C’è un coordinamento interno al Partito democratico e si sente sempre di più la spina dorsale dei progressisti: è il cosiddetto “partito dei sindaci”. Forte del suo radicamento territoriale soprattutto dopo le ultime vittorie alle amministrative, è diventato una forza trasversale alle correnti dem e punta a indirizzare anche sul piano politico le scelte del partito.

In particolare su scelte determinanti come la legge elettorale, che propone di riformare con un metodo «alla tedesca, proporzionale con sbarramento al 5 per cento». Scelta peculiare, visto che la forza dei sindaci sta proprio in una legge elettorale che del proporzionale è l’opposto: maggioritaria a doppio turno.

Il coordinatore nazionale è il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, motiva questa scelta a partire dal discorso di insediamento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha parlato della necessità di «rimettere al centro il parlamento».

Ma voi sindaci non avete sempre rivendicato il maggioritario come miglior sistema elettorale?

Rimaniamo convinti che l’elezione diretta a doppio turno usata per i comuni sia il sistema migliore. Però sappiamo anche che non ci sono nè i tempi nè le condizioni politiche per portare avanti un disegno del genere, che prevede una modifica costituzionale. Realisticamente, la svolta presidenziale non è un tema di questa legislatura.

Eppure voci importanti come quella di Romano Prodi invitano a ricostruire il centrosinistra e alludono al maggioritario.

Ho grande stima per Romano Prodi ma non possiamo guardare all’Italia con gli occhi degli anni Novanta, nè ci possiamo permettere un atteggiamento nostalgico. Il bipolarismo che abbiamo costruito negli ultimi anni è naufragato e lo si è visto durante l’elezione del capo dello Stato. Questo vuol dire che bisogna ripensare anche al bipolarismo: è finito il tempo di quello muscolare in campagna elettorale e poi di facciata quando si tratta di governare il paese con coalizioni eterogenee.

Quale è l’alternativa?

Un bipolarismo più mite e più vero, che nasca dalla rigenerazione delle forze politiche. Per farlo c’è una sola strada, che anche Mattarella ha evidenziato nel suo intervento: rimettere al centro il parlamento. Nelle attuali condizioni politiche, il sistema elettorale più adatto è quello del sistema “alla tedesca”.

Archiviando definitivamente la vocazione maggioritaria?

Non è vero che il proporzionale elimina il bipolarismo. Un sistema proporzionale con sbarramento alto semplifica il quadro politico, evitando la disgregazione in piccoli partiti. In questo modo si crea una competizione bipolare tra le forze principali dei due schieramenti e chi vince ha l’incarico di formare il governo dentro il parlamento. Appunto il bipolarismo mite a cui faccio riferimento.

Un proporzionale con questa soglia di sbarramento alta sembra fatto apposta per far rientrare nel Pd tutte le forze uscite negli ultimi anni.

E’ chiaro che il sistema proporzionale fa diventare il Pd il punto riferimento del centrosinistra, quindi tutte le forze più piccole saranno costrette a ragionare con noi. Vale per i Verdi, per Articolo 1, i Socialisti e tutte le forze che sono oggettivamente vicine alla nostra area. Non escludo che il ragionamento si possa fare anche per le forze più centriste come Italia Viva, Azione e Più Europa. Dovranno decidere se costruire un percorso comune al Pd oppure puntare su un polo liberale autonomo, che però dovrà avere la forza di superare lo sbarramento del 5 per cento.

I Cinque stelle, con cui il Pd da tempo cerca un’alleanza strutturale, non hanno spazio in questo quadro.

I Cinque stelle si collocano nell’area progressista e riformista, dove sono stati anche nella trattativa del Quirinale. Con una legge proporzionale, i Cinque stelle potranno lavorare sulla loro identità, che sarà naturalmente coalizzabile e compatibile con quella del Pd, ma autonoma.

Il quadro si complica?

Io immagino questo schema: un fronte progressista organizzato su tre pilastri. Pd, Movimento 5 Stelle e area liberal-democratica.

Ci sarebbe spazio anche per Forza Italia?

La scelta politica dipende dal partito, non dalla legge elettorale. Con il proporzionale, però, Forza Italia avrà tre strade: quella dell’autonomia, scommettendo nell’area di centrodestra liberale e provando a superare lo sbarramento; quella di fare il partito popolare europeo con la Lega; oppure quella di costruire una forza moderata insieme ai centristi di Toti e Renzi. Ma prima bisogna definire lo schema istituzionale.

La vostra presa di posizione farà rumore. Allora esiste un partito dei sindaci dentro il Pd?

Il coordinamento nazionale dei sindaci del centrosinistra è un organismo del Pd e il nostro è un contributo al dibattito, come già avevamo fatto in passato. Non siamo una corrente, anzi siamo l’antitesi di una corrente. Non è la prima volta che noi sindaci ci muoviamo in modo unitario, sia su temi politici che sulle scelte del governo: lo facciamo tutte le volte che ci troviamo d’accordo.

Però vi sentite una forza trasversale nel partito.

Noi sindaci ci sentiamo una voce credibile, perchè ognuno di noi ha raccolto consenso vero sul territorio e ha costruito coalizioni larghe e civiche, riuscendo sempre ad andare oltre il consenso elettorale del Pd a cui apparteniamo. Siamo la grande energia del centrosinistra, a maggior ragione ora dopo l’esito positivo delle amministrative, visto che il 70 per cento dei sindaci italiani è della nostra area. Il partito dei sindaci esiste ed è dentro il centrosinistra.

Nella vostra proposta di legge elettorale c’è anche il ritorno alle preferenze. Perchè?

Uno dei danni del Rosatellum è quello di far sì che i parlamentari siano quasi sconosciuti ai cittadini. Non esiste un legame vero con il territorio, invece noi riteniamo che agli elettori vada restituito il diritto di scegliere. Bisogna ricostruire un filo tra eletti ed elettori, inserendo anche la doppia preferenza di genere. La ragione è semplice: se il parlamentare non è legato al territorio che lo ha eletto, il trasformismo aumenta ed è stato uno dei mali di questa legislatura.

Quindi puntate a farlo pesare nelle prossime scelte del segretario Enrico Letta?

Il Rosatellum vada modificato, perchè è stato un brutto errore fatto nella fase finale della passata legislatura e non garantisce nè rappresentanza nè governabilità. Noi diamo il nostro contributo in favore del proporzionale e sappiamo che dentro Pd l’idea è condivisa anche in altre aree. Inoltre ci sono tutte le condizioni per trovare convergenza anche dentro i Cinque stelle e nell’area centrista e di Forza Italia. Per questo riteniamo che una modifica proporzionale sia condivisa, condivisibile e alla portata del parlamento.

 

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