«Dopo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina, abbiamo deciso di cancellare i nostri giorni di studio a Napoli». Lo annuncia ufficialmente Manfred Weber, il leader dei popolari europei. Il Ppe isola Berlusconi e Weber si proietta sempre più in direzione di Meloni. Il fragile “patto di Napoli” deflagra, perché si reggeva su un equilibrio fragilissimo, come Domani aveva anticipato.

Il patto saltato

A inizio settimana un’ampia componente del Ppe ha chiarito che tenere un vertice del partito in terra italiana, col rischio di farsi fotografare assieme a Silvio Berlusconi, sarebbe stato indigeribile. Domenica il leader di Forza Italia si era appena esibito nelle sue dichiarazioni filorusse attaccando Volodymyr Zelensky. Finché le urne erano aperte il leader dei popolari si è trincerato nel silenzio, e ha fatto anche saltare il punto stampa del martedì mattina a Strasburgo. Ma la resa dei conti interna è partita quello stesso pomeriggio. Prima di entrare nella riunione dei capidelegazione, il vicepresidente del partito popolare europeo, il capodelegazione polacco Andrzej Halicki, aveva anticipato a Domani che avrebbe preteso una reazione di Weber, e aveva pure consigliato espressamente a Forza Italia di cambiare leader. In riunione poi, frotte di delegazioni hanno infierito contro Berlusconi. Nessuno dei polacchi, dei baltici, e degli altri gruppi inferociti si sarebbe mai presentato a Napoli col rischio di consegnare alle opinioni pubbliche patrie – duramente antirusse – la propria foto assieme al leader nostrano. 

Ecco dunque la soluzione fragile: sperare che Berlusconi non si presentasse, che si desse malato; del resto è almeno dai tempi della pandemia che fisicamente non si presenta ai summit del partito. Ma per gli eurodeputati di Forza Italia come Alessandra Mussolini tutto questo è parso come un affronto. Intervistata da Domani proprio su questo – andrà, Berlusconi, a Napoli? – Mussolini mercoledì pomeriggio aveva esibito un «ma certamente, perché non dovrebbe andare?».

La svolta di Weber

Weber ha bisogno di sedare le rivolte e ha necessità di placare le delegazioni dell’Est: con quella polacca di Platforma, seconda per ampiezza all’Europarlamento, il clima è già teso, da quando il leader del Ppe ha stretto con Giorgia Meloni, presidente dei conservatori dei quali fa parte il partito di governo polacco, il Pis, tanto inviso a Donald Tusk e agli altri di Platforma. Così il presidente dei popolari, dopo aver dato il via a un annuncio pubblico dove il suo gruppo prendeva le distanze dalle affermazioni del leader di Forza Italia, si è pure esibito in scroscianti applausi in aula per segnalare le sue prese di distanza verso Berlusconi.

Inoltre Weber ha fatto presente ai compagni di partito che per fortuna la sua sodale, Meloni, sull’Ucraina è chiara – non come Berlusconi. E visto che proprio sul sostegno ostentato a Kiev si regge anche la leadership della sua protetta, Roberta Metsola, già proiettata verso la guida della Commissione Ue nel 2024, ecco allora Weber stigmatizzare Berlusconi. E liquidarlo bruscamente, nonostante fino alla campagna elettorale nostrana Forza Italia sia stata presentata come il polo stabilizzatore ed europeista della coalizione di governo italiana.

Le parole dure arrivano pubblicamente proprio mentre Metsola si trova al fianco del ministro degli Esteri forzitaliota Antonio Tajani, e non a caso Weber nella sua dichiarazione precisa: «Antonio Tajani e Forza Italia nel Ppe hanno tutto il nostro pieno supporto». Poi la stretta con Meloni e il suo governo: «Continuiamo la cooperazione con il governo italiano sui temi europei». 

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