Il filo diretto è stabilito. Roma e Londra non sono mai state così vicine, andando oltre la Brexit e accantonando qualsiasi problema connesso all’addio del Regno Unito all’Unione europea. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il premier britannico, Rishi Sunak, sono una delle coppie più solide del panorama internazionale. Mai un attrito, nessuna frizione a differenza di quanto accaduto con altri interlocutori. La gestione dei flussi migratori è il collante decisivo.

A Palazzo Chigi vedono nel Regno Unito il partner migliore, quello più affidabile, svincolato dalle regole europee, visto che il progetto meloniano è di portare la questione al di fuori del perimetro Ue. E, per di più, il Regno Unito è guidato da un leader conservatore, teorico dello spostamento forzato dei migranti. Mesi fa si era parlato della “deportazione in Ruanda”. Un modello che Meloni non ha ancora fatto proprio. Ma resta un’opzione futuribile, sullo sfondo, nel caso in cui la situazione dovesse peggiorare.

Asse Roma-Londra

Gli scambi di convenevoli tra i due leader non si contano più. Ad aprile Meloni è stata ricevuta a Downing Street, con tanto di sorrisi a favore di telecamere, mentre le tensioni con la Francia erano ancora vive. Un messaggio fatto pervenire a Parigi, con cui il disgelo è arrivato nelle settimane successive, e a Berlino, che ha sempre guardato con scetticismo a governo italiano. Meloni e Sunak si sono ritrovati a braccetto, ancora una volta, firmando insieme la lettera pubblicata a tutta pagina in Italia dal Corriere della Sera e nel Regno Unito da Times.

Un modo per raccontare la strategia comune da attuare sulle politiche migratorie, concordando i passi da compiere, politicamente e anche mediaticamente. Non sfugge un dato: sono stati scelti i giornali che hanno uno standing istituzionale. Una mossa pianificata insieme nei minimi dettagli.
L’interesse è comune, come messo nero su bianco nella riflessione pubblicata dai due leader: l’Italia deve affrontare l’aumento degli sbarchi, ma molti migranti puntano ad andare altrove e il Regno Unito è delle principali destinazioni. «Solo fermando il flusso di irregolari possiamo ripristinare la fiducia dei cittadini britannici e italiani, non solo nei nostri confini nazionali, ma anche nella cooperazione europea e internazionale», si legge nel documento scritto a quattro mani che prova a dettare la linea alle cancellerie europee. Non si tratta solo di una questione pratica, di migranti da fermare, c’è un risvolto politico da considerare: Sunak ha bisogno di ridare lustro alla propria immagine nel suo Paese, e all’estero, in vista delle elezioni che lo indicano in svantaggio.

Meloni ha la necessità di legittimarsi come una leader capace di dialogare con gli omologhi internazionali E chi meglio del premier britannico? La lettera al Corriere e al Times è solo il continuo di quanto accordato a inizio settembre, prima del G20 di New Delhi, quando i due si sono fatti immortalare, mentre si confrontavano. Già allora era stata resa nota l’intenzione di unirsi contro l’immigrazione irregolare, ennesimo momento mediatico in cui manifestare tutta la vicinanza politica.

Regia di partito

La regia dell’operazione-Londra è affidata principalmente a Giovanbattista Fazzolari, stratega prediletto da Meloni in materia diplomatica. È proprio il potente sottosegretario a seguire i dossier esteri più delicati per conto del partito. «Da responsabile dell’attuazione del programma, si occupa dei punti principali, tra cui la gestione dei migranti che è strettamente legata ai rapporti internazionali», raccontano a Domani fonti di maggioranza. E anche prima che Fratelli d’Italia arrivasse al governo, Fazzolari era un consigliere molto ascoltato dalla leader del partito, apprezzando l’idea di creare un asse con il Regno Unito e con gli Usa, in modo da fare pressione su Francia e Germania per avere un maggiore peso.

L’altra gamba su cui regge la strategia meloniana è il felpato senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri e soprattutto responsabile delle relazioni diplomatiche di Fdi.

Se Fazzolari è la mente, Terzi ha l’esperienza internazionale per tradurre le intuizioni del sottosegretario. Due profili tanto diversi ma uniti dalla stessa visione. L’asse con il Regno Unito è un fatto, ma è foriero anche di qualche dubbio. Per il Movimento 5 stelle, in particolare, è un segnale di debolezza: quello con Sunak è uno «spot muscolare che conferma come il nostro Paese sia ormai così isolato in Europa da dover andare a cercare alleati oltre Manica». Due debolezze che si uniscono per farsi forza.

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