Una seduta tesa, fatta di fratture dentro le opposizioni e dentro la maggioranza. Alla fine, la regione Sardegna approva la sua legge sul fine vita. Una normativa che nasce da un vuoto, quello nazionale, e che la maggioranza sarda di centrosinistra guidata dalla pentastellata Alessandra Todde ha voluto colmare. Con un appoggio inatteso: quello di Gianni Chessa di Forza Italia.

La Sardegna, sfruttando le competenze regionali in materia sanitaria, diventa così la seconda regione, dopo la Toscana, a dotarsi di una normativa. Il testo, approvato con 32 voti favorevoli, 19 contrari, si rifà ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale del 2019 che aveva dichiarato non punibile chi aiuta una persona a morire in presenza di determinate condizioni, sollecitando però il Parlamento a colmare il vuoto normativo. In Sardegna si garantisce l’assistenza sanitaria gratuita a chi, affetto da una patologia irreversibile e dipendente da trattamenti vitali, decida in modo autonomo e consapevole di ricorrere al suicidio assistito.

L’esame del parlamento

Un’approvazione che piomba su Roma e agita la maggioranza che da mesi diluisce i tempi dell’esame del testo nelle commissioni Giustizia e Sanità del Senato. La discussione è in corso da un anno e si riaggiornerà al 23 settembre quando è previsto il termine dei sub emendamenti. Questo dopo che la proposta ha subìto un passo indietro – sul Comitato di valutazione nominato dal governo, che ora sparisce – e un "no" sempre più convinto al coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale, grazie ai sette emendamenti proposti dai relatori, Pierantonio Zanettin di Forza Italia e dal meloniano Ignazio Zullo. Forza Italia è all’angolo, raccontano da mesi fonti parlamentari azzurre, perché anche su questa proposta è Fratelli d’Italia a dettare l’agenda, anche contro le volontà più dialoganti di Lega e degli azzurri. 

Il via libera alla legge sarda viene interpretata da Zanettin come un’occasione per andare avanti: «Dimostra ancora una volta di più la necessità di una legge nazionale sul fine vita, anche per evitare legislazioni-Arlecchino che creino discipline diverse sul territorio nazionale». Il provvedimento toscano è già finito al vaglio della Corte costituzionale dopo l’impugnazione del governo Meloni che rivendica la competenza esclusiva nazionale. La Consulta avrebbe fissato l’udienza, ai primi di novembre, termine entro il quale la maggioranza aveva ipotizzato di arrivare a un ddl condiviso: «Parlo a titolo del tutto personale, da giurista, non da esponente di Forza Italia o da relatore – precisa Zanettin –, però credo che siccome la Corte più volte ha chiesto al Parlamento di legiferare sarebbe opportuno che, prima di quel pronunciamento, almeno un ramo del Parlamento riuscisse a legiferare».

La linea di FdI e Pro Vita

Sarebbe opportuno. Ma non per Fratelli d’Italia: «L’unico diritto è quello di essere curati. Dovere dello Stato è garantire questo diritto anche quando guarire non è possibile», commenta Maddalena Morgante. Una linea dettata, secondo fonti parlamentari, da Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza, vicino al gruppo Pro-Vita & Famiglia. Questi ultimi chiedono: «Al governo - come già fatto per la Toscana - di impugnare la legge sarda, perché viola le competenze esclusive dello Stato creando procedure mediche per aiutare i cittadini malati, fragili e spesso disperati, a uccidersi invece di moltiplicare cure e servizi socio-assistenziali per aiutarli, coi loro familiari, a vivere degnamente fino alla morte naturale».

Dall’altra parte il fronte laico esulta. Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni commentano: «Il nostro obiettivo è ora quello dell'approvazione della legge “Liberi Subito” in tutte le Regioni italiane, dove il “suicidio assistito” è comunque già legale (in forza delle sentenze della Consulta), ma senza che ci siano garanzie su tempi e sulle procedure per le persone malate e i medici».

La battaglia delle opposizioni

Mentre le opposizioni commentano: «Il Parlamento la smetta di rinviare e chiuda il cantiere nazionale» dice Silvio Lai, deputato del Pd: «Lasciare cittadini e servizi sanitari nel limbo è viltà politica e strumentalizzazione sulla pelle di chi soffre». La legge sarda è una vittoria importante per la senatrice di Avs Ilaria Cucchi: «Una prova, ancora una volta, che la mobilitazione è il cuore della democrazia. Il fine vita infatti non è “solo” una fondamentale battaglia per i diritti. È lo specchio di un'Italia spaccata».

«Noi ci battiamo per dare più diritti alle persone, in Parlamento la destra continua a giocare con il loro dolore e la loro sofferenza. Questa è la differenza fra noi e loro», commenta la vicepresidente del M5S al Senato Alessandro Maiorino. Mentre il deputato e segretario di + Europa Riccardo Magi sferra l’affondo: «La proposta della maggioranza in discussione al Senato va respinta al mittente, essendo di gran lunga peggiorativa perfino rispetto alle sentenze della Corte costituzionale. Ora il governo che farà? Impugnerà anche questa legge davanti alla Consulta, su ricatto dei pro-vita?».

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