«Nella mia lunga esperienza ne ho visto cose: tentativi non riusciti, approdi mancati. Ma non ho mai visto una situazione così. Si discute in maniera barocca, eccentrica, fuorviante». Ne ha viste cose, Clemente Mastella. E ne ha fatte anche, a destra e sinistra. Nel 2008 ha fatto cadere il governo Prodi 2 recitando in aula una poesia al premier: «Lentamente muore».

Lui ministro della Giustizia, sua moglie, Alessandrina Lonardo, all’epoca presidente del consiglio regionale campano, arrestata. Dopo quasi dieci anni di inchieste e processi, assolta. Oggi Clemente è per la seconda volta sindaco di Benevento. E dopo aver fatto e disfatto molti “centri” – dalla Dc al Centro cristiano democratico, poi l’Udr, l’Udeur, poi l’ingresso in Forza Italia, poi la fuoriuscita – ora ci riprova con una nuova creatura politica, “Noi di centro”. Al suo battesimo, in un teatro, in molti sono andati ad annusare l’aria, liberali ed ex forzisti, ma anche ex margheritini ed ex democristiani.

Sul Quirinale sono in corso “discussioni barocche e fuorvianti”?

Ognuno si pone al centro, ritenendosi il kingmaker. Un tempo le cose avvenivano in maniera più classica: c’erano contatti, anche con le opposizioni, ma non davanti a tutti come oggi. E quello dava risultati. Oggi ogni ipotesi finisce con un processo pubblico: Berlusconi no grazie, oppure no perché è un leader politico, l’altro no perché è di sinistra, non se ne esce più. Poi Letta invita i segretari, poi li invita Slavini. Ci sono tanti leader tolemaici che pensano che la gestione della vicenda del Quirinale ruoti intorno a sé stessi. E questo porterà a una frustrazione urlata, e un’inconcludenza generale. Come fai a decidere?

I leader dovrebbero agire con più riserbo?

Questa pubblicità è un’idiozia che non porta da nessuna parte.

Come se ne esce?

O è Draghi al primo turno o l’incognita è totale.

Iniziamo da Draghi al primo turno.

In questo caso la maggioranza che lo vota deve fare un patto e dire se il governo rimarrà in piedi. Ma l’idea di riunire tutti i leader è viziata in partenza, perché tutti i leader rappresentano la metà dei propri gruppi parlamentari, cosa che non era mai successa nella storia repubblicana. Alcuni sono persino in minoranza nei gruppi, penso a Conte. Prima i franchi tiratori c’erano, ma non erano la metà dei gruppi. Oggi nessuno può disegnare un percorso perché non ha le truppe dietro. In più per la prima volta c’è questo partitone etereogeneo ed incredibilmente vasto, il gruppo misto di camera e segnato. Farà la differenza. Nessuno è in grado di guidare il processo. Sono tutti concorrenti, ma non c’è il conduttore.

Neanche nel centrodestra?

Sono sfilacciati anche loro. Le posizioni di Salvini sono diverse da quelle della Meloni, anche perché ognuno gioca la partita pensando al dopo, a chi poi al voto arriverà primo, e chi farà il presidente del consiglio. Non c’è un arbitro. Mattarella è stato arbitro, ha scelto a Draghi, è riuscito a mettere insieme l’infinito e l’abisso come faceva il romanticismo, Lega e Pd e M5S. Ma oggi chi fa il miracolo? Santo Salvini?

Berlusconi ha chance al Quirinale? I suoi alleati lo vogliono davvero?

Se non fosse così il giorno dopo l’elezione del capo dello stato il centrodestra avrà grossi problemi: una frangia di Forza Italia resterà al centrodestra e una frangia si dedicherà all’idea di centro. Se uno come Berlusconi viene fregato dai suoi, il parlamentare peone di Fi penserà: se hanno ammazzato lui è sicuro che nel collegio fottono anche a me, tanto più che si passa da mille a seicento parlamentari e la metà è già ghigliottinata. Ma se il centrodestra resta compatto, recuperare una cinquantina di voti fra il centrosinistra e il misto non è difficile. Infatti Berlusconi sta dando garanzie a tutti che non si andrà al voto.

Chi ha più possibilità di diventare presidente della Repubblica?

Al primo turno c’è solo Draghi. Dalla quarta votazione in poi può essere Berlusconi, oppure Casini che è stato per tanti anni nel centrodestra ed ora è stato eletto da indipendente con il Pd. In termini affettivi per me Casini è sempre un amico. La destra potrebbe accettare Gentiloni. Ma se fossi il Pd punterei su Sassoli: questa mossa di fare un passo indietro dalla rielezione alla presidenza del parlamento europeo per non rompere con i popolari lo accredita moltissimo. Sassoli tornerà in Italia, dirà la sua. Perché da lì è uscito in modo elegante. E nella formula Ursula ci sono anche i popolari, che in Italia sono Forza Italia.

Arriviamo al suo nuovo centro. Perché questa volta dovrebbe funzionare?

Perché stavolta esistono condizioni che non c'erano prima. Mentre prima ho fatto un partito che era già legato, che già si predisponeva a sinistra o a destra, stavolta no. Oggi esistono le condizioni per una Margherita 2.0, c’è un’area di consenso che aspetta solo un riferimento. Purtroppo, a differenza dei tempi in cui al centro c’erano Prodi, Marini, Dini e io stesso, stavolta ci sono Renzi e Calenda, e le interminabili querelle fra loro, soprattutto quelle di Calenda contro il mondo intero. Chi ci starà bene, chi no pazienza.

Lo vuole guidare lei?

No, io non ambisco a guidare, io sono maieutico. Lo spazio c’è, c’è lo spazientamento della gente contro il sovranismo e c'è una sinistra appiattita a sinistra. Pd più mezzo M5S e Leu non fanno un governo, saranno minoranza in eterno. Hanno bisogno del centro.

Lei però nel 2002 dalla Margherita uscì, e la Margherita finì nel Pd.

Un errore storico eliminarla, era la tradizione dei democratici alleati a sinistra, e con il Pd si arrivava al 30 per centro. Oggi tutti assieme nel Pd stanno al 20. E con che risultato? Che se nel Pd vinceva la Ditta gli altri ammazzavamo Bersani, se vinceva Renzi la Ditta ammazzava Renzi. Non è un matrimonio serio. Le due culture possono essere parenti, ma non marito e moglie.

È rimasto quello del centro-sinistra con il trattino?

Esattamente. Anzi con un "trattone". Ma infatti dal 2006, quando nel centrosinistra c’ero, il Pd non ha mai più vinto un’elezione. Da quel momento è arrivato al governo in maniera labirintica, andando per anfratti delle istituzioni.

Lei era il teorico di un centrosinistra senza confini a destra e sinistra, “da Mastella a Diliberto”.

È l’unica per vincere.

È anche il teorico dell’”etica del viandante”. A questo giro il viandante sta a sinistra o a destra?

In questo momento il viandante resta al centro, poi vediamo.

Sulla sua strada ci sono Renzi e Calenda?

Con Renzi è più facile, poi certo ognuno ha il suo carattere. Calenda invece non va d’accordo manco con se stesso.

L'idea di "campo largo" di Letta assomiglia alla sua idea di alleanza larga?

Può assomigliare. Letta dovrebbe rifare l’Ulivo. Io con i Cinque stelle non ho nulla a che spartire, anche se ho provato a dare una mano a Conte. Si ricorda i "responsabili"? Ma loro se ne sono fregati. Ma non importa, l’ho fatto per il bene dell’Italia. Mentre io davo una mano altri remavano contro, anche nel Pd. Detto questo, non ho problemi che in un’alleanza ci siano anche i Cinque stelle, che ormai sono quasi un partito normale, si sono depurati, edulcorati, l’unico filamento un po’ ideologizzante resta il giustizialismo, che a me non piace. Non ho problemi che in alleanza ci siano anche loro. Ma a condizione chela smettano di mettere veti, se non non andiamo da nessuna parte.

Ma dunque il suo centro non andrà da solo?

Vedremo. In alleanza o no, io in una scazzottata in Campania posso determinare in positivo o in negativo. Qui a Benevento mi è venuto contro Letta, sacrificando un'amicizia e un rapporto di tanti anni, ma io ho vinto e comunque alle ultime elezioni ho dato una mano al Pd, a Caserta hanno vinto grazie a me. Oggi alle provinciali siamo alleati in tante parti, tranne qui a Benevento dove continuano a farmi la guerra. Ma a chi viene con me io propongo una linea di centro. Mica posso dire al consigliere comunale eletto con il centrodestra di lasciare. Il principio biblico politico è: costruiamo il centro. Ad oggi non chiedo abiure a nessuno. Ma quando sarà alle politiche l’adesione politica sarà una.

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