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Risparmiamoci la predica apocalittica sull’astensione

LaPresse
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  • Dopo il monologo edificante sulla Costituzione, il momento omoerotico a Sanremo e le putinate di Berlusconi, la lista delle obbligate banalità prevede la contrita riflessione sull’astensione.
  • Quasi tutti i commentatori assicurano che quel 60 per cento di elettori che è rimasto a casa non è da leggersi come fatto contingente, ma come problema strutturale e dramma inesorabile.
  • Non è un segno dell’apocalisse imminente, è una dinamica naturale nel mercato delle idee: alcune funzionano, altre no. L’astensione non è un trauma che richiede una sessione nazionale di psicanalisi per essere elaborato. 

Dopo il monologo edificante sulla Costituzione, il momento omoerotico a Sanremo e le putinate di Berlusconi, la lista delle obbligate banalità prevede la contrita riflessione sull’astensione. Dopo le elezioni in Lombardia e Lazio quasi tutti i commentatori ci presentano preoccupati una versione aggravata delle scenario desolante che ci avevano presentato all’ultima tornata – che a sua volta era un peggioramento di quella precedente – assicurandoci che quel 60 per cento di elettori che è rimas

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