Cosa è successo davvero tra l’istituto di ricerca Spallanzani di Roma, centro di eccellenza sulle malattie infettive, e la Russia di Vladimir Putin? Perché l’Italia, ai tempi dei governi Conte, si è prestata a una operazione di politica sanitaria e propaganda gestita direttamente dal Cremlino? Quali interessi c’erano in gioco? Nell’inchiesta di Andrea Casadio ecco finalmente le risposte.


Quando, a inizio dell’anno 2020, scoppiò la pandemia di COVID-19, molte nazioni del mondo e le più grandi compagnie farmaceutiche si lanciarono in una corsa frenetica a chi produceva per primo il vaccino. Erano spinti non solo da motivazioni umanitarie – solo il vaccino avrebbe potuto salvare la vita di milioni di esseri umani – ma anche da enormi interessi economici e profonde questioni di orgoglio geopolitico.

La nazione che avesse per prima sviluppato un vaccino avrebbe potuto fregiarsi della medaglia di salvatore dell’umanità. E l’azienda che avesse brevettato un vaccino avrebbe potuto ricavare guadagni immensi, poiché esso andava somministrato a ciascuno dei 7 miliardi di abitanti della terra.

Ma una nazione e un governo più degli altri lottarono per arrivare primi in questa contesa: la Russia di Vladimir Putin. Difatti, già l’11 agosto 2020, solo otto mesi dopo l’inizio della pandemia, Putin annunciò trionfalmente: «Stamattina per primi al mondo abbiamo registrato un vaccino contro la nuova infezione da coronavirus. Il vaccino è stato chiamato Sputnik V, è molto efficace, aiuta a sviluppare l’immunità, ed ha superato tutti i trial necessari».

Poi, comunicò che il vaccino, creato dagli scienziati dell’Istituto Gamaleya, un centro di ricerca microbiologica statale con sede a Mosca, era già stato inoculato a medici e personale sanitario, ed già aveva avuto inizio la fase 3 della sperimentazione, cioè la somministrazione a un campione di qualche migliaio di persone.

Il nome Sputnik V, dove V sta per vaccino, era un parto della mente fertile di Kiril Dmitriev, direttore del Fondo Russo di Investimento Diretto (Rdif), il fondo sovrano che è il principale finanziatore del vaccino. Il nome evocava quello del primo satellite della storia, che i russi lanciarono nel 1957, battendo gli americani. «Lo Sputnik V sarà il primo vaccino contro il Covid al mondo. La Russia arriverà prima, come sempre», aveva detto Dmitriev. E così era stato.

Come convincere il mondo

C’era – e c’è- un problema. Il vaccino era stato approvato solo dal Ministero della Salute Russo. Da quel giorno nessuna delle organizzazioni sanitarie mondiali - come l’Oms -, e delle maggiori agenzie internazionali che supervisionano ed approvano farmaci e vaccini, come l’americana Fda, l’europea Ema, o l’italiana Aifa – hanno ricevuto dagli scienziati russi una documentazione sufficiente che mostri se, come, e dove abbiano sperimentato il loro vaccino prima in vitro, poi sugli animali e infine sugli uomini, provando che è sicuro ed efficace.

A dir la verità, gli scienziati dell’istituto Gamaleya hanno pubblicato due articoli su Lancet, una prestigiosa rivista scientifica. Nel primo, dal titolo Sicurezza e immunogenicità di un vaccino a vettore virale contro il Covid-19, hanno scritto che il loro vaccino è efficace nel proteggere dalla malattia e dalla morte. Però, molti scienziati lo hanno criticato perché lo studio è stato condotto su un numero troppo esiguo di individui - solo 38-, inoltre, i dati sembrano aggiustati e manipolati: insomma, hanno accusato i russi di avere barato. Gli scienziati russi hanno risposto: «Forniremo i dati dei singoli partecipanti su richiesta e li renderemo pubblici e condivisibili su una piattaforma online sicura». Ma non lo hanno fatto mai.

Nel secondo articolo, dal titolo Sicurezza e immunogenicità di un vaccino a vettore virale contro il COVID-19, gli scienziati del Gamaleya hanno illustrato uno studio molto più ampio, condotto su circa 22.000 adulti, che dimostra che lo Sputnik ha un’efficacia di oltre il 90 per cento, ma non dicono quanti e quali eventi avversi si siano verificati.

Hanno solo scritto: «Poiché gli eventi avversi gravi sono stati pochi, i dati completi su questi saranno forniti in una pubblicazione successiva», che non è arrivata mai. E i dati sulla sicurezza di Sputnik V non sono mai stati forniti a nessuna delle grandi agenzie internazionali di autorizzazione dei vaccini, ragione per cui il vaccino in molti paesi del mondo non è stato ancora approvato.

Ma il presidente Putin e i suoi amici del Fondo Russo di Investimento non si sono dati per vinti, poiché gli interessi economici e il prestigio geopolitico in ballo sono troppo importanti.

Gli amici argentini

07 April 2022, Argentina, Garin: Employees of the pharmaceutical company mAbxience work in quality control. The company's facility produces 3 million doses of AstraZeneca's Corona drug and 100 kilograms of monoclonal antibodies annually. The company also specializes in cancer and immune diseases. In 2022, Fresenius announced the purchase of a 55 percent stake in mAbxience. Photo by: Florencia Martin/picture-alliance/dpa/AP Images

Abbiamo già raccontato come Putin abbia fatto accordi con l’Italia affinché il vaccino Sputnik fosse sperimentato all’istituto Spallanzani a Roma, e a spese nostre. Qualcosa di simile è accaduto anche in Argentina, paese amico della Russia.

L’Argentina è stato il primo paese del Sudamerica ad acquistare lo Sputnik V per vaccinare i suoi cittadini. Il 23 dicembre 2020, l’Ente regolatore per i farmaci di Buenos Aires ne approva l’utilizzo. Il 29 dicembre, Il presidente dell’Argentina, Alberto Fernández, peronista, annuncia che le prime 300.000 mila dosi del vaccino sono arrivate dalla Russia, e dà il via alla campagna di immunizzazione nazionale.

Però, nel paese infuria la polemica, scientifica e politica: molti sostengono che mancano troppe informazioni e dati sull’efficacia e la sicurezza dello Sputnik. Interviene il presidente Fernández in persona, che dichiara: «Molti criticano la qualità del vaccino russo. Non ho dubbi che sia di altissima qualità. Sarò il primo a farmi vaccinare».

Gli interessi in ballo sono enormi. Da quel momento, diversi gruppi di scienziati argentini pubblicano alcuni studi su riviste scientifiche minori che vorrebbero dimostrare l’efficacia e la sicurezza del vaccino Sputnik V. In uno di questi, dal titolo Analisi a lungo termine degli anticorpi indotti dal vaccino Sputnik: uno studio condotto a Tucuman, in Argentina, gli scienziati arrivano persino a scrivere: «Il vaccino Sputnik V ha ricevuto l’autorizzazione all’uso di emergenza in 70 nazioni ed è stato somministrato a 10 milioni di persone nel mondo. Tuttavia, ci sono pochissimi studi sottoposti a revisione scientifica che descrivano i suoi effetti. Ricerche indipendenti sulla sua sicurezza ed efficacia potrebbero accelerare la sua approvazione finale da parte dell’Oms». Beata sincerità.

Il 21 aprile 2021, il Fondo Russo per gli investimenti diretti e la società farmaceutica argentina Laboratorios Richmond SACIF annunciano che nei laboratori sudamericani della compagnia è iniziata la produzione del primo lotto del vaccino russo Sputnik V. La produzione su vasta scala del vaccino – 500 milioni di dosi l’anno, a 10 dollari l’una, fate voi il conto dell’enorme giro di affari - dovrebbe iniziare a giugno.

La strategia del Cremlino è chiara. Dato che gli enti di supervisione internazionali sono giustamente esigenti, si rivolge a singoli Stati amici dove è più facile fare approvare lo Sputnik, e in cambio permette a quegli Stati di produrre in casa loro il vaccino. Tutti ci guadagnano, e tutti sono contenti.

I problemi di Sputinik in Argentina

An empty box that once held Russian Sputnik vaccines for COVID-19 sits with other empty boxes at a vaccination center in Guatemala City, Tuesday, March 1, 2022. Health authorities in Guatemala say over a million doses of the Russian Sputnik coronavirus vaccine have expired, because nobody wanted to take the shot. (AP Photo/Moises Castillo)

Pochi mesi dopo, nel luglio del 2021, Il giornale argentino La Nacion fa uno scoop . Pubblica una mail che Cecilia Nicolini, politologa, docente universitaria e principale consigliere del presidente argentino Alberto Fernández, il 7 luglio ha inviato ad Anatoly Braverman, braccio destro di Kirill Dmitriev, direttore del Fondo diretto di Investimento russo e, per conoscenza, al ministro della Salute argentino, la dottoressa Carla Vizzotti.

La mail di Nicolini si apre con una confessione: «Come vi ho accennato oggi, siamo in una situazione molto critica. Speravamo che dopo la conversazione che tu, Carla, Kirill e io abbiamo avuto un paio di settimane fa, le cose sarebbero migliorate. Ma sono peggiorate». Il funzionario spiega che del milione di dosi di Sputnik promesse ne sono arrivate solo 550.000, e il presidente è in apprensione.

Poi, Nicolini confessa all’uomo di Putin che il governo argentino è in difficoltà perché l’opposizione preme per acquistare dosi del vaccino americano Pfizer, l’unico approvato per l’età pediatrica, così scrive una richiesta quasi in ginocchio: «Abbiamo recentemente emanato un decreto presidenziale che ci permette di firmare contratti con aziende americane e di ricevere donazioni dagli Stati Uniti. Le proposte e le consegne sono per quest'anno e includono anche i vaccini pediatrici. Abbiamo chiesto al vostro team di stilare un protocollo per uso pediatrico che ci permettesse di condurre uno studio qui, ma non abbiamo ancora ricevuto nulla». Il senso sottinteso è: «Se continuate ad ignorarci, ci toccherà comprare il vaccino dagli Stati Uniti».

Nicolini prosegue: «Infine, la produzione locale è stato un grande passo per tutti noi. Il nostro presidente ha partecipato all'evento di lancio, aspettando anche più di 2 ore. Siamo molto felici e supportiamo molto la Richmond. Vi chiediamo solo di avere i primi risultati entro il 9 luglio, poiché è una data molto importante per noi, il Giorno dell'Indipendenza, che è molto significativo. Richmond ha spedito le prime dosi per superare il controllo di qualità il 16 giugno. Ci era stato detto che questo processo poteva richiedere dai 10 ai 15 giorni. Le dosi sono in Russia ormai da più di 21 giorni… È il 7 luglio e non è ancora pronto e non sarà pronto per il 9 luglio, come le ha gentilmente chiesto il Presidente, visti i giorni che ci vogliono. Speriamo che prestiate un'attenzione particolare a questa, che è stata l'unica e più importante richiesta del presidente Fernández ed è stata, ancora una volta, una delusione per lui e per il paese».

La chiusura della lettera di Nicolini è commovente. Ribadendo la sua speranza che i russi, che non rispondono nemmeno ai suoi messaggi, inviino al più presto i vaccini, il consigliere elenca tutto ciò che il governo Fernández sta facendo per quello di Putin: «Presto sarà pubblicato un nuovo studio su una rivista specializzata sull'efficacia di Sputnik, la sua efficacia dopo 6 mesi e i suoi effetti contro nuove varianti. Abbiamo sempre risposto facendo tutto il possibile per fare sì che lo Sputnik V abbia il maggior successo possibile, ma ci stai lasciando pochissime possibilità per continuare a lottare per te e per questo progetto! E come ho anche detto una volta, stiamo subendo persecuzioni legali come funzionari pubblici a causa di questi ritardi, che mettono a rischio il nostro governo».

Lo studio contestato

Quel che Nicolini promette alla fine arriva davvero. Il 15 marzo 2022, sulla prestigiosa rivista Lancet un gruppo di scienziati argentini pubblica un articolo dal titolo: Efficacia dei vaccini rAd26-rAd5 (Sputnik V), ChAdOx1 nCoV-19 (Astrazeneca), e BBIBP-CorV (Sinopharm) contro il rischio di infezione e morte da SARS-CoV-2 in individui di età superiore ai sessant’anni in Argentina”.

Si tratta di uno studio che paragona l’efficacia del vaccino russo Sputnik V a quella dello Astra Zeneca e del Sinopharm (un vaccino cinese) nel prevenire l’infezione e la morte da Covid-19 in un campione di 1,2 milioni di argentini di età superiore ai sessant’anni, vaccinati tra gennaio e settembre 2021. I ricercatori argentini concludono il vaccino russo ha un’efficacia del 93 per cento, pari a quella di AstraZeneca, e superiore a quella del Sinopharm.

Ma un gruppo di autorevoli scienziati scrive una lettera al giornale avanzando una lunga serie di critiche. Se si guarda con attenzione l’articolo, si trovano errori puerili. Nella tabella che riassume i dati, si legge che tra i vaccinati con il Sinopharm ci sono 18.733 morti su 95.519 infetti.

Di questi morti, 5.208 sono ultraottantenni, pari – scrivono gli autori- al 27,8 per cento del totale; il problema è che poco più sopra, scrivono che 7.434 dei morti totali sono sessantenni, pari di nuovo… al 27,8 per cento. Un errore evidente. Nella stessa tabella, gli autori scrivono che nella fascia di età 60-69 anni, il 49,7 per cento sono donne, e… l’80,7 uomini: il totale fa più del 100 per cento. La stessa tabella è zeppa di altri errori imperdonabili.

Non finisce qui. L’efficacia dei vaccini nel prevenire la mortalità viene mostrata attraverso alcuni grafici speciali, dette curve di Kaplan-Meier, che rappresentano la probabilità di sopravvivenza nel tempo per i vaccinati e i non vaccinati, con i vari prodotti in esame. Se si confrontano i grafici per Sputnik e Astrazeneca, si scopre che le curve sono le stesse: i grafici sono l’uno la copia dell’altro.

Siccome il lavoro conclude che la protezione dalla morte è molto simile fra Sputnik e Astra Zeneca, questo è un dato cruciale, ed è probabilmente manipolato perché è praticamente impossibile che due vaccini nel tempo abbiano una identica efficacia.

Ma manca la sorpresa più grande. L'autore principale dell’articolo - quello che di norma viene indicato per ultimo ma che ha ideato e supervisionato lo studio- chi è? E’ la dottoressa Carla Vizzotti, il ministro della Sanità argentino in persona, che nella prima versione dell’articolo aveva scordato di indicare, come avrebbe dovuto, questo suo lieve conflitto di interessi.

Insomma, il principale autore di quello studio è un membro del governo che si è speso fin da i primi giorni della pandemia per introdurre lo Sputnik V in Argentina.

Una cosa è chiara: lo Sputnik V doveva vincere a tutti costi perché il governo argentino non poteva sopportare un fallimento politico, e il governo russo non poteva perdere la guerra geopolitica dei vaccini e quegli enormi guadagni. Poi è arrivata la guerra, quella vera, e tutto è saltato in aria.

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