Ci risiamo. Parlano i documenti: anche Mario Draghi ha qualche problema ad avviare il taglio dei 19 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi, che tutti vogliono e proclamano ma non arriva mai. ll decreto che ha istituito il ministero della Transizione ecologica infatti è approdato in Gazzetta ufficiale solo tre giorni dopo l’approvazione, e con una modifica dalla bozza iniziale che ha eliminato le date per l’avvio del tormentato processo di rimodulazione. Il 26 febbraio il consiglio dei ministri ha varato il decreto. Tra social card e commenti entusiastici, è cominciata a circolare una bozza con tutte le novità correlate. Dal nuovo nome del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, a tutte le competenze su energia e ambiente assegnate al ministro Roberto Cingolani, il decreto ha battezzato anche la nascita del comitato interministeriale per la transizione ecologica che si occuperà di stilare un piano entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto, ovvero entro maggio.

Mario Draghi ha deciso di tenere per sè un ruolo di primo piano: la presidenza del comitato, anche se presentando al Quirinale i ministri aveva detto che l’avrebbe affidata al nuovo ministro Mite. A questo comitato è affidato anche il compito di occuparsi dei sussidi. Peccato che nella bozza ci fosse un passaggio cruciale: la decisione di presentare il piano del taglio dei sussidi ambientalmente dannosi con uno spazio per la data strategicamente lasciato in bianco, da riempire durante la riunione dei ministri.

Nel testo definitivo, arrivato solo l’uno marzo, la buona intenzione è rimasta, l’indicazione sulla data però non solo non è stata riempita, ma è definitivamente scomparsa: «Il CITE delibera sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221», ovvero la legge che ha istituito il catalogo che contiene incentivi e sgravi, di cui gli oltre 5 miliardi per il gasolio sono tra i più rilevanti.

La bozza del decreto dove si legge: "Il CITE approva entro il ... le proposte per la rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui ...."

I ministeri coinvolti

Il comitato interministeriale per la transizione ecologica, si legge, è istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri e avrà il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione. Sarà presieduto quindi da Draghi o, in sua vece, dal ministro della transizione ecologica, e sarà composto dal ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, dell’economia e delle finanze, Daniele Franco, dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, e delle politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli. Ognuno a questo punto potrà fare la sua parte perché la situazione si sblocchi, oppure no. Potranno inoltre partecipare i ministri competenti per materia a seconda del provvedimento.

In passato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha provato vari blitz, tra decreti legge e comitati ministeriali, finora non solo la mossa decisiva non si è mai concretizzata, ma in un’intervista rilasciata a Domani aveva detto che non se ne sarebbe parlato almeno fino al 2022.

I piani

Se quello per i sussidi non ha date, sono state fissate quelle per il Piano per la transizione ecologica. Molti i settori su cui dovrà mettere le mani: mobilità dolce e sostenibile; contrasto al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo; risorse idriche e relative infrastrutture; qualità dell’aria; economia circolare. Il Piano individuerà le azioni, le misure, le fonti di finanziamento, il relativo cronoprogramma, nonché le amministrazioni competenti all’attuazione delle singole misure e saranno chiamati a esprimersi anche Regioni e comuni: infatti ci sarà il parere della Conferenza Unificata.

Il Comitato, riporta il decreto, avrà un ruolo costante. Con decreto del presidente del Consiglio dei ministri sarà istituito un Comitato tecnico di supporto del Cite, composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante per ciascuno dei ministeri designati dai rispettivi Ministri, con il compito di istruire le questioni all’ordine del giorno del Cite. Il regolamento di funzionamento sarà proposto dal Mite. Monitorerà l’attuazione del Piano, lo aggiornerà in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorità indicate anche in sede europea e «adotterà le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi». Anche stavolta c’è il potere. Sulla volontà si capirà meglio nelle prossime settimane.

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