Un «impegno concreto, realizzabile e fattibile». Così Matteo Salvini, nel marzo 2018, annunciava la promessa di tagliare, con tanto di gesto della forbice simulato con la mano, almeno sette accise sul carburante. Lo faceva su Facebook, in un video di un minuto e trenta secondi esatti. Il segretario della Lega denunciava come tra le voci sul costo di benzina e gasolio ci fossero ancora quelle introdotte per il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-36, della crisi del canale di Suez del 1956 e della ricostruzione del disastro del Vajont del 1963. Risorse che non servono più a questi impieghi, essendo intervenuta una successiva disciplina più organica in materia di accise.

Resta che su quella base demagogica il leader leghista chiedeva il voto per le elezioni politiche del 2018: l’ipotetico governo Salvini avrebbe tagliato le accise e dimezzato il prezzo della benzina.

Parole che oggi fanno sorridere perché vengono smentite alla prova dei fatti: dall’1° gennaio il prezzo della benzina ha subito un balzo di 18,3 centesimi al litro per il mancato rinnovo dello sconto introdotto dal primo decreto Aiuti del governo Draghi, varato nella scorsa primavera.

Stop allo sconto

Foto LaPresse

L’intervento era stato prorogato nei successivi provvedimenti, prevedendo un taglio temporaneo di 30 centesimi per far fronte all’impennata dei prezzi avvenuta con la guerra in Ucraina.

L’azione di Draghi ha garantito una copertura fino alla fine di novembre. A ridosso della scadenza, il governo in carica ha prorogato nuovamente la norma (fino al 31 dicembre 20202), ma riducendo il beneficio a soli 18 centesimi. Poi è stata scelta un’altra rotta: lasciar decadere il taglio temporaneo con l’arrivo del nuovo anno, perché «la discesa dei prezzi alla pompa ha fatto venir meno l’emergenza dei mesi scorsi», ha detto il ministro dell’Ambiente della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Questo nuovo orientamento è diventato l’esempio del bagno di realtà del governo, tanto che pure dall’opposizione è giunto qualche inatteso apprezzamento: «Eliminare lo sconto sulle accise è stato giusto. Quel sussidio andava anche a chi faceva benzina con la Ferrari. Occorre essere mirati nel dare sussidi», ha twittato il senatore del Pd, Carlo Cottarelli.

Insomma, la destra ha acquisito la consapevolezza della fatica di governare. Ma d’altra parte il mancato taglio delle accise di trasforma nell'emblema delle promesse elettorali non mantenute dalle destre. A cominciare dalla Lega.

Promessa dimenticata

L’operazione è andata in porto con il silenzio assenso del vicepresidente del Consiglio Salvini, che si era intestato questa battaglia ormai da anni, seppure a intermittenza. Non è la prima volta infatti che, appena arrivato a un incarico di governo, il leader leghista non ha rispettato l’impegno «fattibile», per usare la sua definizione.

Proprio nel 2018, a pochi mesi dalla promessa contenuta nel video social, era diventato vicepremier del governo gialloverde, senza che fosse attuato il taglio. In quel caso si era difeso così: «Le accise? Se governassi da solo…», scaricando le responsabilità sugli alleati di allora, il Movimento 5 stelle.

Per assistere a un reale intervento in materia si è dovuto attendere qualche anno, con l’insediamento di Draghi a palazzo Chigi, ma soprattutto con la contingenza internazionale particolare creata dall’attacco russo all’Ucraina. E quindi con le conseguenze economiche del caso.

A inizio marzo Salvini è tornato a cavalcare la battaglia, seppur senza rinverdire del tutto la vecchia promessa elettorale: si è limitato a parlare della necessità di garantire uno sconto.

Con questo intento il capogruppo della Lega a palazzo Madama, Massimiliano Romeo, aveva annunciato una mozione per impegnare il governo a introdurre la misura. «È doveroso e urgente intervenire su questo fronte», sosteneva il presidente dei senatori leghisti.

Subito a ruota l’europarlamentare della Lega, Susanna Ceccardi, aveva lanciato una card sui social: «Basta accise sulla benzina», sostenendo che «sono tasse con le quali continuiamo a finanziare (in teoria) la guerra d’Etiopia».

A distanza di un anno, però, con una coalizione di centrodestra al comando e un ministro dell’Economia leghista, come Giancarlo Giorgetti, è stato cancellato lo sconto. A dimostrazione che al Mef non hanno le stesse priorità della Lega, facendo più attenzione ai conti che alla propaganda dell’ex Bestia di comunicazione salviniana.  Piegata alla realtà che presto dovrà fare i conti pure con le misure per fronteggiare il caro bollette. E il reperimento delle risorse non sarà una missione agevole.

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