Gli alleati di centrodestra oggi hanno incontrato il presidente del Consiglio Mario Draghi per discutere della legge delega sulla riforma fiscale. La settimana scorsa, dopo uno scontro sulla riforma in cui si è rasentata la rissa, il presidente della commissione Finanze alla Camera Luigi Marattin ha fermato i lavori, rinviando al governo la questione alla ricerca di una soluzione politica. 

Per questo oggi il premier ha incontrato le forze politiche di centrodestra che appoggiano l’Esecutivo.

Dopo l’incontro i due leader di Forza Italia e Lega hanno detto ai giornalisti presenti di essere soddisfatti della disponibilità del premier. «Abbiamo trovato un'ampia disponibilità di Draghi a risolvere i problemi», ha detto Salvini, che ha anche chiesto che «Pd e M5s la smettano con le provocazioni. Spero che nessuno abbia un aumento delle tasse in un momento così drammatico». Successivamente alla conclusione del lavoro dei tecnici è in programma un nuovo incontro con il governo per dopo Pasqua.

Secondo quanto riferiscono fonti del centrodestra, l’incontro con Draghi, il ministro dell’Economia Daniele Franco e altri rappresentanti dell’esecutivo si è svolto «in un clima costruttivo e di grande collaborazione». C’è la speranza che la legge delega possa essere approvata in tempi brevi ma il centrodestra si opporrà «a interventi legislativi che possano aprire la strada a un possibile aumento delle tasse sulla casa e sui risparmi». 

Durante il colloquio, Salvini avrebbe rilanciato anche l’esigenza di una grande pace fiscale, «pur consapevole che ci sono resistenze da parte del Pd». Ha inoltre «sottolineato la necessità di evitare testi poco chiari che rischiano di prestarsi a interpretazioni ambigue (anticamera di possibili aumenti di tasse)».

La linea

Prima dell’incontro, gli alleati si sono incontrati per elaborare una linea comune. Al termine della riunione, il leader della Lega Matteo Salvini ha ribadito la determinazione a difendere «casa e risparmi», filtra da ambienti leghisti. 

I toni si sono però addolciti rispetto agli ultimi giorni. Il segretario ha spiegato di non voler rompere, ma di voler cercare una soluzione comune col resto della maggioranza. Una delle soluzioni che viene valutata potrebbe essere quella di glissare sulla riforma del catasto e mandare avanti il resto della delega. Non è la prima volta che il leader della Lega manifesta dissenso nei confronti della linea del premier.

L’Ucraina 

L’ultimo dissenso in ordine di tempo, per quanto non tradotto in nessuna azione pratica, riguarda la fornitura di armi all’Ucraina in guerra: «Quando si parla di armi non sono sereno», diceva il segretario della Lega, salvo poi far votare il suo partito a favore della fornitura delle armi a Kiev. 

La giustizia e il Pnrr

Tra le riforme chieste dall’Unione europea nell’ambito del Pnrr, oltre al testo che riguarda la delega fiscale anche la riforma della giustizia ha creato qualche problema alla Lega. Il centrodestra ha puntato i piedi perché Draghi promettesse in Consiglio dei ministri di non porre la questione di fiducia, concessione effettivamente arrivata. Ultimamente il presidente del Consiglio ha confermato la sua intenzione, e intanto sul testo Cartabia la maggioranza ha trovato un accordo, eccezion fatta per Italia viva.

Nel frattempo però il tempo corre verso i referendum sulla giustizia organizzati dalla Lega per giugno, paralleli alle riforme della ministra Cartabia, che rischiano di mandare a monte il lavoro della maggioranza. «Questo parlamento con Pd e Cinque stelle non farà mai una riforma della giustizia» diceva a maggio 2021. 

Anche all’inizio del mandato di Draghi Salvini aveva avuto da ridire sulle trattative per l’assegnazione dei fondi europei. Più volte non si era presentato a incontri su questo tema con il premier e il suo partito aveva preteso con forza che si mettesse mano al Codice degli appalti per facilitare la distribuzione dei soldi. 

Il Covid

Le misure anti-Covid del governo sono state più volte occasione di scontro tra la Lega più “aperturista” e il premier. In estate si è consumato un confronto sull’introduzione del green pass, a cui alla fine ha acconsentito anche la Lega.

Complicata anche l’introduzione dell’obbligo vaccinale, poi precipitato in un’indicazione valida solo per gli over 50. «La Lega era e rimane contro obblighi, multe e discriminazioni, ricordando che in nessun Paese europeo esiste l'obbligo vaccinale per la popolazione», si leggeva a settembre 2021 in una nota di partito. 

A ottobre, in fase riaperture, Salvini aveva spinto per aumentare la capienza per le discoteche: su questo tema e sulla prima discussione del catasto, il segretario aveva chiesto e ottenuto un incontro con Draghi da cui era uscito soddisfatto annunciando «incontri una volta a settimana» e parlando di «un incontro molto utile».

Era stato difficile anche raggiungere l’accordo, questo inverno, sulle regole per le riaperture in zona bianca, per cui la Lega chiedeva di fare a meno del green pass. In quell’occasione i suoi ministri avevano disertato la cabina di regia e le riunioni di governo, ma alla fine l’ordinamento era passato con l’accordo di tutti.

La Cgil

Non un vero e proprio scontro, ma un “chiarimento” tra Salvini e Draghi c’era stato all’indomani dell’assalto di No green pass e neofascisti di Forza nuova alla sede della Cgil. Dopo che il Pd aveva presentato una mozione per sciogliere il movimento neofascista, Salvini aveva chiesto al premier di «tenere toni bassi» chiedendo a Draghi «di intervenire per appellarsi alla responsabilità» delle forze politiche e per «frenare le campagne di delegittimazione che nelle ultime settimane sono state particolarmente feroci contro il centrodestra, soprattutto contro Lega e Fratelli d’Italia».

Il decreto governativo di scioglimento per il gruppo neofascista chiesto dalla mozione del Pd non è mai arrivato.

I migranti

Uno dei cavalli di battaglia della Lega che Salvini rispolvera a ritmo regolare è quello del contrasto all’immigrazione. Fin dai primi mesi di governo chiedeva alla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, un cambio di passo su questo tema. Ancora oggi gli attacchi ricorrono spesso.

Le critiche del segretario non sono però state raccolte da Draghi che all’indomani di un nuovo attacco a settembre aveva commentato, parlando di Lamorgese, «secondo me lavora molto bene. Il problema è molto difficile, non ho trovato qualcuno che avesse la bacchetta magica e lo risolvesse in un attimo». 

Il Quirinale

Un altro capitolo del tempestoso rapporto tra i due si è consumato durante la corsa al Quirinale. Salvini è stato uno dei principali oppositori della candidatura al Colle del capo del governo insieme a Giuseppe Conte dei Cinque stelle. 

«Toglierlo dall’incarico di governo sarebbe pericoloso», diceva all’epoca il leader leghista, proponendo al posto del premier prima la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, poi la capo del Dis Elisabetta Belloni. Entrambe le candidature sono fallite e, alla fine, per avere certezza del fatto che Draghi rimanesse a palazzo Chigi, anche la Lega ha accettato di votare il Mattarella bis. 

Il nucleare

Anche sul campo della transizione energetica si sono consumati diversi scontri tra il leader leghista e l’ex banchiere. Nelle prime settimane dell’anno, Salvini aveva alzato il livello della discussione sul recupero del nucleare creando una disputa interna alla maggioranza con Conte, che invece si era schierato contro. Di fronte all’appello a Draghi («Ci dica con chi sta»), il leader leghista aveva avuto in risposta soltanto silenzio. 

Solo a inizio marzo il capo dell’esecutivo si era esposto aprendo allo sviluppo in ambito europeo di un prototipo reattore a confinamento magnetico entro il 2028.

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