Il ministro scrive alle famiglie degli studenti di terza media per indirizzare ragazze e ragazzi verso le scuole che formeranno alle professioni «più richieste». Una visione statica del mercato del lavoro, in gran parte già sarà superata. L’idea di fondo è scuola “specialistica” e piegata al servizio delle imprese. Saranno invece le competenze trasversali ad avere più valore in un’epoca dominata dall’Ia
La recente lettera inviata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara alle famiglie degli studenti di terza media, con l’intento di indirizzarli verso le professioni “più richieste” dal mercato del lavoro, non è uno strumento di orientamento, ma un atto di miopia intellettuale, oltre che un tentativo ingenuo e fallimentare di ingegneria sociale.
Il primo e più grave difetto di questa operazione risiede nella sua premessa fondamentale: l’idea che sia possibile, qui e ora, predire con sufficiente accuratezza quali saranno le professioni più richieste nel mercato del lavoro che questi ragazzi affronteranno tra almeno cinque anni – alla fine dei loro studi superiori – e, ancor più, nel corso della loro intera vita lavorativa.
Qualunque studioso serio di scienze sociali ed economiche sa che questa aspirazione afferisce più al pensiero magico che all’analisi scientifica. I modelli econometrici, per quanto raffinati, sono forse utili per cogliere alcuni trend strutturali di breve periodo, ma falliscono miseramente di fronte alla complessità e alla non-linearità dei sistemi globali, caratterizzati da eventi imprevisti, crisi geopolitiche e rivoluzioni tecnologiche.
L’unica certezza è l’incertezza
Il documento ministeriale si appoggia massicciamente sui report Excelsior di Unioncamere, che forniscono stime dei fabbisogni occupazionali per il quadriennio 2024-2028. Tuttavia, questi dati non indicano il futuro: fotografano semplicemente un presente in via di estinzione. L’unico dato certo che abbiamo sul futuro del lavoro è l’imminente e profondo sconvolgimento causato dall’Intelligenza artificiale. In un contesto del genere, indicare una “lista” di professioni sicure non è solo ingenuo, ma profondamente irresponsabile. Formare uno studente per un mestiere “ricercato” oggi significa consegnarlo a un’obsolescenza professionale programmata.
L’innovazione tecnologica, trainata dall’Ia, sta sconvolgendo ogni settore produttivo a un ritmo esponenziale. Professioni che oggi sono considerate “promettenti” potrebbero essere parzialmente o totalmente automatizzate domani, mentre lavori che non esistono ancora emergeranno da ecosistemi che oggi possiamo solo intuire. In questo scenario, l’unica certezza è l’incertezza.
Le competenze che serviranno
Di conseguenza, l’unica competenza veramente duratura non sarà la conoscenza statica di una procedura, ma la capacità di apprendere in modo autonomo, di risolvere problemi complessi, di esercitare pensiero critico e creatività transdisciplinare. Il ministro propone invece un menu fisso di “specializzazioni”, come se si trattasse di scegliere tra un indirizzo alberghiero e uno meccanico, ignorando deliberatamente che l’Ia sta già riscrivendo le regole della cucina e della progettazione industriale. Invece di preparare i giovani a navigare l’ignoto, si fornisce loro una mappa dettagliata di un territorio che sta già franando sotto i nostri piedi.
L’intero impianto della lettera – oltre a ridurre la scuola a mero servizio di formazione per le imprese – spinge verso una canalizzazione precoce negli istituti tecnici e professionali, mentre le uniche competenze di fronte alle quali l'automazione arretra si coltivano in percorsi di studio ampi, riflessivi e non eccessivamente finalizzati.
Il liceo, bollato implicitamente nel documento come poco «attrattivo per il mercato del lavoro», è proprio l'ambiente che, per sua missione storica, dovrebbe sviluppare queste capacità metacognitive. Sminuirne il valore in nome di un'immediata «occupabilità» significa svendere il futuro intellettuale e professionale dei giovani per un piatto di lenticchie statistiche.
Scavalcare gli insegnanti
Infine, il metodo scelto dal Ministro è politicamente opaco e pedagogicamente discutibile. Il fatto di essersi rivolto direttamente alle famiglie, scavalcando di fatto il corpo docente, è rivelatore. Evidentemente, molti insegnanti non condividono questa visione mercantile e riduttiva dell’istruzione e non sono disposti a trasformarsi in promoter di percorsi scolastici basati su previsioni labili.
Agire direttamente sulle famiglie, comprensibilmente ansiose per il futuro dei figli e più facilmente influenzabili da messaggi che promettono sicurezza occupazionale, significa innescare un meccanismo di pressione psicologica che rischia di soffocare le autentiche passioni e attitudini dei ragazzi in nome di una presunta stabilità. È un tentativo di pilotare le scelte dall'alto, scavalcando la mediazione critica e professionalmente qualificata degli insegnanti.
Insomma, la lettera del Ministro Valditara, con le sue tabelle rassicuranti e le sue liste di professioni, altro non è che uno strumento di disorientamento di massa. Spinge i giovani verso un futuro illusorio e statico, li priva degli strumenti intellettuali necessari per affrontare la complessità, e svilisce la missione della scuola pubblica.
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