Il presidente del Senato: «Tornò la libertà». Poi celebra «tutti i morti». La Lega elogia la Resistenza. Oggi cortei «sobri» in (quasi) tutta Italia
«Ma poi dovrete stare in piedi mentre parlano anche tutti gli altri». «Come preferite, ma non è una celebrazione di una persona scomparsa». «Mi pare che questa polemica sia completamente fuori luogo. Però, visto che anche a questo si potrebbe dare un’interpretazione strumentale, faccio quello che secondo me non è esatto». «Allora accorcio il mio intervento». Non è venuta bene neanche questa volta, al presidente del Senato Ignazio La Russa, la celebrazione della Liberazione.
Ha iniziato a parlare da seduto, sfogliando carte alla ricerca del foglio giusto, poi si è dovuto arrendere alle opposizioni che gli chiedevano di stare in piedi, come si fa da quello scranno quando l’argomento è solenne.
E quest’anno della Liberazione è l’ottantesimo. Stamattina Sergio Mattarella sarà a Genova, città medaglia d’oro per la Resistenza, unica a essersi liberata da sola – cioè grazie ai partigiani – senza l’aiuto degli alleati. Appuntamento che il Quirinale ha confermato subito dopo che il governo ha chiesto «sobrietà» nelle celebrazioni.
A La Russa però di stare in piedi in segno di rispetto non era venuto in mente. Alla fine, riluttante, ha dovuto arrendersi: alla prassi, alla buona creanza e soprattutto a celebrare il 25 aprile.
Per il quale quest’anno ha scelto le parole meglio delle scorse volte: ha parlato di «rispetto della data che vide il ritorno della libertà», citato le tesi del Congresso di Fiuggi, quelle volute da Gianfranco Fini, «dove affermavamo che l’antifascismo fu il momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato» – era il 1995, Fabio Rampelli però ricordò che dall’ala post missina che poi fondò Fratelli d’Italia «il passaggio sull’antifascismo fu vissuto traumaticamente» – ha ricordato il discorso di Silvio Berlusconi a Onna (era il 2009, lodò «la generazione che non esitò a scegliere la libertà, anche a scapito della vita»), poi quello di Luciano Violante sui «ragazzi di Salò» (1996), alla fine ha concluso che ottant’anni sono «un tempo sufficiente perché si guardi con sempre maggiore condivisione e mai con strumentalizzazione a uno dei momenti fondanti della nostra Nazione».
Lo sforzo va riconosciuto, e forse anche il consiglio di palazzo Chigi di essere «sobrio», evitare svarioni. Certo è che i giornalisti che lo hanno incrociato poi alla buvette ne hanno sperimentato il malumore.
Ma in aula si era preso una rivincita: in nome della conciliazione nazionale, formula ripetuta dal forzista Maurizio Gasparri, a fine seduta ha chiesto un minuto di silenzio: «Per ricordare insieme tutti i caduti di quella terribile fase della nostra storia», quindi anche i suoi «ragazzi di Salò». Poi – realizzando di camminare sul filo – ha aggiunto «i caduti di tutte le guerre».
La Lega antifascista
Alla Camera per FdI parla Alfredo Antoniozzi per il quale, sì, «la Liberazione è stato il momento fondamentale», e quelli del fascismo furono «tragici errori», ma «il concetto di parte giusta e parte sbagliata nel tempo diventa mutevole» e rispolvera un grande classico – che fa però a pugni con la storia – «non sappiamo cosa sarebbe accaduto se, a vincere le elezioni del 1948, fosse stato il fronte costituito dalla sinistra italiana legata al gigante sovietico».
Qui il discorso stride di più perché a dirigere l’aula c’è il leghista Lorenzo Fontana che, oltre a parlare in piedi comme il faut, ricorda senza tentennamenti che «il 25 aprile 1945 il popolo italiano riconquistava la propria libertà dopo vent’anni di dittatura fascista e il dramma della guerra e dell’occupazione tedesca» e che «le forze politiche costituenti, anche se molto distanti tra loro, si impegnarono per superare divisioni e contrasti», che la Costituzione «rappresenta un patrimonio comune che ci identifica come popolo».
A sorprendere è anche il leghista Alessandro Gilio Vigna, piemontese, che esordisce declamando «Aldo dice 26 per 1», la parola d’ordine con cui da Radio Londra il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia ordinò l’insurrezione generale, e ricorda che la Resistenza «fu una grande esperienza collettiva». La Lega esibisce la sua radice antifascista bossiana: chissà se più per segnare la distanza da FdI o da Matteo Salvini, che l’ha abbandonata.
Le opposizioni sfumano la polemica, chi più, chi meno: «Resistenza, liberazione e Costituzione hanno scritto le regole democratiche e l’architettura istituzionale repubblicana: pluralismo nelle istituzioni e nella società, equilibrio e separazione tra i poteri dello Stato, limiti al potere esecutivo per non diventare una democratura» (Anna Rossomando, Pd); «Oggi a minacciarci non è il fascismo, ma un modello di democrazia limitata, a tratti illiberale (...), un universo ideologico che trova i suoi migliori alleati nelle autocrazie» (Raffaella Paita, Iv); «Il 25 aprile, la Liberazione, Ventotene sono divisivi solo se si è fascisti» (Marco Grimaldi, Avs); «È inaccettabile che il governo abbia scelto un profilo così basso per celebrare una data simbolo di pace e unità del Paese» (Chiara Braga, Pd).
Gli effetti della sobrietà
In effetti l’invito alla «sobrietà» del governo fa danni in giro per l’Italia: a Cinisello Balsamo (Milano) l’amministrazione esclude l’Anpi dalle celebrazioni, a Domodossola viene vietata ogni manifestazione. Lo stesso a Genazzano (Roma): qui il Pd si imbufalisce e così oggi il segretario regionale Pd Daniele Leodori, con il capogruppo in Regione Mario Ciarla, annuncia che sarà comunque lì in piazza.
A Romano (Bergamo) sono vietati i canti, Bella ciao addio. La destra ha ottenuto il suo scopo, l’ottantesimo si annuncia con scintille. Ci sono anche quelle autoprodotte dallo schieramento “antifascista”. C’è rischio di tensioni ai cortei di Milano e Roma. Nel capoluogo lombardo, dov’è la manifestazione nazionale, i giovani pro Palestina hanno chiesto la testa del corteo – che non gli è stata concessa – filtra che proveranno a prendersela.
A Roma l’Anpi sarà a Parco Schuster e raggiungerà la storica Porta San Paolo solo nel pomeriggio, dove la mattina si è data appuntamento la Comunità ebraica. Ma la mattina lì ci sarà il presidio degli «antifascisti/e antisionisti/e»: la prefettura ha autorizzato il concentramento, forse un tentativo di evitare innalzamenti di temperatura.
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