«Ma al Sostituto Edgar Peña Parra gli aveva già parlato il papa! Per i bonifici devi chiedere a lui ogni volta l’autorizzazione? Gliel’ho già spiegato io, e lo stesso Santo padre!», sbotta Angelo Becciu parlando a gennaio 2019 di come bonificare denari a Cecilia Marogna. «Sì, ma lui vuole sapere. Già l’altra volta è voluto andare dal Santo padre, il quale gli ha detto di pagare», risponde monsignor Alberto Perlasca, spiegando dopo qualche ora che l’operazione è andata a buon fine.

Ecco: spulciando le nuove carte e le conversazioni segrete tra il cardinale e il suo ex collaboratore diventato suo accusatore, si scopre che nell’inchiesta giudiziaria che sta sconvolgendo il Vaticano non tutto è come sembra. E che distinguere le responsabilità penali da errori e leggerezze, e dividere con nettezza i buoni dai cattivi, per i magistrati del papa e i giudici del tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone non sarà affatto cosa semplice.

Il fascicolo principale sul «saccheggio» dei fondi del Palazzo Apostolico, avvenuto secondo l’accusa attraverso la compravendita di un palazzo a Londra, non è ancora chiuso. Ma un altro filone d’inchiesta è ormai in dirittura d’arrivo, tanto che i promotori Gin Piero Milano e Alessandro Diddi hanno annunciato un imminente rinvio a giudizio. Si tratta della vicenda che h come protagonista Cecilia Marogna, la presunta esperta di intelligence indagata per peculato insieme a Becciu.

Dai documenti in mano a Domani, ora, sembra che le operazioni segrete che l’ex Sostituto aveva affidato alla professionista fossero note – almeno in parte – anche ai piani alti della Santa Sede. Compreso Peña Parra, il nuovo Sostituto agli Affari generali che ha preso il posto di Becciu nel 2018, e lo stesso pontefice Francesco.

Tra suore e jihadisti

Sappiamo che la donna è accusata di aver usato per spese voluttuarie e personali parte consistente dei 575 mila euro che la segreteria di Stato le aveva bonificato sul conto corrente di una società slovena da lei controllata, la Logsic d.o.o. Denaro inviatole dal Palazzo apostolico che sarebbe stato usato dalla signora, invece che per le operazioni necessarie a liberare una suora colombiana rapita in Mali da forze jihadiste, per acquistare borse di marca e vacanze di lusso.

I magistrati credono dunque che Marogna abbia truffato la Santa Sede, e che Becciu non sia parte lesa, ma di fatto suo complice. L’intenzione è quella di mandare entrambi a processo per concorso in peculato, ipotesi disonorevole contro cui l’alto prelato intende difendersi con vigore, anche a costo di chiedere al papa di essere svincolato da segreto di stato.

Se qualcuno teme adesso che la versione del cardinale possa creare seri imbarazzi Oltretevere, gli inquirenti sono convinti del loro impianto accusatorio. Secondo il quale Becciu avrebbe prima girato su consiglio della Marogna 500 mila sterline a una società inglese, la Inkerman Training Limited (ancora ignoti i motivi, la ditta di sicurezza è specializzata anche in mediazioni in caso di rapimenti e sequestri in scenari geopolitici complessi), poi una somma identica alla spa slovena della Marogna. «Nel momento in cui Becciu chiede a monsignor Perlasca di effettuare questi bonifici, non è più sostituto della segreteria di Stato da diversi mesi...pertanto non ha alcun potere autorizzativo, se non per volontà espressa della Sovrana autorità ovvero mediante specifica autorizzazione del Sostituto Edgar Peña Parra», si legge in una informativa inedita firmata da due ispettori della Gendarmeria.

Però, a leggere le chat allegate alla stessa informativa, sembra che Becciu e Perlasca abbiano ottenuto l’ok necessario a girare i soldi alla Marogna proprio dal papa e Peña Parra. Che, seppur inizialmente refrattario, dispone lui stesso i pagamenti alla Logsic. La prima conversazione (l’unica già conosciuta) agli atti è del 20 dicembre 2018. Dal tono e dalle parole sembra che Becciu, allora prefetto per la Congregazione per le cause dei santi, abbia già discusso del piano per liberare la suora colombiana (si tratta di Gloria Cecilia Narvàez, che risulta essere ancora prigioniera) sia con Perlasca sia con Santa Marta.

Becciu: «Ti ricordi questione suora colombiana? Pare che qualcosa si muova e il mediatore deve avere subito a disposizione i soldi. Li inviamo però a diverse tranche sul conto che più sotto ti indicherò. Primo bonifico: 75mila euro. Intestato a Logsic D.o.o. Causale: “voluntary contribution for a humanitarian mission”. Ti ricordo che ne ho riparlato con il Santo padre e vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto. Ti ringrazio di cuore».

Perlasca: «Ok per la suora».

L’11 gennaio 2019 il cardinale domanda però a Perlasca di effettuare un secondo versamento «perché pare che qualcosa di muove». Due ore dopo Perlasca spiega a Becciu che ci sono problemi:

Perlasca: «Eminenza, buon giorno. Il Sostituto (Peña Parra, ndr) mi fa difficoltà - me le aveva fatte anche l’altra volta – per l’invio dei soldi da lei richiesto. Forse è bene che lei gli parli...»

Becciu: «Ma gli aveva parlato il papa! Ma devi chiedere a lui ogni volta l’autorizzazione? Non bastava che avessi la mia autorizzazione fino al completamento della somma?».

Perlasca: «Ma l’ordine di pagamento chi lo firma? Lui, non io. Non mandiamo mica contanti».

Becciu: «Pensavo che tu potessi fare quest’ordine. Adesso gli parlerò. Però per favore mantenete al massimo riservata questa questione...non dirlo all’assessore. Ma che difficoltà ti ha fatto il Sostituto?».

Perlasca. «Vuole sapere. Già l’altra volta è voluto andare dal Santo padre, il quale gli ha detto di pagare. Io pensavo che bastasse...evidentemente no...».

Becciu: «Adesso gli telefono io.. .dovreste farlo prima che parta in Egitto».

«ll papa sa tutto»

La chat è clamorosa. Perché Perlasca, un tempo uomo vicinissimo al cardinale e oggi testimone centrale dell’accusa contro Becciu, dice al suo ex superiore che è stato il papa in persona a ordinare a Peña Parra - che da poco era stato promosso e dunque delle mosse per tentare di liberare la suora rapita sapeva poco o nulla - di «pagare» la società della Marogna. Se è possibile che il sostituto venezuelano forse non conoscesse l’identità del “mediatore”, sembra difficile che Becciu la abbia nascosto al papa. Dunque, delle due l’una: o Becciu e Perlasca nella chat mentono. Oppure la vicenda è assai più complessa rispetto alla narrazione finora trapelata dal Vaticano. Anche perché Domani ha trovato le richieste che Peña Parra fa ad Andrea Crasso di Az Swiss & Partners, gestore del conto svizzero della Segreteria di stato: «Egregio dottore, la prego di voler provvedere a dare istruzioni al Credit Suisse di Lugano per trasferire in data odierna euro 50mila in favore della Logsic doo», chiede l’attuale Sostituto.

Il 12 gennaio il bonifico è partito, e Perlasca avvisa Becciu. «Ok quindi (Peña Parra) ti ha dato green line! Grazie! E speriamo di riuscire...povera donna!». A fine febbraio vengono mandati alla Marogna altri 75 mila euro. Quando Becciu chiede a Perlasca se Peña Parra «ha presentato nuovamente obiezioni...dico di nuovo perché gliel’ho già spiegato io e lo stesso Santo padre», il segretario del nuovo Sostituto spiega: «Lui dice che gli pesa dover firmare documenti relativi a una questione che non conosce. Comunque martedì ne parlerà con il Santo padre. Quindi forse si può attendere, ci aggiorniamo».

L’incontro tra Francesco e il suo Sostituto “riluttante” va evidentemente a buon fine: tutti i successivi bonifici alla Marogna vengono eseguiti, senza ulteriori discussioni. Compresi quelli più sostanziosi di aprile e luglio. «Devo chiedere al Sostituto o basta che ci parli tu?» chiosa Becciu in una delle ultime chat. «Domattina gliene parlo. Ormai dovrebbe aver capito». Se quella di Marogna è davvero una stangata, con la presunta complicità di Becciu, allora ci sono cascati tutti. Se invece il cardinale non ha ingannato il papa, ma lo ha avvisato di ogni dettaglio di attività non ancora rivelate al pubblico, il processo che i pm vogliono istruire accenderà una luce sui lati ancora oscuri della faccenda. Non tutti in Vaticano, però, sembrano felici di un epilogo di questo tipo.

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