L’approvazione al Senato del decreto Pnrr viene rinviata di giorno in giorno, confermando le difficoltà della maggioranza a trovare un’intesa. Una situazione paradossale per il centrodestra che progetta di riscrivere parte del Piano di ripresa e resilienza, sotto la regia del ministro Raffaele Fitto, ma fa fatica a chiudere il provvedimento licenziato nelle scorse settimane dal Consiglio dei ministri. E ora all’esame della commissione Bilancio di palazzo Madama.

Che ci potesse essere qualche problema era evidente fin dalla presentazione degli emendamenti: la maggior parte delle proposte di modifica era arrivata da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Per questo il presidente della commissione, Nicola Calandrini (FdI), e i relatori Matteo Gelmetti (FdI) ed Elena Testor (Lega), avevano deciso di dare un po’ di tempo per indicare i cosiddetti segnalati (consegnati lo scorso 21 marzo), nell’auspicio di un rapido iter. Ma così non è stato.

Scadenze rinviate

Il timing prevedeva inizialmente le votazioni dei circa 300 emendamenti, quelli indicati appunto dalle varie forze politiche dopo la prima scrematura, a partire da martedì 28 marzo. L’intento era di dare il via libera in commissione entro la fine del mese e trasmettere il testo all’assemblea che, nei primi giorni di aprile, lo avrebbe discusso, approvato e spedito alla Camera. Ma come ha anticipato l’agenzia Public policy, l’ok dell’aula di palazzo Madama dovrebbe arrivare dopo le festività pasquali.

Un’ipotesi che sta diventando certezza. Nelle ultime ore, infatti, la maggioranza e il governo, rappresentato da Fitto e dalla sottosegretaria ai Rapporti con il parlamento, Matilde Siracusano, hanno tenuto delle consultazioni con le opposizioni per sapere quali emendamenti sono considerati più importanti dai gruppi di minoranza.

Se ne riparlerà la prossima settimana quando dovranno iniziare le votazioni in commissione Bilancio. «Dovremmo cercare di fare il punto e rivederci martedì», ha detto il senatore del Pd Antonio Nicita alla fine del confronto con Fitto, parlando comunque di «un lavoro istruttorio approfondito».

Attesa del Mef

La giornata è insomma trascorsa con gli incontri formali al Senato con i rappresentanti di Azione-Italia viva, Movimento 5 stelle, Partito democratico e Alleanza verdi-sinistra, per prendere nota delle richieste delle opposizioni. Confronto che, generalmente, avviene proprio in commissione durante l’esame delle proposte.

Ma il tavolo ha permesso alla maggioranza di prendere tempo nell’attesa che il governo presentasse i pareri sui vari emendamenti e l’eventuale riformulazione di quelli che ritiene necessario approvare.

L’operazione fa capo al ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti, che però sta valutando anche quali emendamenti governativi bisogna presentare. In totale saranno 5, e sono al vaglio della Ragioneria dello stato per ricevere la cosiddetta “bollinatura”.

Uno dei punti riguarda la necessità di non sovrapporre i contenuti del decreto Pnrr con quelli presenti in altri provvedimenti, in particolare l’ultimo sulle bollette. Peraltro occorre valutare la portata dei testi, su cui i senatori possono, a loro volta, intervenire con dei subemendamenti.

Slittamenti continui

Un cambiamento che molto probabilmente verrà fatto dal centrodestra, è lo stop allo scudo erariale, ossia la proroga – fino al 31 dicembre 2025 – sulla limitazione della responsabilità erariale degli amministratori. Un intervento che, però, potrebbe essere riproposto in successivi provvedimenti. Un altro problema interno alla maggioranza che contribuisce a rallentare i tempi.

«Da parte delle opposizioni c’è stato un comportamento collaborativo, nessuna ha fatto dell’ostruzionismo, portando ovviamente avanti ognuno le proprie proposte come è giusto che sia», dice il senatore dell’Alleanza verdi-sinistra, Tino Magni, che evidenzia: «Il governo è in confusione, e non solo sul decreto ma sull’intero cammino del Pnrr, tanto che continua a parlare di miliardi di euro a rischio».

Da Avs è comunque arrivata la constatazione di «una chiusura rispetto all’impostazione che abbiamo dato». Azione e Italia viva, invece, si sono concentrati, come riferito da Mariastella Gelmini, sulla richiesta di «un investimento sul futuro, che è Industria 4.0, e un investimento sulla tutela dell'ambiente, del rischio idrogeologico e della sicurezza dei cittadini che è Italia sicura».

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