Il 15 gennaio è il compleanno di Giulio Regeni. Quello che avrebbe dovuto essere un giorno di festa privato per una famiglia italiana, è oggi occasione per il mondo degli attivisti per chiedere al governo italiano di ottenere giustizia su un caso che da cinque anni crea polemiche in Italia e imbarazzi al Cairo e a Roma. Dottorando all’Università di Cambridge, Regeni si trovava nella capitale per svolgere il suo lavoro di ricerca. Qui è stato rapito il 25 gennaio 2016 ed è stato ritrovato morto a distanza di dieci giorni. Fin da subito le dinamiche di quanto avvenuto hanno portato le autorità italiane a ipotizzare il coinvolgimento dei servizi segreti egiziani.

Una versione che, nonostante i progressi delle indagini italiane è stata contestata dall’Egitto che si è finora rifiutato di collaborare con l’Italia. In occasione dell’anniversario sono state diverse le dichiarazioni di politici e associazioni internazionali per chiedere che si giunga a punire i responsabili della morte del ricercatore. Tra di loro Erasmo Palazzotto, deputato di Leu e presidente della commissione di inchiesta parlamentare sul caso Regeni, il deputato Cinque stelle Aldo Penna e Amnesty International.

Le indagini a Roma, i rifiuti egiziani

A inizio dicembre del 2020 la procura di Roma ha chiuso le indagini sulla morte di Regeni accusando quattro agenti segreti egiziani di avere seviziato e ucciso il ricercatore italiano perché giudicato un elemento pericoloso per il regime. Ad accusare gli 007 sono due testimoni i cui nomi non sono stati resi pubblici per ragioni di sicurezza e che erano presenti al momento delle torture del giovane. Il procuratore generale egiziano ha sempre negato questa versione dicendo che i colpevoli sono «ignoti». A fine dicembre hanno fatto discutere le parole del magistrato secondo cui chi ha ucciso Regini lo avrebbe fatto per «incastrare» le autorità egiziane in maniera tale da rovinare le relazioni con l’Italia. Il procuratore aveva definito «sospetto» il comportamento di Regeni attirandosi dure critiche da parte della politica italiana che aveva definito «vergognose» le sue parole.

La legione d’onore e la nave venduta

Il caso Regeni ha avuto conseguenze ambigue sui rapporti tra Italia ed Egitto. Se da una parte alcuni esponenti di spicco della cultura e della politica italiana, seguendo l’esempio del giornalista Corrado Augias, hanno rinunciato alla legion d’onore la massima onorificenza francese come segno di protesta dopo che il presidente francese, Emmanuel Macron, l’aveva conferita al leader egiziano al Sisi. Dall’altra, l’Italia ha venduto a fine dicembre una nave all’Egitto attirandosi dure accuse dai genitori di Regeni che hanno denunciato lo stato italiano per avere «violato della legge che vieta l'esportazione di armi verso paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani». Alle proteste dei Regeni si erano accodati i Verdi e Possibile.

La politica e il caso Regeni

Il caso Regeni ha avuto ricadute sulla politica interna. A novembre si è verificato uno scontro tra il leader di Italia viva, Mattero Renzi e il presidente della commissione parlamentare sul caso Regeni, Erasmo Palazzotto. Premier all’epoca dei fatti, Renzi aveva detto che quello della mancata collaborazione delle autorità egiziane «era un falso mito» imputando i ritardi nelle risposte del suo governo alla mancanza di iniziali notizie sul caso. Palazzotto aveva contraddetto il leader di Italia viva dicendo che gli atti smentivano le sue dichiarazioni.

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