Roberto Poletti, attualmente conduttore Mediaset, è in lista per l’esame dedicato ai precari di viale Mazzini che dovrebbero essere assunti in pianta stabile tra redazioni nazionali e regionali. Intanto, va avanti il percorso della riforma: le opposizioni chiedono di intervenire su tutte le storture che si sono verificate in questi due anni di occupazione da parte della destra. Tensioni sul caso Floridia-Sechi
Conquistare uno dei preziosi posti che consentiranno la stabilizzazione in Rai: è questo l’obiettivo degli ammessi all’esame con cui saranno assunte in pianta definitiva alcune centinaia di precari storici della tv pubblica. Tra loro, c’è anche un candidato d’eccezione, Roberto Poletti. Attualmente in forze a Mediaset come conduttore a 4 di Sera Weekend al fianco di Francesca Barra, l’ex direttore di Radio Padania ha firmato nel 2015 una biografia di Matteo Salvini.
Negli ultimi anni è rimbalzato tra il Biscione e la Rai. Nel 2019 ha fatto scalpore per il suo sbarco a Unomattina, dove gli è capitato perfino di intervistare l’oggetto del suo lavoro, il segretario che definisce «mio amico». All’epoca spiegava a Repubblica di essere stato preso «perché parlo alla pancia del paese». Negli anni a seguire, è stato inviato della Vita in diretta, poi un programma a Isoradio (da sempre cantera delle voci e dei volti in quota Lega), successivamente ancora un incarico da opinionista a Mediaset, in Zona bianca e poi, nella stagione ‘23-’24 lo sbarco su Radio1 quando il direttore gradito alla Lega Franceso Pionati gli ha affidato Il caffè di Radio1.
E ora, a quanto pare, potrebbe entrare di diritto in azienda con la stabilizzazione per cui combattono da anni i tanti precari impiegati soprattutto nei programmi giornalistici e d'intrattenimento: ci sono una manciata di posti nelle redazioni nazionali, mentre gli altri che supereranno l’esame saranno assegnati alle sedi regionali della Rai.
Riforma ed emendamenti
Nel frattempo, maggioranza e opposizione hanno consegnato gli emendamenti al testo base della riforma Rai incardinata al Senato. Le opposizioni hanno già annunciato di voler depositare un testo alternativo quando la riforma arriverà alla Camera, ma nel frattempo - consapevoli che la convergenza della maggioranza sulle proposte di modifica al momento sembra difficile - hanno presentato emendamenti condivisi che vertono soprattutto sul rispetto dell’Emfa, la certezza dei fondi assegnati al servizio pubblico e il merito della missione del servizio pubblico sia stabilito dalla commissione di Vigilanza Rai. Le proposte di modifica riguardano anche le caratteristiche che dovranno avere i futuri consiglieri d’amministrazione e vieterebbe la privatizzazione di asset strategici, versante del testo elaborato dalla maggioranza particolarmente caro alla Lega.
Ci sono poi una serie di emendamenti formulati specificamente dal Movimento 5 stelle che ripercorrono i due anni di occupazione della tv pubblica da parte della destra e stigmatizzano gli atteggiamenti predatori messi in atto dalla maggioranza. Si inizia con «in prossimità delle consultazioni elettorali, il presidente del Consiglio non può partecipare a programmi d’intrattenimento»: il riferimento è al pastarella-gate di Giorgia Meloni, che a Domenica in di qualche settimana fa era intervenuta per sostenere in prima persona la corsa della cucina italiana per il riconoscimento del patrimonio Unesco.
Ma c’è anche l’indicazione di «non sospendere o ridurre la programmazione delle trasmissioni di giornalismo d’inchiesta per motivi politici o di interesse governativo», oppure quella di non «procedere alla modifica ovvero alla sospensione o alla riduzione dei programmi in palinsesto in base alle opinioni politiche del conduttore». A seguire, il divieto di «trasmettere interventi integrali del presidente del Consiglio» in prossimità di consultazioni elettorali, come succedeva regolarmente sulla Rainews a gestione Paolo Petrecca.
E ancora, la vicenda Atreju: «Costituisce causa di incompatibilità con il ruolo di direttore dell’Approfondimento della Rai aver pubblicamente espresso o svolto la propria militanza nell’ambito della forza politica espressione del presidente del consiglio dei ministri» come fece Paolo Corsini qualche anno fa. C’è anche un riferimento a un caso più recente: «I direttori dei programmi di informazione giornalistica della Rai non possono ricoprire ruoli di portavoce» del premier.
A Gian Marco Chiocci devono essere fischiate le orecchie. I Cinque stelle mandano un messaggio anche in direzione Parigi: «È vietato l’utilizzo dei telegiornali per consentire a un ministro di provare a giustificare scandali relativi alla sua sfera privata». A seguire, articoli relativi al Caso Scurati, alla vicenda Ghali a Sanremo e a contratti di collaborazione poco trasparenti.
Le minoranze in mattinata si sono anche rivolte al presidente del Senato Ignazio La Russa perché sblocchi la situazione in commissione Regolamento, dove la presidente della Vigilanza Barbara Floridia sta cercando di vedere autorizzata almeno la convocazione dell’ad Rai Giampaolo Rossi. Di tutta risposta, la maggioranza si è rivolta a La Russa per segnalare la querelle che è andata in scena lo scorso weekend tra Floridia e Mario Sechi sul destino della Flotilla che per la destra «ha fatto apparire Sechi per quello che non è, ovverosia il fautore di una sorta di affondamento generalizzato di imbarcazioni». Un attacco che il M5s ha definito «manganelli contro la democrazia» e che per il Pd è «strumentale».
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