Nei giorni in cui i Cinque stelle del Lazio spingono “a sinistra” tutto il racconto di sé stessi per scippare il piazzamento al Pd alle regionali, l’inciampo è arrivato dal Campidoglio.

Non a caso: perché nel condominio post-grillino, il comune di Roma è l’appartamento dell’ex sindaca Virginia Raggi. Che non se n’è andata via con Alessandro Di Battista e non ha contrastato la strada del partito di Conte, ma resta scettica sulla via  progressista imboccata dalla baracca.

Prova ne è l’irritazione con cui ha accolto la notizia che la candidata Donatella Bianchi, che già non suscitava il suo entusiasmo, non l’aveva votata alle comunali, preferendole Roberto Gualtieri: una battuta innocente subito rettificata («Parlavo del ballottaggio, al primo turno non ho votato, ero in mare») per evitare rappresaglie interne. 

Oggetto dell’inciampo, l’assunzione di duemila lavoratori da parte del comune tramite Ama. La vicenda si trascina da anni. Nel suo mandato Raggi non era riuscita a risolverla, accollandosi le contestazioni degli interessati. Gualtieri invece l’ha portata in aula Giulio Cesare fra gli applausi del pubblico presente.

Il provvedimento

La «deliberazione n° 49», approvata il 2 febbraio, prevede che la società Roma Multiservizi venga completamente acquistata da Ama Spa (aveva già il 51 per cento) di cui Roma Capitale è unico socio, «al fine della costituzione di una società in house per l’affidamento del servizio scolastico integrato di competenza di Roma Capitale». A convincere l’assemblea una “due diligence” curata dalla società di revisione Deloitte che ha valutato che il servizio, tornato tutto nelle mani del comune, sarà più efficiente e costerà meno. 

A guadagnarci saranno 40.688 bambini da zero a sei anni che ricevono, a vario titolo, le cure di duemila lavoratori in 550 strutture comunali dove, si legge nella delibera, «vengono assicurati i servizi di pulizia e ausiliariato nei plessi di nido a gestione diretta e di scuola dell’infanzia comunale, l’assistenza al trasporto degli studenti della primaria, della secondaria di primo grado e degli studenti con disabilità anche di secondaria di secondo grado». La due diligence garantisce che la scelta favorirà «l’innalzamento della qualità erogata».

«Abbiamo scelto di riconoscere che il servizio scolastico integrato è di interesse generale e, per questo, deve essere sottratto alla logica di mercato», spiega il sindaco Gualtieri. «Dopo un costante confronto con le parti sociali abbiamo verificato come la reinternalizzazione sia la scelta più sostenibile sotto il profilo dei conti, più giusta rispetto ai diritti dei lavoratori e più coerente per raggiungere gli obiettivi di universalità, inclusione e socialità necessari alla costruzione di una vera comunità educante», ha aggiunto.

Esulta l’ala “izquierdista” della giunta. Secondo Laura Pratelli, assessora alla Scuola, «vengono stimati risparmi da 2,4 milioni a 6,1 milioni di euro ogni anno».

Soddisfatto anche Andrea Catarci, assessore alle Politiche del personale: «Si aumentano le garanzie per lavoratrici e lavoratori e si sceglie la gestione pubblica, che oltre a una maggior qualità del servizio assicura convenienza alle casse comunali».

Cartarci va oltre e inserisce la delibera nell’elenco delle scelte “sociali” della giunta Gualtieri: il nuovo Regolamento per la gestione del patrimonio indisponibile, «finalizzato a ricostruire legami e progettualità comune con il mondo dell’associazionismo, del volontariato, dei centri sociali e del terzo settore»; e la delibera 1/22 che «ha esteso a chi vive in disagio abitativo i diritti fondamentali prima negati, dall’iscrizione anagrafica agli allacci delle utenze di acqua ed energia, con la possibilità di ottenere il medico di base e la scuola per i piccoli. Roma non attua le discriminazioni vendicative contro chi già soffre volute dall’articolo 5 del decreto Lupi», o meglio Renzi-Lupi, che vieta la residenza e l’allaccio delle utenze a chi ha occupato immobili e alloggi.

Raggi imbarazza

Tutto bene? Non per i Cinque stelle. O, meglio, non per la pattuglia del Campidoglio. In aula Raggi ha snocciolato una lunga serie di obiezioni «di metodo», e infine ha annunciato un esposto alla Corte dei Conti. Fra i fischi. L’ex sindaca ha accusato il successore di una scelta per interessi elettorali, alludendo alla campagna per le regionali, dove Gualtieri è grande sponsor di Alessio D’Amato, candidato presidente del centrosinistra e del Terzo Polo

Eppure la questione è rimasta mediaticamente sottotraccia. E anche da parte Cinque stelle. E per gli stessi motivi elettorali che Raggi ha attribuito a Gualtieri: in piena caccia di voti, non è una buona idea contestare al sindaco la stabilizzazione di duemila lavoratori (votanti, con famiglie). Obiettivo che peraltro la sindaca non era riuscita a raggiungere.

«Perché aveva tenuto sulla vicenda un approccio ragionieristico, suffragato dalla convinzione che fosse ineluttabile la strada opposta», è la versione di Catarci. Sulla freddezza del movimento pesa anche il sospetto che Raggi abbia ormai un’agenda tutta sua, divergente dalla strategia di Conte di accreditarsi paladino dei lavoratori e amico della Cgil di Maurizio Landini; non a caso nella lista del Polo Progressista, alleata al M5s, sono stati stesi tappeti rossi alla candidata Tina Balì, già segretaria nazionale della Flai, la federazione dei lavoratori agricoli.

Raggi resta sola, dunque. Non nel gruppo capitolino, che l’ha seguita senza discutere. Ma sola, solissima da Marco Aurelio in giù: anche perché nel merito sono in pochi ad essere convinti delle sue contestazioni a Gualtieri. Certo non quelli che guardano a sinistra.

Per esempio Stefano Fassina, già consigliere comunale di Sinistra italiana ma oggi fra i promotori del Polo Progressista, applaude alla scelta del sindaco: «Il mio giudizio sulla delibera? È positivo. È l’obiettivo che ho inseguito per cinque anni. E il progetto ora va attuato». 

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