Oggi a Bologna, sindacati e opposizione daranno una prova di unità sfilando insieme contro il decreto lavoro appena approvato dal governo. Ci saranno i tre grandi sindacati confederali, compresa la Cisl, che pure sembra essere più vicina alle posizioni del governo. Ci sarà il Partito democratico, con la segretaria Elly Schlein e il Movimento 5 stelle con una delegazione di parlamentari.

Non ci sarà invece il leader del partito, Giuseppe Conte. Superato nei sondaggi, in difficoltà nel trovare uno spazio autonomo dal nuovo Pd, Conte ha preferito non partecipare. Ma è una strategia rischiosa per il leader 5 stelle. Da un lato, consentirà a Schlein di riprendere un rapporto sempre più privilegiato ed esclusivo con i sindacati. Dall’altro, sfilarsi dalle manifestazioni rischia di mettere in mostra, invece che nascondere, la sua debolezza. 

L’assenza 

Dal Movimento 5 stelle l’assenza del leader dalla manifestazione viene minimizzata. Conte non sarà a Bologna solo per via degli impegni dovuti alla campagna elettorale per le amministrative del 14 e 15 maggio. Il Movimento appoggia tutte le iniziative dei sindacati. «Non è la partecipazione di Conte che determina l’adesione del M5s – dicono fonti del partito – Saremo in piazza ogni volta che si combatterà il precariato e lo smantellamento del reddito».

Il leader Conte, però, sembra non voler incrociare Schlein, almeno non nelle piazze dove le difficoltà del Movimento di mobilitare sostenitori sono più evidenti. Anche lunedì prossimo, quando Conte e Schlein saranno in Campania per la campagna elettorale, non sono previsti incontri tra i due. Schlein aveva tastato il terreno per cercare di organizzare un evento comune, ma dal Movimento 5 stelle fanno sapere che al momento non ci sono margini – sempre che i due leader non decidano di parlarsi direttamente.

I timori di Conte per il rischio di essere messo in ombra non sono del tutto campati in aria. L’unica volta che i due hanno sfilato insieme, il 4 marzo alla manifestazione antifascista di Firenze dopo il pestaggio avvenuto di fronte al liceo Michelangiolo, anche in quell’occasione insieme a sindacati e al resto dell’opposizione, è stato sancito anche visivamente il suo ruolo subalternonell’alleanza. Lui, circondato da un pugno di fedelissimi con qualche bandiera del Movimento, Schlein attorniata da centinaia di militanti e attivisti del Pd.

Materie in comune

La vittoria di Elly Schlein al congresso del Pd ha messo in difficoltà Conte per due ragioni. Da un alto gli contrappone una segretaria giovane e dinamica, in grado di oscurarlo come figura centrale dell’opposizione. Dall’altro, spostando il Pd su posizioni più a sinistra, Schlein entra in un territorio che Conte fino ad ora aveva potuto occupare quasi in solitudine.

Accanto a questi problemi politici ci sono però altrettante ragioni che dovrebbero spingere i due partiti a lottare insieme. I loro principali bacini di voti sono diametralmente opposti. Il Movimento 5 stelle va bene al sud, la macroaerea dove il Pd va peggio. Specularmente, il Pd è forte nelle grandi aree urbane del centro-nord, dove in sostanza il Movimento non esiste. I sondaggi confermano come questi due bacini siano scarsamente comunicanti. Dopo aver superato il Movimento 5 stelle nel mese di marzo, ad aprile la crescita del Pd è rallentata, mentre il consenso del Movimento si è stabilizzato.

Sui temi economici, la linea politica tra i due partiti è sostanzialmente comune e i due gruppi parlamentari lavorano relativamente bene insieme e senza particolari incidenti. La settimana scorsa, insieme all’Alleanza Verdi sinistra, hanno votato una risoluzione in risposta al Def del governo lunga sette pagine: quasi un programma elettorale che va dal salario minimo alle imposte sugli extraprofitti delle società energetiche.
I punti di tensione ci sono. Il termovalorizzatore di Roma, voluto dal sindaco Pd di Roma Roberto Gualtieri, accettato obtorto collo da Schlein e osteggiato dal Movimento, è uno dei principali. La questione delle armi all’Ucraina è la seconda. Il Pd resta favorevole, mentre Conte ha annunciato l’adesione del Movimento al referendum per fermare le spedizioni promosso da un gruppo di attivisti e intellettuali. Sono divisioni significative, ma che difficilmente possono essere da sole la ragione di una rottura più ampia, a meno che qualcuno non voglia trasformarle in un casus belli.

Le alleanze

Le prossime amministrative forniscono un quadro misto sulle prospettive dell’alleanza. Pd e Movimento 5 stelle correranno insieme soltanto in 6 comuni capoluogo su 17 che andranno al voto. Ma alle regionali in Molise del 25 e 26 maggio saranno alleati e il Pd, per la prima volta, sosterrà un candidato scelto dal Movimento. È un «cambio di passo» e «un segnale importante», hanno fatto sapere dal Movimento questa settimana.

Nuove potenziali problemi, però, si affacciano già all’orizzonte. Per giugno, Conte ha annunciato una grande manifestazione in difesa del reddito di cittadinanza e ha già invitato il Pd a partecipare. Se dal Pd arriverà una risposta negativa, il solco tra i due leader finirà per allargarsi.

Conte sembra aver in testa soprattutto le europee 2024, dove il sistema proporzionale che non prevede alleanze spinge a massimizzare le differenze anche con i propri alleati per aumentare i consensi. Ma spingere troppo sulla competizione interna rischia di avere conseguenze indesiderate. Tagliare i ponti con il Pd sull’Ucraina magari regalerà a Conte qualche punto percentuale in più, ma rischia di regalarne molti di più al governo.

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