Il fascicolo sul tavolo è di quelli che pesano e sopra c’è scritto il nome di Piercamillo Davigo. La questione non è più rinviabile: l’ex pm di Mani pulite e togato del Csm andrà in pensione il 20 ottobre e il Consiglio deve esprimersi sul suo diritto di rimanere nell’interno dell’organo di autogoverno dei giudici. Non ci sono scappatoie: o fuori o dentro. Per questo il plenum si prepara a due giorni campali,, «con eventuale prosecuzione mercoledì 21 ottobre alle ore 10». La questione sicuramente spaccherà l’assemblea.

La linea Davigo

La questione riguarda l’elezione al Csm nel 2018 del fondatore e volto più noto di Autonomia e Indipendenza. La consiliatura scade nel 2022, ma Davigo andrà in pensione il 20 ottobre 2020. Il quesito è: il requisito dell’essere magistrato in attività è previsto solo al momento dell’elezione, oppure deve permanere per tutto il mandato? Davigo sostiene la lettura formalistica della Costituzione, che non stabilisce nulla in merito. Inoltre, la legge del 1958 sul funzionamento del Csm prevede l’appartenenza all’ordine come requisito di eleggibilità, ma non che il collocamento a riposo o le dimissioni siano esplicita causa di decadenza.

Nel silenzio delle norme, dunque, la decadenza non esiste. All’interno di AeI, il dibattito sull’opportunità della candidatura di Davigo era sorto anche durante la campagna elettorale, ma aveva prevalso l’orientamento “formalistico”. Che rimane saldo anche ora: la corrente, nonostante sommovimenti interni, non ha mai preso le distanze dal suo leader.

La commissione Titoli si è espressa per due voti a uno contro la permanenza, anche in forza di un parere negativo dell’Avvocatura dello Stato. Dalla parte di Davigo, però, ci sarebbe un dettaglio che mostra come il tema sia controversa. Le regole dell’Anm prevedono che i pensionati possano rimanere iscritti al sindacato, in una sezione autonoma, ma con diritto di voto in assemblea.

I contrari

La permanenza di Davigo rischia di far esplodere le tensioni dentro Area. Il gruppo – nato dall’unione tra Magistratura democratica e Movimento per la Costituzione - è diviso: Md si è già espressa contro, con due articoli firmati da Nello Rossi e dal segretario Riccardo De Vito: «Non si può essere rappresentativi se non si è appartenenti» perchè «l’appartenenza, con le conseguenze che ne derivano in termini di soggezione al procedimento disciplinare, impedisce che la rappresentatività trasmodi in arbitrio».

La tesi è che un pensionato non possa far parte del Csm perché non è più tenuto a rispettare le regole dell’autogoverno. Il timore, poi, è quello di creare un precedente: «Anche le dimissioni dalla magistratura non sono previste quali causa esplicita di decadenza. Cosa accadrebbe nel caso in cui un consigliere a rischio di disciplinare si dimettesse dall’ordine e non dal Csm?», si chiede De Vito.

Il gruppo di Area non si è espresso (e proprio questa posizione, ritenuta «ambigua», ha infastidito Md) ma è orientato per il sì e ha chiesto che lo scrutinio sia palese, «affinché le ragioni del voto e delle relative posizioni siano il più possibile intellegibili e trasparenti». La richiesta verrà votata dal plenum e c’è chi ritiene che sia un assist a Davigo: il voto palese congelerà le posizioni alle correnti e il togato eviterà sorprese anche da parte del suo gruppo.

Il ventisettesimo invitato

Magistratura indipendente voterà contro Davigo e ha fatto proprie le ragioni del Consiglio di Stato, secondo cui la mancata previsione legislativa dipenda dal fatto che è «scontato» che il pensionamento precluda la permanenza al Csm, perchè comporta «il venir meno del presupposto stesso della partecipazione all’autogoverno».

Mi fa notare un altro effetto collaterale: Davigo è membro della commissione disciplinare – la stessa che ha radiato Luca Palamara l’8 ottobre, in un processo a tappe forzate – e il rischio è che la composizione «sia potenzialmente illegittima» e che «possa essere messa in discussione la legittimità dei futuri deliberati, specie se adottati con un solo voto di scarto». Tradotto: gli incolpati potrebbero sollevare la questione di illegittimità giudice, sostenendo che Davigo non possa far parte del collegio. Collegio che, nelle prossime settimane, si esprimerà sui cinque togati e Ferri, che erano al dopocena con Palamara per pilotare la nomina del procuratore di Roma.

Mi ha un’altra ragione di rivendicazione al Csm. Questione dal minore impatto mediatico ma di peso sostanziale: il plenum deve decidere anche sulla sostituzione del togato di Unicost, Marco Mancinetti, dimessosi in settembre a causa di intercettazioni spuntate tra le carte del caso Palamara. Secondo Mi, il seggio doveva subito andare a Pasquale Grasso, ex presidente dell’Anm in quota “moderata”, nel rispetto dell’esito delle ultime elezioni suppletive.

Invece, una parte del Csm ritiene che debbano essere celebrate nuove suppletive e Grasso non possa subentrare perchè, secondo una interpretazione formale delle norme, non era candidato alle elezioni del Csm nel 2018.. Mi ha letto in questa posizione una logica di potere: «L’insediamento sarebbe già avvenuto, se al posto di Grasso ci fosse stato un esponente dell’attuale maggioranza di autogoverno», accusa Mi, che da corrente più votata è finita in minoranza sia al Csm all’Anm. Il sospetto è che il Csm abbia voluto evitare il subentro immediato perchè avrebbe signficato un voto in più contro Davigo.

L’esito incerto

Nessuno oggi si sbilancia sull’esito del plenum. A favore di Davigo ci dovrebbero essere i 4 voti di AeI e almeno 2 laici in quota 5 Stelle. Contro, invece, sono i 3 voti di Mi, i 2 di Unicost e i 2 laici di Forza italia. Incertezza, invece, sui 5 togati Area, che potrebbero dividersi. I 2 laici della Lega sono rimasti in silenzio. Risultato: potrebbero essere determinanti i membri di diritto della Cassazione, il primo presidente Pietro Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi. Di loro, nonostante i trascorsi in Md, è impossibile dire l’orientamento. La sfida è aperta e la discussione rischia di condizionare indirettamente l’Anm, perchè il plenum si riunisce con le urne aperte per il rinnovo del sindacato.

Saranno due giorni di seduta fiume, dunque, e mostreranno come il Csm si sta riorganizzando dopo lo scandalo che lo ha travolto.

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