C’è una relazione tra l’orgia di servo encomio che ha celebrato Silvio Berlusconi e l’astio con cui viene accolta ogni parola e mossa di Elly Schlein. Riguarda la centralità nel mondo mediatico-politico, acquisita in mille modi, dal leader a vita di Forza Italia - una caratteristica, questa, che da sola basterebbe a connotare la politica italiana come un caso limite delle democrazie avanzate.

Mentre i media internazionali hanno sottoposto a critiche sferzanti il trentennio berlusconiano, in Italia, salvo poche isole critiche, è stato dato fiato alle trombe e trombette dell’agiografia, lasciando di stucco il resto del mondo e collocando l’Italia nel novero dei paese dei balocchi. Lo sfregio alla reputazione della nazione inferto dalla settimana di lutto politico, nonché dai grotteschi funerali di stato, rimarrà per molto tempo.

Non stupiamoci se, ad un certo momento, torneranno i sorrisini derisori alla Merkel e Sarkozy. Rispetto a questo mondo idolatra del potere maschio e satiriaco, una giovane donna di sinistra che va all’attacco con radicalità e coraggio non può che suscitare sconcerto. Come si permette di contrastare chi si professa madre e cristiana, mentre la segretaria Pd non è né l’una né l’altra e, prima ancora di essere italiana, si sente europea e cosmopolita.

Non per nulla, mentre il Pd andrà a Ventotene a celebrare il federalismo europeo Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, il ministro Alfredo Mantovano prendeva di mira quel documento definendolo la fonte di ispirazione di un partito “anti-italiano”. In effetti, tutto ciò è coerente con l’ideologia della destra radicale, da Charles Maurras in poi, che vede nel cosmopolitismo di radice illuminista il nemico numero uno.

Anche la premier ha definito più volte anti-nazionale chi osava criticarla. Un bel viatico per l’opposizione dei prossimi mesi. Nonostante ciò l’animosità verso Schlein si espande a macchia d’olio, tanto che le sue posizioni sono irrise come vuoto pneumatico, parole in libertà, astruserie radical-chic e via discorrendo, come se la destra sfornasse idee brillanti a ripetizione, del tipo chiedere al posto del Mes i diritti speciali di prelievo al Fmi come fossimo un paese delle banane sull’orlo della bancarotta.

Eppure, la segretaria del Pd è accusata di non aver dettato in direzione l’equivalente della teoria generale keynesiana; e, soprattutto, di non aver preso posizione sul termovalorizzatore di Roma del quale, detto con franchezza, al resto dell’Italia, non interessa un bel nulla. Che ci sia un dibattito accesso nel partito è segno di buona salute democratica, in quanto di unanimismo, o di adulazione, come ai tempi di Renzi, si muore. Ma, allo stesso tempo, gli oppositori devono evitare di fare gli interessi del re di Prussia.

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