Sulle puntate di Report (e degli altri programmi d’approfondimento che hanno fatto la storia della Rai come Petrolio e Presa Diretta) sforbiciate, il microfono passa di mano in mano, ma di certezze alla fine ce ne sono poche.

Come nel gioco del cerino nessuno vuole essere il dirigente che certifica la riduzione delle puntate dei programmi d’inchiesta dal palco della presentazione dei palinsesti autunnali. Non il coordinatore dei generi Stefano Coletta, non il direttore degli Approfondimenti Paolo Corsini, non il capo dei palinsesti Maurizio Imbriale. Meno di tutti, l’ad Giampaolo Rossi, che vuole godersi appieno la presentazione dei primi palinsesti tutti “suoi”. 

La sua introduzione – più simile a dire il vero alla relazione da congresso di un segretario di partito della prima repubblica, con tanto di podio e discorso scritto da leggere – insiste sui buoni risultati dell’ultima stagione, ma rimarca soprattutto il binomio del “noi” e il “loro”, dove il “noi” della governance meloniana continua a sentirsi costantemente sotto attacco. 

«Il fatto di percepire una minaccia costante è contemporaneamente la debolezza e il motore di questo posto» racconta un dirigente prima dell’inizio della conferenza stampa. «Ma il risultato è un clima di costante precarietà, prima ancora di proporre qualcosa si pensa a cosa diranno gli altri della Rai se la si implementa». 

Ed effettivamente, dopo i saluti istituzionali – come da tre anni a questa parte, cioè da quando i palinsesti si presentano a Napoli, il più portato per lo spettacolo è il presidente di Regione Vincenzo De Luca, che si lancia in un accorato appello per l’attenzione ai fatti di Gaza – Rossi e i suoi snocciolano un palinsesto caratterizzato per lo più da riconferme. Le “sorprese” sono il ritorno di Roberto Benigni con una serata su San Pietro, la «linea mistery e sentimentale» per Whoopi Goldberg in Un posto al sole e la produzione di Raiplay Minimarket con Kevin Spacey. 

Per il resto, presentando il racconto infinito-storia infinita di Rossi-Atreju, l’amministratore delegato rivendica che i tagli sull’offerta informativa sono «cose false» e che la Rai propone l’offerta informativa più ampia in assoluta tra i broadcaster.

Una zampata arriva anche a Sigfrido Ranucci: per la difesa della Tgr – il conduttore di Report aveva detto che le inchieste nelle redazioni regionali non si possono fare per gli interventi dei «mafiosi locali» – l’ad usa le parole del direttore di testata in area Lega Roberto Pacchetti, una carezza non passata inosservata tra i dirigenti di fede meloniana.

Per il resto, quelle di Ranucci e compagnia sono «polemiche esagerate» e le uscite di palinsesto, oltre alle revisioni della durata dei programmi, sono “colpa” di altri: un po’ del governo, che ha ridotto i fondi a disposizione, un po’ dell’indicazione di riorganizzare i palinsesti, «riducendo la frammentazione che disorientava il pubblico» come spiega Coletta. 

I nomi: Chiambretti, Cattelan e Barbara D’Urso

E poi, «chi vivrà vedrà». Negli ultimi giorni la risposta che dava l’azienda a chi chiedeva del destino di Petrolio, Il fattore umano e le altre produzioni “in bilico” era che se ne sarebbe riparlato nel 2026. Una linea che ora si è allargata anche agli altri potenziali tagli. Tradotto: i palinsesti presentati arrivano al 31 dicembre 2025, poi si vedrà. Anche se su ogni possibilità di ristabilire il numero di puntate originario delle trasmissioni si allunga l’ombra di Olimpiadi invernali e Mondiali, ma dell’estate ‘26 si parlerà non prima di febbraio-marzo.

Dovrebbe rientrare Piero Chiambretti con il suo programma d’interviste, mentre è fuori Alessandro Cattelan: su di lui – e sul suo “potenziale pubblicitario” – si espone Coletta, in disaccordo con Williams Di Liberatore, che debutta al suo primo palinsesto da direttore del prime time. Il coordinatore l’avrebbe tenuto volentieri «ma non credo il direttore veda per lui un futuro».

Il dossier Barbara D’Urso, invece, sembra solo rimandato: a domanda diretta Di Liberatore si rifugia nel terreno dei «contatti preliminari», scegliendo di non chiudere alla possibilità di portare la conduttrice in Rai (e incorrere così nelle ire di Marina Berlusconi che, dicono, la settimana scorsa ha detto il “no” definitivo allo sbarco di D’Urso sul servizio pubblico). 

Le novità vere e proprie sono poche, c’è Elisa Isoardi che prende il posto di Emma D’Aquino il sabato pomeriggio, Angelo Mellone si dice fiero di aver recuperato un prodotto storico come Uno Mattina News, dove un inossidabile Tiberio Timperi sarà affiancato da «un volto del Tg1», come recita la brochure. Uno spazio che torna così in mano al day time, dacché era cresciuto parecchio come ascolti quando era di gestione esclusiva del notiziario della rete ammiraglia. 

Il racconto infinito è turbato dalla nuvola del bando di gara per il festival di Sanremo, ma Rossi promette che «la Rai farà il suo festival». Se non in Liguria, sottointeso, un altro posto si troverà. Il resto è «immaginario nazionale» (copy dell’ad).

In cosa si rifletta, purtroppo, non è dato sapere: l’ad ritrova la sua identità da intellettuale, «Bussola» di Colle Oppio e parla di un paese «che si identifica nella complessità», un immaginario che si riflette «nella pluralità dei racconti, perché una nazione che non si racconta viene raccontata dagli altri». Qualche titolo? «Mameli, la prima rockstar della storia».

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