È deflagrata la contesa tra le due Leghe: quella di Matteo Salvini sovranista e di lotta e quella di Giancarlo Giorgetti, europeista e di governo. Ad accendere lo scontro, che tuttavia covava sotto la cenere ormai da tempo, è stata la pubblicazione dell’intervista in cui il ministro leghista per lo Sviluppo economico ha ribadito la fedeltà a Draghi sia per palazzo Chigi che per il Quirinale e intimato al suo leader di istituzionalizzarsi, portando la Lega dentro il Ppe.

La replica, però, è uno schiaffo al ministro e arriva con i fatti. Salvini, infatti, ha incontrato in videoconferenza il premier polacco, Mateusz Morawiecki, e quello ungherese, Viktor Orban: entrambi leader in aperto conflitto con i vertici europei, alla guida di paesi che negli ultimi mesi hanno ridotto i diritti civili dei loro cittadini. Nel colloquio a tre, l’argomento è stato la creazione di un nuovo gruppo politico europeo di impronta sovranista che dovrebbe prendere vita a breve. L’iniziativa di Salvini è un segnale chiaro, che orienta la Lega in una direzione precisa sia a livello internazionale che di politica interna.

Non solo: il leader è stato profondamente irritato dalle parole del suo ministro e avrebbe deciso di chiudere una volta per tutte anche la disputa interna. Per farlo, ha scelto il faccia a faccia: ha convocato urgentemente per oggi il consiglio federale del partito. In questa sede chiederà la ratifica della futura nuova collocazione della Lega in Europa e il sì per acclamazione che si aspetta di ricevere equivarrà di fatto a una sconfessione totale di Giorgetti.

Che a quel punto rischierebbe di perdere anche il ruolo di “regista” che si è auto-assegnato, per venire retrocesso a riserva. Al tavolo, poi, Salvini punta a mettere in atto l’ennesima sfida al governo Draghi, questa volta toccando la misura di bandiera del Movimento 5 Stelle. Il leader, infatti, intende presentare anche gli emendamenti della Lega al reddito di cittadinanza. Obiettivo, secondo fonti leghiste, è “rendere lo strumento più efficace, evitare gli abusi e risparmiare risorse per destinarle al taglio delle tasse". Politicamente, però, significa anche prendere posizione su uno dei prossimi fronti di scontro dentro il governo.

L’assemblea programmatica

Che la pazienza di Salvini sia finita è evidente anche da un’altra scelta filtrata nelle ultime ore e di cui riferirà al consiglio: la convocazione di una grande assemblea programmatica della Lega, con la partecipazione di ministri, governatori, parlamentari, eurodeputati, da tenersi entro la fine dell'anno a Roma. L’obiettivo sarebbe quello di far uscire il partito dalla crisi delle ultime settimane, cominciata con il flop alle amministrative e continuata con l’incapacità di tenere testa alle iniziative del governo di Mario Draghi. Salvini, infatti, sentirebbe il bisogno di rafforzare la sua presa sul partito di cui negli ultimi anni ha cambiato i connotati: da federalista a sovranista, con un allargamento della base a destra. Non è passato inosservato, infatti, il dettaglio del luogo di convocazione dell’assemblea programmatica: abbandonati il pratone di Pontida e le rive del Po, ora è la Capitale il centro nevralgico della Lega.

I contorni dell’iniziativa, però, sono più che nebulosi. Secondo un dirigente del Carroccio dovrebbe essere una “prova generale del prossimo congresso”, che sarebbe anche il primo. A quattro anni dalla nascita della Lega per Salvini premier e a due dal commissariamento della vecchia Lega nord, infatti, non se ne è ancora tenuto uno. Secondo i più attenti, però, l’assemblea servirebbe anche a Salvini per capire davvero chi è con lui e chi no, assumendosene piena responsabilità politica. Una conta utile, soprattutto in vista di un improbabile ma non escluso voto anticipato, in cui andrebbero composte le liste elettorali.

le contromosse di Giorgetti

Mentre Salvini allinea le truppe per riaccreditarsi come unico leader della Lega, Giorgetti non rimane fermo. Il ministro si sarebbe stupito e anche rammaricato dell’anteprima della sua intervista data alle agenzie. Tuttavia, sa che quanto ha detto sull’incompiutezza di Salvini, troppo ondivago e sempre più fuori fuoco nei posizionamenti politici, trova condivisione in una parte del partito. Non certo tra i salviniani di ferro e gli eletti nei collegi del centro-sud, ma certamente tra gli amministratori veneti e anche nella vecchia guardia lombarda. In una parola, quel blocco silenzioso ma ancora numeroso di militanti e di elettori della Lega che lavorano nell’imprenditoria del nord, aspettano l’arrivo dei fondi europei del Pnrr e hanno poco apprezzato l’ammiccamento alle posizioni no-vax.

Anche se ufficialmente nessun dirigente leghista apre bocca, Gorgetti ha ricevuto molti sms di stima nelle ultime ore, soprattutto provenienti dal nord. Ora dovrà contarli e soprattutto capire se possono tradursi in sostegno a una sua linea moderata, appena i contorni dell’assemblea programmatica saranno più chiari.

Parallelamente, il ministro ha continuato a tessere la sua tela di rapporti dentro il governo. In particolare, è stato immortalato a cena con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Non a caso, il Cinque stelle più vicino a Draghi e nello stesso tempo quello da sempre considerato più vicino alla Lega che al Partito democratico.

Difficile intuire di cosa abbiano parlato i due, che da posizioni diverse rivestono il ruolo di alter-ego dei rispettivi leader. Certamente si sono confrontati sul Colle, che sarà il momento spartiacque per il governo e per cui Giorgetti ha ipotizzato l’elezione di Draghi (e ne ha anticipato il sostegno). Ma anche sulla prosecuzione della legislatura, in un orizzonte politico sempre più frammentato in cui l’unica certezza è proprio la tenuta dell’attuale esecutivo. Che, mentre la politica ribolle, continua imperturbabile il suo lavoro: ieri si è tenuta la cabina di regia sul ddl Concorrenza, che oggi dovrebbe approdare il Consiglio dei ministri. Poi la prossima settimana dovrebbe cominciare, come se niente fosse, la sessione di bilancio.

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