Lo strappo è netto e non sarà indolore. La strada che ha portato al governo Draghi è stata tortuosa e si è conclusa davanti a un bivio in cui l’unica scelta era prendere o lasciare. Quindici senatori pentastellati hanno scelto la seconda via e infatti, dopo la mancata fiducia al nuovo esecutivo, sono stati espulsi dal gruppo parlamentare. L’annuncio è arrivato direttamente dal capo politico Vito Crimi – il quale avrebbe rinunciato a un posto da sottosegretario nell’attuale governo – che in un post su Facebook ha anche rivendicato l’appoggio a Draghi come una scelta dettata dall’interesse «di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale». Una decisione che non è stata accolta con serenità da parte dei diretti interessati, tra cui ci sono due esponenti di spicco del Movimento: Nicola Morra e Barbara Lezzi.

Appena saputa la notizia il presidente della commissione parlamentare antimafia ha affermato di essere «molto scosso dalla decisione» e che si prenderà del tempo per «riflettere», salvo poi dire in un secondo momento che spera in una ricucitura con il Movimento. Barbara Lezzi ha annunciato che si candiderà per il nuovo comitato direttivo che sostituirà la figura del capo politico.

L’ex ministra per il Sud del governo Conte I ha motivato la decisione della sua candidatura con la necessità di rappresentare politicamente, all’interno del Movimento, il 41 per cento degli attivisti che hanno espresso il “no” a Draghi attraverso il voto online. C’è chi dice però, regolamento alla mano, che l’espulsione dal gruppo parlamentare equivale all’espulsione dal Movimento.

Il destino degli espulsi

Lo strappo evidenzia un momento di difficoltà per il Movimento così come anche dichiarato dall’ex portavoce della presidenza del Consiglio Rocco Casalino convinto che «l’adesione al governo Draghi peserà» all’interno della compagine politica. C’è chi sostiene, però, che l’espulsione, ancora una volta secondo il regolamento, deve avvenire con modalità diverse e «non ci si può sottrarre da una valutazione online». Ad affermarlo a LaPresse è l’avvocato Lorenzo Borrè, da sempre a difesa dei pentastellati espulsi dal Movimento, il quale contesta un difetto normativo nella scelta espressa da Vito Crimi. Se alcuni degli espulsi puntano al vertice, c’è chi annuncia ricorsi, come nel caso di Elio Lannutti, ed esprime tutto il suo disappunto sui social. «Non siamo gli idioti di nessuno» ha scritto la senatrice Bianca Laura Grando in una lettera aperta a Crimi pubblicata anche su Facebook. «Non posso e non voglio andare contro la mia storia, le mie battaglie e i miei princìpi sostenendo un governo che non riflette tutto ciò in cui ho sempre creduto e per cui ho lottato» scrive invece il senatore Fabrizio Ortis, il quale aggiunge di voler continuare le battaglie del Movimento insieme agli altri esuli. Essendo in più di dieci, gli espulsi hanno i numeri per dare vita a un nuovo gruppo parlamentare e così eviteranno di andare nel famigerato gruppo misto.

Ora alla Camera tremano

In bilico il destino degli otto senatori assenti alla chiamata. Per loro, Crimi ha detto che se le assenze non sono motivate «da comprovate motivazioni di salute o stato di necessità anche per loro sarà prevista la sanzione più grave». La stessa che spetterà anche ai “dissidenti” della Camera. Alla fine ci sono stati 16 no, quattro astenuti e 12 assenti. Ne sono consapevoli i deputati Cabras, Colletti e Forciniti, che non hanno dato il loro voto a Draghi. «Il mio no a questo governo è netto, convinto e consapevole» scrive Forciniti su Facebook che si dice sicuro di andare avanti «oltre ogni possibile conseguenza personale». Grillo, dal suo blog, commenta che «i grillini non sono più marziani». Così come gli attivisti, che ora chiedono le teste del Movimento.

 

© Riproduzione riservata