Marcello De Vito, presidente dell’Assemblea capitolina, è passato a Forza Italia. Dopo il suo addio al Movimento 5 stelle, dove aveva fatto inizialmente carriera lavorando spesso insieme alla sindaca Virginia Raggi (resta agli atti l’episodio delle arance quando si contrapponevano insieme a Marino) molti media avevano dato De Vito in più occasioni orientato a ricollocarsi in un partito di destra: oggi ha ufficializzato il suo ingresso nel partito di Silvio Berlusconi in una conferenza stampa a cui hanno partecipato anche Maurizio Gasparri, commissario del partito a Roma, e Antonio Tajani, vicepresidente.

De Vito aveva lasciato il Movimento il 24 maggio, spiegando di non sentirsi più membro di un partito di cui non condivide più le scelte e le «capriole ideologiche». Per spiegare il passaggio a FI, qualcuno suggerisce che forse De Vito era «troppo compromesso» per le sue pendenze giudiziarie legate allo stadio della Roma per ambire a un ingresso in Fratelli d’Italia o nella Lega, ma chi frequenta palazzo Senatorio prevede che possa spostare al massimo qualche migliaio di voti. Un bottino piuttosto magro, insomma.  

Mentre Tajani si è speso in entusiasmo, spiegando che «si tratta di un annuncio di rilievo che dimostra quanto Fi cresce nella Capitale», non tutto il partito ha approvato la scelta di De Vito. Il deputato Andrea Ruggieri dice che «Provo autentico ribrezzo per la scelta, di cui nulla sapevo fino a stanotte, e da cui mi dissocio, di imbarcare in Forza Italia un grillino dei peggiori, personaggio pessimo non perché indagato ma perché candidato contro Forza Italia a suon di video in cui ci dava dei ladri e dei mafiosi».

Screzi col Movimento

De Vito, annunciando il passaggio, ha spiegato di «essere sempre stato un elettore di centrodestra» e che «Berlusconi è decisamente meglio di Grillo». Il presidente ha sottolineato però che il suo passaggio non ha niente a che fare con le sue pendenze giudiziarie, per cui in passato si erano guastati i suoi rapporti con i vertici del Movimento. 

«Il comportamento del M5s e dei suoi principali esponenti lo definisco inqualificabile, ma non ha influito sulla mia scelta», aveva dichiarato De Vito in passato. L’ex grillino, aveva anche definito il partito «disumano» nel comportamento nei suoi confronti dopo l’arresto nel 2019 per corruzione sulla vicenda dello stadio della Roma, per cui passò un centinaio di giorni a Regina Coeli e altrettanti ai domiciliari.

C’è stato bisogno di una sentenza della Cassazione per annullare la misura cautelare, poi De Vito è tornato a presiedere l’aula di palazzo Senatorio. Nel frattempo il Movimento aveva avviato nei suoi confronti un provvedimento disciplinare, in realtà mai giunto a conclusione: l’allora capo politico Luigi Di Maio aveva parlato di espulsione immediata, che però, a due anni dall’episodio, non è ancora arrivata. I probiviri stanno ancora discutendo il caso. 

Soltanto tre giorni fa anche la senatrice Barbara Lezzi, a sua volta sotto procedimento a causa del mancato voto di fiducia al governo Draghi, ha subito le ire di De Vito: l’ex ministra dovrà affrontare una querela per aver affermato che il presidente era stato espulso dal Movimento. Anche nel suo caso, comunque, la giustizia interna dei Cinque stelle si sta muovendo con grande lentezza: tra le votazioni sul Mes e sul governo Draghi negli ultimi mesi molti eletti sono stati espulsi dal partito, ma tantissimi hanno fatto ricorso. I probiviri stanno cercando di smaltire la mole di lavoro, ma i tempi si allungano e non si vedono svolte all’orizzonte. 

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