Più si avvicinano le Europee, più il panorama politico inizia a ribollire. Sono in corso movimenti a destra della destra di Giorgia Meloni, dove in molti sono decisi a contendersi lo spazio politico dei nostalgici della vecchia Fratelli d’Italia dura e pura, che non ne hanno apprezzato la nuova veste istituzionale.

Il più attivo è l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha scelto come cifra l’opposizione al governo: dal no alla guerra in Ucraina a quello alla riforma del premierato. Non solo, però: anche la Lega si sta attivamente muovendo per lanciare un’opa ostile su questa fetta di elettorato, puntando a togliere consenso alla presidente del Consiglio. Il punto di incontro di questi due mondi ostili a Meloni ha un nome e anche un grado: il generale Roberto Vannacci.

Chi lo considerava una meteora, come alcuni esponenti del governo, sembra aver sbagliato i suoi conti. Pur sparito dai palinsesti televisivi da qualche mese, il numero di copie del suo libro Il mondo al contrario ha continuato a salire fino oltre quota 200mila e lui stesso spiega con una punta d’orgoglio che «se dovessi accettare tutti gli inviti a presentarlo, avrei il calendario pieno fino alla prossima estate».

Proprio questi numeri spaventerebbero il mondo vicino a Meloni: con il suo ultimo libro la premier ha venduto “appena” 26mila copie e su questo divario viene pesato l’effetto di una possibile candidatura di Vannacci. Anche per questo il generale fa gola a molti in vista di una scadenza elettorale come quella di Bruxelles, che ha connotati particolari: collegi smisurati su cui confrontarsi e la necessità di essere molto noti per competere a livello di preferenze, spiccando tra i molti candidati.

Non a caso Vannacci è stato corteggiatissimo dalla Lega, con il vicepremier Salvini che lo ha anche pubblicamente difeso, ma anche da Alemanno, che questo fine settimana dovrebbe fondare il suo nuovo movimento, il Forum per l’Indipendenza Italiana. Entrambi hanno tentato di cooptare il generale, lusingandolo con offerte politiche.

Lui, però, si è sempre tenuto ben distante: «Per ora faccio il mio mestiere, che è quello di soldato», ribadisce al telefono sorridendo, ma aggiungendo sibillino: «Non mi ipoteco il futuro, però. Nulla esclude che potrei fare altro: l’imprenditore, occuparmi di relazioni internazionali ma anche la politica, perché no». Perché no, infatti? «Sono un uomo che ha impostato la sua vita scegliendo sulla base delle passioni, non della convenienza. Se deciderò di intraprendere una nuova strada, sarà la passione a guidarmi».

Vale il 4 per cento

Se davvero fosse la politica la nuova passione del generale, un sondaggio nelle mani dell’area politica a lui più affine sarebbe già pronto e lo porterebbe in una direzione ben precisa: un suo movimento personale, senza Salvini o Alemanno a fargli ombra, potrebbe valere il 4 per cento o anche qualcosa di più alle Europee. Tradotto: avrebbe buone chances di superare la soglia di sbarramento. Soprattutto, potrebbe togliere voti a FdI e alla Lega. Tuttavia, per ottenere un seggio in Europa, non basta avere un profilo molto noto e agevole accesso ai salotti televisivi dove trovare tribuna.

L’altra caratteristica essenziale, infatti, è quella di una ragionevole disponibilità economica anche solo per riuscire a organizzare una campagna elettorale in un collegio molto grande (una cifra da mettere in conto per i candidati dei partiti maggiori è di circa 250 mila euro), ma anche per raccogliere le firme necessarie in caso di corsa solitaria. Se davvero Vannacci scegliesse la strada autonoma, come qualcuno a Palazzo Chigi teme, dovrebbe trovare anche appoggi economici per sostenerne l’ambizione.

Tutta fantapolitica, almeno per ora, ma ambienti vicini al governo confermano che un eventuale esperimento Vannacci impensierisce Fratelli d’Italia ben più dei progetti di Alemanno. Non sarebbe un caso che un giornale d’area come la Verità – che aveva eletto Vannacci a suo beniamino della libertà contro il politicamente corretto – ora abbia fatto dietrofront e, con un editoriale di Mario Giordano, abbia espresso «delusione», accusandolo di essersi imborghesito.

Tranquillo e sicuro di sé, Vannacci non si scompone, ma ricambia la delusione e rinnega qualsiasi imborghesimento. Anzi, scherza, «so che qualcuno mi ha visto girare per Firenze in uniforme». Cosciente delle aspettative che sono fiorite intorno alla sua persona, preferisce lasciare che i suoi detrattori vecchi e nuovi si arrovellino nel dubbio di quale sarà la sua prossima mossa. Nel frattempo, dice, «sono serenissimo e per ora procedo con la mia attività professionale a Firenze, in attesa del nuovo incarico adeguato al mio grado, che mi è stato prefigurato. Non dovrebbe mancare molto, ormai». Nessuna preoccupazione di sorta nemmeno di conseguenze disciplinari dopo la pubblicazione del libro: «Non sono mai stato né sospeso né rimosso, a differenza di quanto ha scritto qualcuno».

Eppure, un progetto in cantiere ci sarebbe. La sua vena autoriale non si è ancora esaurita e anzi, «ho parecchi pezzi scritti tempo addietro che non sono stati inclusi nel libro». E uno di questi, guarda caso, è sulla scuola: uno dei temi che oggi è al centro del dibattito politico. «Lo avevo abbozzato per Il mondo al contrario ma poi lo avevo lasciato fuori», spiega. E quale momento migliore del presente per farlo, magari con una campagna elettorale da costruire e una lista personale da lanciare.

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