Un altro centro è possibile, è un centro antropologicamente non renziano e non calendiano, molto più sociale che social. Ed è solidamente ancorato al centrosinistra. «Non crediamo nella politica leaderistica ma in una comunità di persone che facciano da ponte tra istituzioni e cittadini», dice Paolo Ciani.

Ciani, consigliere della Regione Lazio, è il coordinatore di Demos (acronimo di Democrazia Solidale), il partito nato come associazione da una costola della Comunità di Sant’Egidio che da oggi a Roma va al suo primo congresso – oggi pomeriggio al Teatro Italia di via Bari e domattina all’Auditorium Antonianum di Viale Manzoni – e passa dalla sua lunga fase provvisoria a una strutturata. Portandosi in dote la partecipazione a molte competizioni elettorali (si è schierato accanto a Nicola Zingaretti, Roberto Gualtieri e Beppe Sala) e una pattuglia di consiglieri e assessori, e anche l’elezione a europarlamentare di Pietro Bartolo, il medico dei migranti di Lampedusa. 

L’appuntamento però è anche l’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte del centrosinistra, anzi del “campo largo”. Oggi, all’apertura della prima giornata di lavori, parleranno il segretario del Pd Enrico Letta, il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, il numero due di Forza Italia Antonio Tajani, Ettore Rosato di Italia viva, e Arturo Scotto di Art.1, partito con il quale è in corso una convergenza di azione, o meglio di pressione su temi comuni.

La presenza dei leader giallorossi fa capire che il padrone di casa è di riguardo. Prima di loro parleranno  Andrea Riccardi, il fondatore della Sant’Egidio che Letta ha chiamato come osservatore indipendente delle Agorà democratiche, e Mario Giro, ex viceministro degli Affari esteri e presidente di Demos.

Fra Azione e Italia viva che si sfilano o si buttano a destra, nel centrosinistra dunque un c’entro c’è? In realtà Ciani spiega che la parola «centro» alla fine non dice molto. «Non abbiamo mai posto un limite “geografico” di posizionamento. Rispetto a vecchie visioni Demos può essere considerato “di centro” rispetto a temi eticamente sensibili e di “sinistra” sui temi sociali ed ambientali. È “di sinistra” continuare a finanziare la Libia per realizzare quelli che Papa Francesco ha definito “i lager del XXI secolo”? Affrontare il tema abitativo è di centro o di sinistra?». 

Domande che vanno poste agli alleati. Come quelle sulla prospettiva della guerra in Ucraina, su cui le posizioni di Pd e Cinque stelle si divaricano ogni giorno, e si preparano a uno strappo definitivo. Ciani non strappa: «Chiariamo subito: in Ucraina c’è un paese aggredito e un paese aggressore che ha scatenato un’invasione feroce e violenta. Sappiamo distinguere tra vittime e carnefici, ma siamo preoccupati dalla superficialità con cui in troppi hanno iniziato a parlare di guerra totale. Siamo preoccupati da una narrazione bellicista, dalla corsa al riarmo, dall’esaltazione e dalla “normalizzazione” della guerra e delle armi. Bisogna guardare al dopo. Ciò che definisce le democrazie è il dopo: come sarà la pace? Non ci interessa la vittoria ma la pace».

La pace, e anche l’Italia del “dopo” guerra, sempreché un dopo arrivi. «Stiamo ancora nella fase post pandemica che ha fiaccato tanti nostri concittadini: abbiamo visto un’enorme quantità di persone e famiglie recarsi a prendere pacchi alimentari come mai avrebbero immaginato. Ora con la guerra anche la crisi energetica. La cifra di Demos è la la lotta contro le diseguaglianze. Chi in un tempo così difficile ha realizzato grandi profitti, e ancor più chi ne realizzerà nell”economia di guerra”, deve essere tassato più degli altri». 

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