Le imprese e le famiglie italiane rischiano di pagare a caro prezzo il pregiudizio contro le rinnovabili di una parte importante del mondo politico italiano. 

Perfino in un momento così difficile, con prezzi del gas alle stelle, si assiste a un dibattito in cui si tratta con toni da scherno quella che è l’unica alternativa strutturale per uscire dalla dipendenza dall’estero e fermare la crisi climatica.

In particolare, convergono su questa posizione i partiti di destra e il terzo polo di Renzi e Calenda: la ricetta per l’Italia è estrarre da subito più gas e poi puntare sul nucleare per riuscire a diventare indipendenti.

Le rinnovabili vanno bene – e già questa è una novità rispetto al passato – ma serve altro. È importante approfondire queste posizioni, capirne le ragioni perché avranno probabilmente larghissima rappresentanza nel prossimo parlamento e rischiano di ritardare interventi da cui potremmo trarre rilevanti benefici.

Pragmaticamente, ovunque il centrodestra governa o ha governato in Europa ha messo da parte approcci ideologici e accompagnato una prospettiva che il mercato ha già scelto da tempo per i ritorni degli investimenti imparagonabili rispetto a qualsiasi centrale a gas o nucleare.

Da noi manca ancora questo passaggio culturale, capire che non esistono impianti di destra e impianti verdi o di sinistra.

Tutti i sondaggi confermano che oggi esiste un largo spazio politico per una chiara posizione a favore delle energie pulite che superi approcci ideologici, recuperando gli incredibili ritardi nei provvedimenti promessi dal governo Draghi.

Perché chi ha a cuore gli interessi delle imprese e delle famiglie italiane dovrebbe, ad esempio, inchiodare alle sue responsabilità il ministro Roberto Cingolani sul fatto che in Italia non si può ancora condividere energia prodotta dal solare tra le case e i capannoni, perché è fermo da mesi un decreto del ministero per la Transizione ecologica.

L’eolico offshore degli altri

Una prima tesi portata nel confronto politico per sminuire il ruolo che le rinnovabili potranno avere in Italia è la differenza con i paesi del nord Europa.

In quei mari, viene detto, è possibile una grande produzione eolica con decine di GW di impianti che invece da noi nel mediterraneo sono impossibili.

Chi racconta questa storia prende in giro imprese che hanno investito milioni di euro in progetti offshore fermi perché – a differenza che in Germania, Olanda, Francia, Regno Unito – da noi non ci sono procedure per l'approvazione dei progetti, regole per la localizzazione degli impianti e neanche incentivi.

La novità degli ultimi anni è che con gli impianti offshore galleggianti si possono realizzare impianti in mare aperto, perfino a grandi profondità in aree molto ventose e praticamente invisibili dalla costa.

Purtroppo, i progetti sono fermi perché il ministero guidato da Roberto Cingolani nulla ha fatto per consentire una efficace programmazione degli interventi.

L’energia non si può accumulare?

Una seconda, surreale, tesi utilizzata nei dibattiti politici contro le rinnovabili è che queste fonti sono intermittenti e poiché l’energia elettrica non può essere accumulata va sprecata.

Da qui la necessità del nucleare, anche per il clima. Il campione di questa tesi è Carlo Calenda, che è solito alzare la voce su questo punto ricordando che lui queste cose le sa perché è stato ministro dello Sviluppo economico.

Incredibile che nessun giornalista gli chieda come fa a parlare al telefono e a twittare in modo compulsivo con il suo smartphone senza che sia attaccato alla spina.

La tesi della necessità del nucleare per l’impossibilità di accumulare energia fa sorridere se si pensa a quanto prevedono di fare Germania e California, ossia due delle più grandi e evolute economie del mondo, dove hanno sede alcune delle più importanti imprese.

Lì, senza nucleare, puntano alla decarbonizzazione del sistema elettrico rispettivamente nel 2040 e 2045. La soluzione è in un mix di rinnovabili grandi e distribuite, investimenti per rendere la rete elettrica sempre più efficiente e flessibile, un coinvolgimento attivo della domanda nella gestione dei picchi e un sempre più forte e diffuso sistema di accumuli di energia.

Tutti cretini? Qualche dubbio potrebbe almeno venire visto che in tutto il mondo su questi fantomatici impianti di accumulo di energia sono in corso investimenti miliardari, in ricerche che puntano a ridurre i costi e diversificare i materiali di produzione.

Questo scenario potrebbe essere molto interessante anche in Italia sia da un punto di vista energetico che industriale e alcuni investimenti sono finanziati grazie al Pnrr.

L’appello a chi si candida a governare il paese è di informarsi senza pregiudizi, di parlare con chi investe e fa ricerca indipendente. In un mondo che sta rapidamente cambiando quello di cui davvero non abbiamo bisogno è un atteggiamento ancora ideologico e provinciale contro le rinnovabili.

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