La legge attuale non tiene conto dell’esperienza personale di bambine e bambini, di adolescenti con background migratorio che vivono in Italia. Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children: «È difficile per chi non ha provato questa situazione capire il vissuto di migliaia di bambini nati o arrivati da piccoli in Italia, che non sono riconosciuti formalmente dalla comunità in cui vivono»
Secondo Save the Children oltre un milione di minori stranieri vivono nel paese senza cittadinanza. Il 65,4 per cento dei 914 mila studenti e studentesse cresciuti in Italia senza cittadinanza è anche nato nel nostro paese. Un numero altissimo di bambine e bambini italiani di fatto, ma non di diritto.
I dati, ancora una volta, raccontano il diritto negato di tanti minori di progettare il futuro in Italia senza attendere tempi lunghissimi e senza scontrarsi con le barriere formali e psicologiche che la mancanza di passaporto italiano comporta. La vittoria del sì al quinto quesito referendario sulla cittadinanza avrebbe un impatto diretto sulla vita di molti minori e adolescenti. Nel referendum, infatti, si chiederà a chi vota se è d’accordo a dimezzare, portando da 10 a 5, gli anni di residenza regolare nel Paese necessari ai maggiorenni con cittadinanza non europea per richiedere la cittadinanza italiana.
Minori e cittadinanza
La normativa sulla cittadinanza, ad oggi, rispecchia una realtà demografica e sociale ormai superata e imperniata sullo ius sanguinis, ovvero l’acquisizione per discendenza da cittadino o cittadina italiana e sulla naturalizzazione a seguito, appunto, di almeno 10 anni di residenza. La legge attuale, però, non tiene conto dell’esperienza personale di bambine e bambini, di adolescenti con background migratorio che vivono in Italia. Che siano nati qui o arrivati al seguito della propria famiglia, i minori non hanno modo di acquisire autonomamente la cittadinanza italiana, e sono perciò legati al destino e allo status dei loro genitori.
Per gli adulti, i tempi per diventare cittadini vanno ben oltre i 10 anni previsti come presupposto della domanda, perché a questi si sommano le lungaggini della fase di esame, della procedura di registrazione e di giuramento. La stessa attesa riguarda i figli più piccoli o adolescenti che, nel frattempo, per anni frequentano le scuole con i coetanei italiani, ma senza avere diritti di cittadini e cittadine. «È difficile per chi non ha provato questa situazione poter capire il vissuto di migliaia di bambini nati o arrivati da piccoli in Italia, che non sono riconosciuti formalmente dalla comunità in cui vivono» dice a Domani la direttrice generale di Save the Children, Daniela Fatarella.
Con i tanti progetti dell'organizzazione sul territorio nazionale, sanno bene quanto ottenere la cittadinanza avrebbe un impatto «sia su aspetti concreti della vita di tutti i giorni che sulla loro capacità di aspirare a un futuro migliore». A oggi, gli ostacoli che bambini e adolescenti si trovano davanti, sono molteplici: «Dover richiedere il visto per partecipare alle gite scolastiche all’estero o a competizioni sportive e soggiorni di studio fuori dai confini nazionali». Senza cittadinanza, inoltre, non possono accedere a borse di studio o partecipare a concorsi pubblici. Spesso sono costretti a perdere giorni di scuola nelle trafile burocratiche per il rinnovo del permesso di soggiorno. «Si sentono diversi – racconta Fatarella – non accettati dal Paese che sentono proprio».
Con la vittoria del sì al referendum sulla cittadinanza dell’8 e 9 giugno, secondo le stime del Centro Studi e Ricerche Idos, i primi beneficiari saranno almeno 284mila bambini e adolescenti, che seguirebbero la condizione giuridica dei genitori naturalizzati.
Povertà e diritti
La questione della cittadinanza, inoltre, si intreccia al tema della povertà. In Italia c’è una vera e propria emergenza: vi sono 1 milione 295 mila i minori in povertà assoluta. Sono proprio i giovani i più colpiti tra le generazioni, a fronte del 6,2 per cento degli anziani over 65. Per Fatarella si tratta di «una grave ingiustizia sulla quale è fondamentale intervenire perché lede i loro diritti, pregiudicando le possibilità di crescita, i percorsi educativi e il loro benessere».
L’Italia è tra i paesi con la più alta percentuale di minori a rischio povertà ed esclusione sociale, e nel 2024 questa condizione ha colpito quasi 3 minori su 10. Valori più elevati si registrano solo in Grecia, Romania, Spagna e Bulgaria. C’è poi un divario enorme «tra le famiglie con minori composte da soli italiani o da soli stranieri».
Tra le prime, la povertà assoluta colpisce l’8,2 per cento del totale ma raggiunge il 41,4 per cento tra le seconde. Per far fronte a questa emergenza, secondo la direttrice di Save the Children, è urgente prevedere interventi «concreti e strategici, che comprendano un sostegno adeguato alle famiglie e il potenziamento strutturale dell’offerta educativa, scolastica ed extrascolastica». C’è dunque bisogno di un vero e proprio ripensamento del sistema della cittadinanza, una riforma organica «per dare piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o arrivano da piccoli in Italia».
Il referendum rappresenta un’occasione importante per fare un enorme passo avanti che fa bene non solo al futuro di tantissimi ragazze e ragazzi, ma a quello di tutto il Paese. Per Fatarella la campagna referendaria ha insegnato il valore del protagonismo delle reti e dei giovani «che vogliono sostenere i loro coetanei senza cittadinanza e che hanno portato al raggiungimento delle firme necessarie per il referendum». La presidente conclude con un monito: «Speriamo che anche per il voto, il paese si lasci trasportare da questo slancio».
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