La segretaria Pd attacca la premier e apre un «percorso» nel partito, verso le politiche e, forse, le primarie. La corrente di Bonaccini entra in maggioranza. Picierno attacca Conte: no al trumpismo travestito da pacifismo. La prossima tessera di partito è dedicata a Tina Anselmi, la madre del sistema sanitario nazionale
«Meloni esca dal palazzo, vada in un supermercato e veda scaffale per scaffale quanto sono aumentati i prezzi». Il dialogo a distanza fra Elly Schlein, dal palco dell’Auditorium Antonianum, e Giorgia Meloni, da quello della festa di Fratelli d’Italia, lo inizia la segretaria del Pd. Prende la parola prima della premier, attacca sulle condizioni del paese: sanità, scuola, carovita, lavoro, tasse. Schlein si rivolge idealmente agli elettori: «State meglio di tre anni fa?». No, va tutto peggio, è la risposta immaginata: «Non lo dico io, sono i dati dell’Istat».
La sala dell’assemblea nazionale è piena, non ci sono solo gli aventi diritti di voto: la federazione di Roma e del Lazio ha «invitato» dirigenti e militanti anche non delegati dell’assemblea nazionale, per paura di una scarsa partecipazione all’evento. Il fatto è che sin dalla vigilia l’occasione si annuncia senza scossoni e colpi di scena. In effetti, l'accordo fra componenti abbassa i toni del confronto interno: una quarantina di interventi. Che però non cancellano le differenze. Come quando Silvia Costa, ex europarlamentare, cattolica, e politica di lungo corso – è un ex dc – con garbo ma determinazione denuncia la scarsa propensione al confronto interno della segretaria. E Pina Picierno fa esattamente quello che la segretaria non vorrebbe: mandare un messaggio a Giuseppe Conte, che ha chiesto di lasciare fare a Trump sul cessate il fuoco in Ucraina: «Lasciar fare al più forte è il contrario di quello che noi combattiamo da una vita, e nel nostro campo non può esserci spazio per trumpismo e putinismo travestito da pacifismo. Non usciamo da qui chiudendo gli occhi con una formula rassicurante del testardamente unitaria». Che è esattamente quello che ribadisce invece Schlein. E che è stata la formula vincente alle scorse regionali.
Bonaccini entra in maggioranza
La prima “notizia” è che la minoranza di Stefano Bonaccini, l’avversario sconfitto all’ultimo congresso ma anche presidente, formalizza il suo passaggio in maggioranza. Del resto dall’inizio partecipa alla «gestione unitaria» del Pd, e ha indicato i suoi in segreteria. L’annuncio lo dà la stessa Schlein: «C’era chi scommetteva sulle divisioni nel nostro campo», dice, «invece non solo ci siamo ma siamo competitivi e siamo la prima forza di opposizione. Il partito è più unito». Poi ringrazia Bonaccini, che l’ascolta dalla presidenza al suo fianco «perché l'unità non si fa da soli. È finito il tempo delle divisioni e dei litigi, la maggioranza è oggi più larga ma io continuo e continuerò a essere sempre la segretaria di tutto e di tutti la segretaria di tutto il partito».
Unitaria è anche la scelta della tessera di partito del prossimo anni. Se quest’anno l’immagine era quella degli occhi di Enrico Berlinguer, il prossimo sarà quella di Tina Anselmi, a dieci anni dalla morte e quasi cento dalla nascita, «una personalità importante nella storia d'Italia», dice Schlein, ma anche la ministra che ha voluto e varato il Sistema sanitario nazionale. Alla segretaria l’ha proposta proprio Silvia Costa.
Lo spettro dell’ordine del giorno
Per sancire il suo passaggio in maggioranza Bonaccini ma anche alcuni fedelissimi di Schlein avevano chiesto di contarsi con un voto su un ordine del giorno compatto contenente qualche tema chiave per distinguere la nuova sterminata maggioranza dalla correntina di riformisti radicali che restano all’opposizione interna: come Pina Picierno, Piero Fassino, Giorgio Gori, Filippo Sensi, Simona Malpezzi, Sandra Zampa, Graziano Delrio.
Il gruppo si riunisce fuori dalla sala e decide di spiegare che è meglio evitare divisioni e psicodrammi nel giorno in cui dall’altra parte c’è Meloni che fa i fuochi artificiali. L’ambasciata viene consegnata a Igor Taruffi, il responsabile dell’organizzazione. È solo per annacquare le differenze: alla fine si voterà sulla relazione della segretaria, e la minoranza annuncia la sua astensione. Schlein di fatto ha il suo voto unitario di fatto, senza no.
L’ascolto del paese
La segretaria deve rispondere anche alle richieste dell’assemblea di fine novembre a Montepulciano, che l’ha incoronata di fatto candidata premier, le ha chiesto un maggiore confronto interno, ma anche con il partito per partire con la campagna elettorale per le politiche.
Schlein accetta e lancia dal prossimo gennaio «un percorso programmatico per il Paese e nel Paese. È tempo di ascoltare il territorio». È un percorso parallelo a quello che sta facendo Giuseppe Conte con la base dei Cinque stelle. «Poi ci riuniremo con le forze con cui saremo alternativa».
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