- Il dibattito sull’incremento fino al 2 per cento del Prodotto lordo (Pil) da riservare alla spesa militare indicato come obiettivo dalla Nato ai 27 paesi aderenti prescinde dal progetto di una difesa comune europea che in teoria comporterebbe minori spese
- Le contorsioni dei 5 Stelle, favorevoli all’aumento percentuale con il voto alla Camera e poi costretti a misurarsi con la contrarietà del leader, Giuseppe Conte, forse nostalgico del tempo in cui la ministra del governo giallo verde Trenta bloccava le nuove spese per armamenti
- La Lega favorevole all’aumento delle spese mentre il leader Salvini continua a ostentare il suo improvviso e inatteso pacifismo. Molti i distinguo e le contraddizioni anche nel Pd
Il due per cento del Pil (Prodotto interno lordo) per le spese militari è come il tre per cento del trattato di Maastricht, ma alla rovescia. Entrambi indicano un limite percentuale astratto, nel caso di Maastricht quasi cervellotico. Ma mentre il tre per cento imponeva agli stati dell’Unione europea di non contrarre debiti oltre quella soglia, cioè stabiliva un tetto alla spesa pubblica, al contrario il due per cento è un incentivo a spendere rivolto dalla Nato ai 27 paesi del patto. Sul



