Allo sciopero generale della Cgil e della Uil hanno aderito pochissimi lavoratori ma non è detto che ai sindacati interessasse quello: «Sta aumentando la distanza tra il palazzo della politica e il paese. Noi invece diamo voce al disagio sociale che c'è, abbiamo bisogno di prendere la parola e farebbe bene chi è in parlamento ad ascoltarci». Così da piazza del Popolo il segretario della Cgil Maurizio Landini ha perseguito due obiettivi: rispondere a chi lo accusava - Matteo Salvini in testa -, di aver organizzato uno «sciopero farsa» che «blocca il paese», e candidare il sindacato a diventare l’opposizione di sinistra alla larghissima maggioranza e alla destra di Giorgia Meloni. «Oggi la risposta che arriva da tutte le piazze è la migliore a chi in questi giorni ha tentato di dipingerci come irresponsabili. Lo sciopero è un diritto da quando in questo paese è stato sconfitto il fascismo, è bene ricordarselo».

I passi

Il posizionamento è stato graduale. Dalla richiesta di confronto con il presidente del consiglio Mario Draghi alla critica per la bocciatura da parte di Italia viva, Forza Italia e Lega del contributo Irpef per abbassare le bollette da inserire in legge di Bilancio.

A quel punto è stato convocato lo sciopero generale contro la manovra, e la Cisl si è sfilata. Anzi, risponderà sabato 18 una contro manifestazione “Più Sviluppo, Più Lavoro, Più Coesione Sociale. La Responsabilità in piazza”, l’appoggio esterno a Draghi di Luigi Sbarra.

Pierpaolo Bombardieri, il segretario della Uil, invece non ha esitato a scegliere il campo di Landini ed è andato all’attacco del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi: «Ha detto che era triste per lo sciopero ma i disoccupati sono tristi sempre».

Ieri sera si sono fronteggiati a Porta a Porta, ma sia Bombardieri che Landini continuano a tendere la mano alla Uil ricordando che la piattaforma fino a una settimana fa era condivisa anche con loro.

Il programma e la partecipazione

I punti portati avanti dal Cgil e Uil più che alle rivendicazioni sindacali somigliano a un programma: riforma del fisco, pensioni, politiche industriali, contrasto alle delocalizzazioni e alla precarietà, sanità, non autosufficienza e scuola: «Il confine tra piattaforma è programma è  molto labile», ammette a Domani il segretario confederale Emilio Miceli. Che aggiunge che i sindacati guardano con preoccupazione anche alla transizione ecologica e chiedono di dare priorità al Mezzogiorno.

Sull’adesione «l’industria ha risposto all’appello del sindacato», assicura Miceli. Confindustria parla del 5 per cento di forza lavoro in totale. Nel pomeriggio arrivano i dati della Cgil: buona percentuale in alcuni stabilimenti comunica la Fiom, il regno di provenienza di Landini, ma nessun dato aggregato per categoria. Le categorie Cisl rivelano che sono sotto il 10 per cento in Stellantis, Fincantieri, e Leonardo, i 3 più grandi gruppi italiani. A Taranto l’ex Ilva arriva all’1,5 per cento.

La sciopero, ricordano i sindacalisti, è stato convocato all’improvviso una settimana fa e le sigle hanno da subito escluso i lavoratori dei servizi essenziali per il veto del garante. Dalle poste ai servizi ambientali.

I trasporti hanno avuto qualche rallentamento, ma niente di più: «Una cosa è certa, comunque lo sciopero ha già avuto il suo effetto – dice Miceli –: il dibattito politico anche nei prossimi giorni ruoterà intorno allo sciopero dei sindacati».

Una forza antifascista

Le manifestazioni di piazza, Roma, Milano, Bari, Cagliari e Palermo, che hanno idealmente unito l’Italia, isole comprese, hanno offerto comunque un bel colpo d’occhio, con scioperanti felici di esserci, ma soprattutto un pubblico a un palco.

La grandissima partecipazione alla manifestazione antifascista del 16 ottobre, quando tutti dalle forze politiche alla società civile, si sono stretti attorno alla Cgil vittima dell’assalto di Forza nuova proprio alla sede principale del sindacato è un ricordo ancora vivido.

Il giorno dopo le violenze Landini aveva chiesto di sciogliere il partito neofascista e Draghi era andato di persona a portare la vicinanza del governo, senza però fare promesse.

La proposta di scioglimento di Forza nuova è arrivato in parlamento con uno scontro di mozioni di centrodestra e centrosinistra che, nonostante dichiarazioni di vittoria del Pd, si sono risolte in tiepide raccomandazioni all’esecutivo e fino a oggi in un nulla di fatto.

Landini ieri ha riparlato dell’argomento per dire che il problema è politico, e non dei tempi dei magistrati che indagano sui neofascisti.

«Qualche giorno fa c'è stato un incontro con l'Anpi e tutte le associazioni antifasciste», ha raccontato il segretario, «e ci è stato detto dai rappresentanti del governo che purtroppo questo provvedimento ancora non si può prendere perché non ci sono le condizioni in parlamento per sciogliere tutte le organizzazioni che si rifanno al fascismo».

Come sciopero, dalle parti della Cisl lo hanno definito «un flop», ma adesso andrà misurato politicamente. Landini crede che ci sia spazio e ha ricordato che le recenti amministrative hanno visto ancora una volta crescere l’astensionismo: «Ci hanno detto che questo sciopero è anche politico. Sì. Noi stiamo facendo politica nel senso più vero e nobile del termine, come dovrebbe fare chi è votato per fare politica». Hanno appena cominciato: «Noi abbiamo intenzione di cambiare il paese e non abbiamo intenzione di fermarci». In piazza c’erano molti cartelli “No Draghi al Quirinale”.

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