Il vertice di villa Grande si conclude con un comunicato di tutte le forze del centrodestra: «Silvio Berlusconi è la figura adatta a ricoprire in questo frangente difficile l’alta carica di capo dello stato», per questo gli alleati «gli chiedono di sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta».

Dopo due ore e mezza il Cavaliere ha ottenuto il sostegno ufficiale degli alleati, che si definiscono un «fronte unito»: la prima battaglia è vinta, ora lo aspetta quella più complicata di trovare i voti. Cinquanta senza franchi tiratori, circa il doppio per chi tiene i conti dell’assemblea.

L’esito del vertice appare nettissimo e gela il Partito democratico e il Movimento 5 stelle, che avevano accolto positivamente le aperture di Matteo Salvini sull’ipotesi di trovare un candidato condiviso a un tavolo comune. L’idea nelle scorse ore era stata rilanciata anche da Gianni Letta (da subito scettico sulle possibilità del leader di Forza Italia), che aveva auspicato un’elezione «in armonia con una valutazione degli interessi generali».

Invece, il Cavaliere ha tirato dritto, tra telefonate ai parlamentari e grandi manovre europee, e sembra aver convinto gli invitati al vertice. Matteo Salvini, Giorgia Meloni ma anche i centristi Maurizio Lupi, Luigi Brugnaro e Lorenzo Cesa.

L’elenco che non c’è

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Berlusconi non è arrivato con l’elenco promesso di sostenitori, esito delle telefonate degli ultimi mesi.

Per questo il vertice è stato aggiornato alla settimana prossima per un tavolo che verifichi i numeri. Il mandato è stato dato ai capigruppo dei vari partiti: dopo aver fatto il dovuto scouting dovranno tornare con una lista di nomi di grandi elettori pronti a sostenere Berlusconi. «Le forze politiche del centrodestra lavoreranno per trovare le più ampie convergenze in parlamento», si legge sempre nel comunicato congiunto.

Tradotto: c’è ancora margine per tornare indietro in extremis. Nel corso del vertice, Salvini ha chiesto a Berlusconi di sciogliere la riserva ma soprattutto di dare assicurazioni su numeri e nomi dei sostenitori. Se numeri certi mancassero anche all’esito delle iniziative di tutti i partiti che lo sostengono, Berlusconi stesso dovrebbe trarre le dovute conclusioni.

Tra i colonnelli leghisti e quelli di Fratelli d’Italia, infatti, ancora si usa il condizionale quando ci si riferisce a Berlusconi: «Vorrebbe accettare», iniziano le frasi, interrotte sempre da un «ma». Certo il gioco è pericoloso, soprattutto per Salvini che sta provando a indossare i panni del regista.

Chiusura netta da sinistra

Dal centrosinistra è già arrivata la chiusura netta. Se questo è il nome del centrodestra, «la convergenza è impossibile», ha già fatto sapere il capo politico del M5s, Giuseppe Conte. Articolo 1, Leu e Sinistra italiana hanno definito «irricevibile» la candidatura.

Enrico Letta invece tiene toni più distesi, pur confermando il no deciso a Berlusconi torna a chiedere «un presidente condiviso che non sia leader di partito». Dal Nazareno però filtra la delusione dopo i tentativi di coordinamento con la Lega e torna a farsi forte l’idea di uscire dall’aula al momento della quarta votazione.

Intanto, il popolo Viola ha lanciato un appello a tutte le «forze democratiche» per scendere in piazza il 25 gennaio contro «il peggiore incubo che possa capitare alla democrazia italiana».

Il passo avanti verso Berlusconi del centrodestra ne fa fare uno indietro a ogni possibile accordo tra le forze della maggioranza di governo. La situazione rischia di far deragliare anche l’esecutivo, che potrebbe non reggere alle tensioni che si genererebbero in caso di stallo sulla presidenza della Repubblica.

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