A pochi giorni dall'aggiornamento del motu proprio del papa Vox Estis Lux Mundi, una parte della chiesa siciliana il 30 marzo torna a occuparsi di abusi, con un convegno organizzato alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista di Palermo dal titolo “La tutela dei minori e delle persone vulnerabili: un impegno comune”.

Una parata di nomi illustri, del calibro dell'arcivescovo della città Corrado Lorefice, a cui è affidata l'introduzione, per proseguire con padre Andrew Small, segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, e con l'arcivescovo di Ravenna Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili della Cei, che parlerà dell'impegno della chiesa cattolica a partire dal primo report sulle attività di tutela dei minori diffuso lo scorso novembre.

Un dossier a dir poco parziale e poco rappresentativo della realtà italiana perché, come abbiamo raccontato su Domani il 17 novembre, prende in esame soltanto l'attività dei Servizi diocesani e le segnalazioni arrivate ai centri di ascolto di 158 diocesi su 226 nel biennio 2020-21.

L'obiettivo del convegno è ambizioso: partire da una riflessione sulla chiesa universale per concentrarsi sulle azioni di quella italiana e infine dare voce alle esperienze locali.

Un'iniziativa voluta dalle diocesi di Palermo, Monreale, Cefalù, Trapani e Mazara del Vallo con il patrocinio, fra gli altri, del Servizio nazionale per la Tutela dei minori della Cei.

Peccato che non si sia pensato di coinvolgere altre diocesi dell'isola, come Piazza Armerina, che pure manda i suoi seminaristi a studiare nell'istituto palermitano.

I peccati della Sicilia

Proprio la diocesi di Piazza Armerina, in realtà, avrebbe molto da dire sull'abuso clericale, anche se non può certamente vantare una gestione esemplare del problema.

A Enna, dal 7 ottobre 2021 è infatti in corso il processo a don Giuseppe Rugolo, un sacerdote molto popolare nella città dell'entroterra siciliano, oggi accusato di violenza sessuale su tre minori.

Una vicenda ricca di colpi di scena che coinvolge diversi personaggi, non ultimo il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana che, intercettato, prima ammette di aver insabbiato gli abusi di Rugolo e poi cerca di salvare capra e cavoli (sé stesso e la diocesi), con totale indifferenza per le vittime (come riportiamo su Domani del 14 novembre).

Una storia che svela sempre nuovi capitoli: durante l'ultima udienza del 14 marzo, infatti, si è arricchito l'elenco degli insulti del vicario generale della diocesi Nino Rivoli che, in un'intercettazione riportata in aula, apostrofa con l'epiteto di “bestia” don Giuseppe Fausciana, l'unico sacerdote che a Enna si è fatto portatore della denuncia della vittima di Rugolo, Antonio Messina.

Don Rivoli, nel suo tormento per la spinosa situazione in cui si è venuto a trovare il vescovo, durante numerose telefonate intercettate dagli inquirenti non aveva risparmiato insulti all'imputato, definito «buttana» e «questa troia», mentre Messina – il ragazzo che ha subito violenza sessuale quando era minorenne – è addirittura un «bastardo».

Quanti sono coinvolti?

La novità più eclatante del processo Rugolo, però, non è certo il turpiloquio del vicario o l'incresciosa gaffe di un altro sacerdote locale, don Pietro Spina, che in aula definisce «affettuosità» ogni atto sessuale che prescinde dalla penetrazione, ma l'inquietante realtà dei pedofili alla corte di monsignor Gisana: sacerdoti e catechisti dai trascorsi non proprio immacolati, il cui numero cresce ad ogni udienza.

Infatti, ogni volta che Eleanna Parasiliti Molica, avvocata di parte civile, incalza i testimoni sui casi di abuso, in tribunale cala il gelo.

Il 10 ottobre era già emerso il nome di un altro prete che aveva abusato di un minorenne: entrambi, l'abusatore e la sua vittima, sono oggi parroci della diocesi.

Il vescovo Gisana sapeva tutto, come si evince dalle intercettazioni, cosi come sapeva di un sacerdote di Gela, don Vincenzo Iannì, rinviato a giudizio nel 2019 per violenza su una ragazzina.

Nell'ultima udienza del 14 marzo Gela si conferma una piazza “calda”: non solo annovera un catechista arrestato per violenza sessuale aggravata, al momento sotto processo, ma anche un educatore di 32 anni, che avrebbe abusato per anni di un ragazzino, oggi ventiduenne.

Come emerge dalle indagini difensive svolte anche dall'avvocata Parasiliti Molica, la vittima aveva denunciato più volte gli abusi al vescovo ma Gisana non è mai intervenuto.

In aula, è sempre l'avvocata di Messina a chiedere conto di questo educatore a un reticente don Vincenzo Murgano: il prete, vicario giudiziale della diocesi e (cosa ancora più grave), responsabile del Servizio di tutela dei minori fino al dicembre 2022, riconosce alla fine di non aver mai preso provvedimenti per i casi di abuso di cui era a conoscenza.

«Ha detto candidamente che sapeva da tempo di don Iannì, ben prima che fosse processato – riporta Antonio Messina – e per quanto riguarda gli altri nomi fatti in aula ha sostenuto invece di non essere mai stato informato dal vescovo, pur essendo il responsabile incaricato per la tutela dei minori».

Monsignor Gisana, quindi, sa dei preti pedofili di casa propria ma non parla nemmeno con la persona deputata ad occuparsene.

Se don Murgano tace sui pedofili della diocesi, in compenso parla, e molto, con Rugolo.

In udienza emerge infatti che Murgano era il consigliere personale del giovane prete, quando già questo era sottoposto all'indagine ecclesiastica (poi conclusa con un “non luogo a procedere” perché i fatti si sarebbero svolti quando era ancora seminarista e dunque non ritenuti di pertinenza della Congregazione per la dottrina della fede).

Fra messaggi e telefonate, i due si sentono ogni giorno e don Murgano incita Rugolo a controllare Antonio Messina sui social, oltre a sobillarlo contro don Fausciana, la “bestia”, colpevole di sostenere la vittima e coinvolgerla nelle attività pastorali.

La prossima udienza in calendario il 4 aprile, con 21 nuovi testimoni chiamati a deporre, promette di scaldare ulteriormente gli animi.

Intanto si avvicina la Pasqua e la processione del venerdì santo, particolarmente sentita in città, vedrà in testa don Murgano, in quanto parroco della Chiesa madre e assistente spirituale di ben quattro confraternite cittadine, quasi a rassicurare i fedeli che nulla è cambiato.

L'imbarazzante quadro della curia che emerge dal processo a don Rugolo, gli opposti schieramenti pro e contro don Fausciana e soprattutto le complicità della gerarchia, monsignor Gisana in primis, cominciano però a pesare non poco sul contesto cittadino.

Buone intenzioni e cattivi esempi

Intanto a Palermo va in scena lo spettacolo delle buone intenzioni della Chiesa contro gli abusi, con il provvidenziale supporto della nuova versione di Vox Estis Lux Mundi.

«Il timore – commenta Marida Nicolaci del coordinamento Italy Church Too e docente della stessa Facoltà che ospita il convegno – è che si punti sulla prevenzione futura lasciandosi alle spalle il passato, senza farsi carico delle esigenze di una giustizia autenticamente riparativa, che implica il riconoscimento delle cause sistemiche del danno e il risarcimento delle vittime».

Se il convegno palermitano appare come un'operazione politica per ripulire l'immagine della chiesa siciliana e smarcarsi dai guai della diocesi di Piazza Armerina, non si può dimenticare che lo stesso don Murgano, che sta facendo clamore a Enna più per le sue reticenze che per le sue rivelazioni, è anche lui un docente della facoltà teologica.

Così come ci sarà anche don Fortunato di Noto che, oltre ad essere il presidente dell'associazione Meter contro la pedofilia, è anche il direttore del Centro di ascolto del Servizio regionale della tutela dei minori della Cei.

Don Di Noto non manca mai quando si tratta di far vedere il volto della chiesa che lotta contro gli abusi, ma è anche presente nelle intercettazioni agli atti del processo a Rugolo, mentre parla accorato con Gisana: «Ti voglio un bene dell'anima», dice al vescovo, e gli consiglia «vigilanza».

«Se ci riesci, traccia almeno i colloqui», aggiunge, riferendosi agli incontri con i Messina, «perché questi qua (la vittima e la sua famiglia, ndr), come stanno montando la cosa, capisci...».

Palermo, in fin dei conti, non è poi così lontana da Enna.

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