Da giorni Giorgia Meloni ha messo le cose in chiaro: il suo 25 aprile 2024, il secondo da quando è premier, sarà come quello dell’anno prima: deporrà «una corona di fiori con il presidente Mattarella», intende all’Altare della Patria, a Roma, «come faccio sempre per le celebrazioni della nazione, e lo faccio sempre con il massimo di rispetto per il mio ruolo». Punto. «Quello che avevo da dire sul fascismo l’ho detto cento volte e non ritengo di doverlo ulteriormente ripetere, così voi», ce l’ha con i cronisti, «potrete continuare a riempire i titoli dei vostri giornali sostenendo che sono una pericolosa fascista. E vi ringrazio perché mi aiutate, visto che la gente che vede questo governo vede che anche gli estremisti stanno da un’altra parte». Sembra una chiosa buttata là. Non lo è: «Gli estremisti stanno dall’altra parte» è la linea di Fratelli d’Italia per il 79esimo anniversario della Liberazione.

Mattarella a Civitella

La premier stamattina sarà appunto con il presidente della Repubblica e le alte cariche dello stato al monumento al Milite Ignoto. Poi Mattarella andrà a Civitella in Val di Chiana, nell’Aretino, dove il 29 giugno 1944 i nazisti trucidarono 244 civili. Da qui pronuncerà un discorso: che fatalmente di fatto farà risaltare l’afasia del governo sulla Liberazione. Fatalmente e forse suo malgrado: il presidente non ha mai fatto sconti al fascismo italiano. L’anno scorso, da Cuneo, attaccò l’orazione con una citazione di Piero Calamandrei: «Se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».

Erano i giorni in cui La Russa spiegava – prima di rimangiarselo con comico imbarazzo – che il battaglione nazista Bozen, decimato a via Rasella nel marzo del 1944 da un’attentato di partigiani gappisti, era in realtà un gruppo di «musicisti pensionati».

Meloni invece alla vigilia del 25 aprile fa sapere che, a parte le incombenze ufficiali, non renderà omaggio all’insurrezione di Milano e alla Liberazione dal nazifascismo. Dopo un anno e mezzo di governo, è riuscita a pronunciare la parola «nazifascismo», una sola volta: lo scorso 28 gennaio, al Quirinale per il Giorno della Memoria, anche lì dopo una lezione magistrale di Mattarella, ha finalmente messo nella stessa frase «la vergogna delle leggi razziali del 1938» e «il disegno criminale nazifascista».

Una fatica logica, per la leader di un partito che rivendica la sua radice missina, e l’ispirazione a Giorgio Almirante che si definiva un «fascista in democrazia». Una fatica che dei suoi quasi nessuno fin qui vuole fare. Fin qui solo il vicepresidente Fabio Rampelli ha parlato apertis verbis: «Per noi l’antifascismo è sempre stato uno strumento fondamentale per conquistare libertà e democrazia», mentre il resto – braccia tese, celtiche e altri simboli del Ventennio – sono «folclore inevitabile, peraltro presente anche dall’altra parte».

Aspettando i cortei

E proprio «dall’altra parte» quest’anno Meloni aspetta di essere levata di imbarazzo. Aspetta qualche tensione, del resto annunciata, da utilizzare come prova del fatto che «gli estremisti stanno dall’altra parte», cioè a sinistra. Nelle iniziative che si svolgeranno in tutta Italia, dove si annunciano incursioni di attivisti pro Palestina pronti a contestare Israele e il massacro palestinese di Gaza. A Roma il tradizionale corteo per la Liberazione, organizzato dall’Anpi e dalle associazioni, che finisce con i comizi a Porta San Paolo, ormai da anni si svolge senza la presenza della comunità ebraica (che quest’anno sarà al Museo di via Tasso, ha aderito a una diretta no stop di Radio Radicale).

Alla manifestazione non partecipano neanche le insegne della Brigata ebraica, che saranno portate alla stessa Porta in mattinata. Il “movimento degli studenti palestinesi” ha lanciato un avviso: «Non permetteremo che sia esposto e associato alla Resistenza nessun simbolo sionista», includendo nel “sionismo” – qualsiasi cosa intendano – anche le insegne della brigata partigiana.

Ma la festa ufficiale, come sempre, sarà a Milano. Non sono mancate le polemiche: la comunità ebraica non parteciperà al corteo per l’assenza, nello striscione pacifista di apertura voluto dall’Anpi («Cessate il fuoco ovunque»), della parola d’ordine «liberazione degli ostaggi» di Hamas. Presente invece la Brigata ebraica – target tradizionale di contestazione all’angolo di piazza San Babila da parte di frange pro Palestina – con l’eloquente striscione «Ora e sempre la democrazia si difende». Una presenza «combat» ancora “propal” è annunciata alle 13.30 a piazza Duomo, per contestare il palco da dove parleranno fra gli altri il sindaco Sala, il presidente Anpi Pagliarulo, l’attore Pif e il leader Uil Pierpaolo Bombardieri. Un momento anche più delicato scatterà alle 15, quando il corteo sfiorerà via Vivaio, dove Matteo Salvini ha organizzato la prima presentazione del suo libro (alla Fondazione Istituto dei Ciechi).

La scommessa della destra è di poter accusare gli «antifascisti» di intolleranza, o magari peggio. Sta ai manifestanti – e ai loro servizi d’ordine – non fare regali.

Quest’anno peraltro la partecipazione sarà gonfiata anche dal trentennale del 1994, quando il manifesto lanciò una grande manifestazione contro il primo governo Berlusconi: spuntarono Umberto Bossi e 200 bandiere leghiste. A fine anno il governo cadde.

Quest’anno il quotidiano comunista ha riconvocato tutti in piazza, hanno aderito in molti, da Radio Popolare alla Cgil all’Anpi. Al Pd e a Elly Schlein, che guiderà lo striscione «Il fascismo non è un’opinione, è un crimine». Una frase di Giacomo Matteotti, primo omicidio del fascismo, a cent’anni dalla morte, altro anniversario che la destra di governo è riuscita a ignorare. A Montecitorio le opposizioni – unite – hanno chiesto di dedicare a Matteotti lo scranno della Camera da cui pronunciò il suo ultimo discorso. Lasciando quel posto vuoto, per sempre, e a futura memoria.

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