Dubbi e sospetti permeano l’Europa: anche se la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha detto che l’Unione europea non si piegherà al ricatto di Vladimir Putin sul gas, il tarlo del pagamento in rubli si è insidiato tra i 27 per capire chi aprirà il nuovo conto in Gazprombank, così come stabilito da un decreto del presidente russo a marzo. Il meccanismo serve a permettere a Mosca di convertire l’euro nella moneta locale, pena il taglio delle forniture.

Von der Leyen ha detto che accettare questa condizione significherebbe automaticamente violare le sanzioni ma la versione russa è che Gazprombank non è colpita da sanzioni. Anzi, con una comunicazione del 22 aprile la Commissione europea ha confermato che sulla banca collegata al colosso russo del gas non pesano restrizioni. Il 2 maggio si terrà un Consiglio straordinario dei ministri dell’Energia europei.

La Russia ha aperto ufficialmente il nuovo fronte di guerra martedì.

La Polonia prima e la Bulgaria dopo hanno riferito che Gazprom ha deciso di fermare le forniture verso i due paesi, mossa annunciata ufficialmente e divenuta attuativa a partire dal 27 aprile. Entrambi, pur avendo regolarmente pagato le forniture, non hanno permesso la conversione della moneta e Putin ha chiuso il rubinetto.

I paesi dell’Unione europea sono corsi ai ripari per un’eventuale risposta d’emergenza, e ieri si è svolto un vertice del gruppo gas. Per il momento Von der Leyen ha detto che la mossa farà economicamente male più a Mosca che agli altri paesi, ma la verità è che «Polonia e Bulgaria ci hanno aggiornato sulla situazione, entrambi stanno ricevendo gas dai loro vicini europei», ha detto la presidente della Commissione.

La Polonia, tra i due il maggior acquirente di Mosca, vede la sua rotta gas congiungersi con Opal, il gasdotto che prosegue da Nord Stream I, quello che porta il gas russo in Germania. Anche se il “reverse flow”, il flusso all’indietro, non riportasse proprio il metano russo (la rete è tutta interconnessa), senza le quantità di Mosca attualmente nessuno potrebbe resistere a lungo senza razionamenti, meno che mai esportare.

Le accuse

Bloomberg ha scritto che quattro acquirenti di gas europei hanno già pagato le forniture in rubli e dieci hanno aperto conti che consentono loro di rispettare le nuove regole di Putin. Diverse aziende hanno affermato che continueranno a pagare in euro senza definire chiaramente il meccanismo.

L’Ungheria del leader nazionalista Viktor Orbán ha confermato che aprirà i nuovi conti chiesti dal Cremlino e con lei la Slovacchia. Donald Tusk, l’ex presidente polacco del Consiglio europeo, ha twittato: «Ho sentito che non solo l’Ungheria, ma anche Germania e Austria sono pronte a pagare in rubli». Gazprom ha già inviato lettere alle compagnie indicando le nuove condizioni.

A quanto riferito a Domani da una fonte vicina alla materia, per quanto riguarda l’Italia i contratti Eni prevedono la prossima tranche di pagamento subito dopo la metà di maggio. La compagnia non ha ancora avviato le pratiche amministrative, ma a quanto riporta Bloomberg si starebbe preparando. Lo stesso dilemma riguarda la Germania, paese che, come l’Italia, dovrà far fronte entro maggio ai versamenti previsti dai contratti.

I prezzi del gas in Europa sono aumentati del 24 per cento a seguito della dichiarazione di Gazprom sulla sospensione delle consegne, arrivando a circa 125 euro per megawattora. Von der Leyen ha detto che quanto accaduto «mostra ancora una volta l’inaffidabilità della Russia come fornitore di gas – un punto che Mosca continua a contestare –. Siamo preparati per questo scenario. Siamo in stretto contatto con tutti gli stati membri. Abbiamo lavorato per garantire consegne alternative e i migliori livelli di stoccaggio possibili in tutta l’Ue». Ma al momento l’obiettivo sembra lontano.

Gli stoccaggi europei da 120 miliardi di metri cubi, si legge nella relazione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sulla sicurezza energetica pubblicata ieri, al momento sono al 29,2 per cento, quelli italiani al 32,5 per cento.

L’Autorità per l’energia ha dovuto varare incentivi di emergenza per il riempimento degli stoccaggi. Le temperature per adesso sono miti, ma se venissero interrotte le forniture il vero problema arriverà in inverno, la stagione che da sempre è alleata della Russia. Ben prima di allora tutti i paesi dovranno decidere come muoversi.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi il 10 maggio si recherà negli Stati Uniti ed è atteso a breve il sesto pacchetto di restrizioni contro la Russia che dovrebbe colpire il petrolio. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intanto, ha appoggiato ancora una volta la strada delle sanzioni.

 

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