Quattro anni dopo l’entrata in vigore della lettera apostolica in forma di motu proprio Vos estis lux mundi, nata per contrastare gli abusi sessuali e di coscienza nella chiesa cattolica, papa Francesco ha approvato una versione aggiornata del documento, in vigore a partire dal 30 aprile.

L’aggiornamento non solo è in linea con le ultime riforme operate dal papa, ma era sentito necessario alla luce delle centinaia di abusi che stanno scuotendo le chiese locali in tutto il mondo e che hanno ridotto alcune diocesi, ad esempio negli Stati Uniti, sull’orlo della bancarotta.

Sin dalla sua prima approvazione, Vos estis lux mundi ha rappresentato la linea dura di papa Francesco contro le azioni degli abusatori da una parte, e le omissioni dei vescovi dall’altra. Nel primo summit sul tema, tenutosi in Vaticano tra il 21 e il 24 febbraio 2019, il pontefice ha coinvolto direttamente i vescovi, sottoponendoli a un concetto preso dal diritto societario, quella accountability che li obbliga a un’attenzione meticolosa delle segnalazioni nelle proprie diocesi come perno del loro mandato episcopale.

Cosa cambia

Nella nuova versione ci sono alcune novità. La prima è nel Titolo I, dove viene specificato l’oggetto della denuncia di abuso. Se, nella prima versione, la norma era applicata nel caso di «produzione, nell’esibizione, nella detenzione o nella distribuzione, anche per via telematica, di materiale pedopornografico, nonché nel reclutamento o nell’induzione di un minore o di una persona vulnerabile a partecipare ad esibizioni pornografiche», nell’aggiornamento si parla di «immorale acquisto, conservazione e divulgazione, con qualsiasi strumento», non solo telematico. Questo amplia lo spettro delle possibilità di abuso, perché tiene conto delle «esibizioni pornografiche» non solo «reali», ma anche «simulate» (art.1 §1). Sono novità importanti, che allargano di molto l’ambito della punibilità e dimostrano la dura linea della Santa sede contro tutti quei comportamenti impropri per chi ha scelto la strada della consacrazione religiosa.

Laici coinvolti

Nel nuovo motu proprio, viene specificato che non sono solo i chierici o i religiosi a poter segnalare un abuso, ma anche i «fedeli laici che sono o sono stati moderatori di associazioni internazionali di fedeli riconosciute o erette dalla Sede Apostolica». In questo modo, tutta la comunità cattolica è coinvolta, evitando così i sospetti di una ghettizzazione dell’autorità ecclesiastica.

Novità anche sulla tutela di chi denuncia: se prima non era possibile imporre alcun vincolo di silenzio a chi segnalava un abuso, ora questa tutela viene estesa anche «alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni» (art.4 §3). L’apertura è contemperata dal nuovo art. 5 §2, che rinnova l’impegno dell’autorità ecclesiastica a tutelare la «buona fama e la sfera privata di tutte le persone coinvolte, nonché la riservatezza dei dati personali». Una clausola garantista, che riconosce alla persona indagata la «presunzione di innocenza e la legittima tutela della sua buona fama» (art. 13 §7).

Adulti vulnerabili

Ma il cuore dell’aggiornamento del motu proprio tiene conto di una maggiore vicinanza alle vittime, al punto che il lemma «persona vulnerabile» è stato sostituito da «adulto vulnerabile», affiancato alla categoria di minore e di persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione.

Si tratta di una specificazione in linea con la definizione di «condizione di speciale vulnerabilità» approvata dall’Unesco nella Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani nel 2005. La condizione di vulnerabilità, associata all’età adulta, respinge l’idea che l’abuso sia favorito dalla condizione d’infermità della vittima. Non ci sono giustificazioni implicite a questo tipo di delitto, e tutto ciò richiama alla mente l’inchiesta che nel 2020 ha travolto l’Arche, la comunità francese nata per assistere i disabili, anche mentali, abusati dal suo insospettabile fondatore, Jean Vanier. Il documento continua a comprendere non soltanto le molestie e le violenze sessuali, ma anche gli abusi di coscienza e di potere. I casi di Taizé, di Bose e del Centro Aletti, con il caso del gesuita Marko Rupnik, mostrano la natura complessa dell’abuso nella chiesa cattolica. Con la versione aggiornata del motu proprio, papa Francesco non solo è consapevole della sua natura sistemica, ma è deciso a stringere le maglie attorno a una gestione distorta dell’autorità, figlia di quel clericalismo che ha promesso di combattere fin dal primo giorno.

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