«Un attacco alla libertà delle donne da parte di un’altra donna, Giorgia Meloni». Non usa mezzi termini Serena Fredda, attivista di Non una di meno, quando commenta l’approvazione della fiducia posta dal governo sul disegno di legge di conversione del decreto Pnrr.

Palazzo Madama ha di fatto detto sì all’emendamento del deputato di Fratelli d’Italia Lorenzo Malagola che dà il lasciapassare alle associazioni pro vita all’interno dei consultori. Approvato in commissione Bilancio alla Camera l’emendamento è finito nella legge licenziata da Montecitorio. E da lì nella versione definitiva a cui il Senato ha dato l’ok.

«È un attacco non solo alle donne», continua Fredda, «ma all’intera sanità pubblica, i cui consultori vengono sviliti». Da qui anche l’annuncio da parte di Non una di meno di una mobilitazione generale, a maggio, e in particolare il 25, per ricordare l’anniversario della Legge 194, quella sull’aborto e «sui diritti garantiti a tutte noi».

“Così si boicotta la libera scelta”

Dunque, secondo l’emendamento, le regioni nell’organizzare i servizi dei consultori previsti dalla Legge 194 possono «avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità».

Per la parlamentare del Partito democratico Cecilia D’Elia trattasi di «pura ideologia inserita nel Pnrr, una cosa che non c’entra nulla, un modo per boicottare la libera scelta della donna». Al contrario, sempre secondo D’Elia, «il sostegno alle donne, alla maternità, dovrebbe avvenire in altro modo, ad esempio investendo sui consultori. Questo governo invece – conclude la dem – dà potere ad associazioni non meglio definite».

Anche la realtà Obiezione Respinta, nata per mappare le strutture con obiettori di coscienza, annuncia battaglia. «Noi», dice Bianca Monteleone, «abbiamo da sempre un numero attivo ventiquattr’ore su ventiquattro per supportare le donne nella loro decisione di abortire. Dalle testimonianze raccolte – continua l’attivista – abbiamo riscontrato una differenziazione tra regione e regione in merito all’accesso all’aborto. In certi casi la donna non ha idea a chi rivolgersi e se digita su Internet “aborto” i primi numeri che ha dinnanzi sono proprio quelli delle associazioni pro vita».

I dati

Le mobilitazioni sono supportate dai numeri e dai dati. «Nel Lazio ci dovrebbero essere 286 consultori, in realtà sono solo 124 senza contare quelli chiusi o non funzionanti. A Roma le strutture sono cinquantaquattro, ne dovremmo avere novantasei», spiega Graziella Bastelli, tra le coordinatrici della rete dei consultori di Roma. Consultori che in base alla legge, in Italia, dovrebbero essere numericamente rapportati alla quota di abitanti.

«Dovremmo avere un consultorio ogni ventimila abitanti, eppure», continua l’esperta, «sempre nel Lazio abbiamo un consultorio ogni quarantacinquemila. Addirittura ogni settantacinque abitanti al Nord. Negli ultimi cinque anni sono inoltre state chiuse ben duecentododici strutture».

Strutture che, in definitiva, non solo sono i luoghi laici – così come concepiti in origine – di supporto alle donne, nella loro scelta alla maternità o di abortire, ma servono anche ad altro. «Il consultorio, in generale», conclude Graziella Bastelli, «è fondamentale anche per i giovani: è anche lì che i minori possono denunciare eventuali molestie subite in famiglia. Questo governo aveva promesso di essere vicino ai giovani, ma non sembra sia affatto così». Terreno minato per le donne, e non solo.

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