transfrontaliero di una querela temeraria. Ma sulla base di cosa si decide se una slapp coinvolge più di uno stato membro? Un approccio ampio prevede ad esempio che transfrontaliero possa essere l’interesse pubblico.

Il Consiglio si sta muovendo invece perché siano considerati transfrontalieri sono i casi nei quali le parti coinvolte sono domiciliare in più di uno stato membro. 

Solo un caso su dieci

«Ma ciò comporta che migliaia di potenziali slapp non rientreranno sotto l’ombrello delle misure protettive introdotte dalla direttiva europea», come segnala Efj nella sua lettera aperta.

Anche lo studio dell’Europarlamento è molto netto su questo punto: «Se davvero gli stati membri dovessero adottare l’approccio per cui l’elemento transfrontaliero esiste solo in caso di diverso domicilio, circa il 90 per cento dei casi che noi identifichiamo come casi con connessioni in più di uno stato membro verrebbero esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva».

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