Negli ultimi tempi ci sono stati due momenti topici che hanno introdotto un nuovo modo di fare campagna elettorale. Il primo lo si deve a Beppe Grillo e, paradossalmente, per l’alfiere di internet e delle nuove tecnologie, si trattò di un ritorno al passato: i comizi in piazza. Tra fine 2012, campagna elettorale per le regionali in Sicilia, e inizio 2013, elezioni politiche, Grillo ha battuto le piazze, sfidando anche il maltempo. La rete di ombrelli imbiancati dalla neve, a Mantova, resta una fotografia da annali della politica italiana.

È invece toccato alla Lega di Matteo Salvini, il partito più localista e avvinto alle tradizioni, immettere con una forza dirompente i social nella comunicazione elettorale. La cosiddetta “Bestia”, lo staff al servizio del segretario leghista per diffonderne i messaggi nella rete, ha portato il Carroccio a un irripetibile 34,3 per cento alle europee del 2019.

Elly Schlein sta seguendo ancora un altro percorso nella campagna in corso. Ha abbandonato le alte frequenze di una presenza martellante sulla televisione e nella carta stampata a diffusione nazionale, per concentrarsi sul territorio, andando per le città a incontri con i cittadini, senza troppa ritualità.

Una scelta saggia per due motivi. In primo luogo perché la segretaria è poco efficace in video. Voce, mimica e un argomentare molto articolato non bucano lo schermo. I tempi della televisione sono per le battute ficcanti, le petites phrases velenose, la polemica spicciola. Su questo terreno Schlein ha la mala parata. Per fortuna sembra ne abbia preso atto e si limita al minimo indispensabile. Il secondo motivo riflette invece una scelta di metodo.

Può essere stata indotta dal far di necessità virtù, ma il tuffarsi tra la gente nei centri piccoli e medi dove non si vedono mai politici nazionali indica una visione della politica: forzando un po’ la celebre espressione di Marshall McLuhan, anche in questo caso il medium è il messaggio. E cioè è la presenza della segretaria in contesti così poco frequentati a fare la differenza e a favorire l’ascolto e l’attenzione in relazione diretta con le persone. Nell’interazione faccia a faccia la spontaneità di Schlein, il suo non essere un prodotto di batteria del politicismo istituzionale, traspaiono: e ciò la rende vicina e avvicinabile, oltre la mitica dei selfie.

Fuori dai riflettori

La politica soffre di una iper personalizzazione sospinta dai media, in cui l’immagine è tutto e il leader si identifica in toto con il partito. Dopo l’ubriacatura renziana il Pd ha recuperato una dimensione di corpo collettivo, soprattutto grazie a Enrico Letta. A parte la sbavatura della candidatura della segretaria in due circoscrizioni – un errore di stile e di senso – Schlein segue un percorso lungo onde di bassa frequenza, fuori dai riflettori, che valorizza il momento dell’incontro diretto e personale.

Questa modalità è la più adatta a rimobilitare i potenziali simpatizzanti e a riportare al voto i tanti che si sono allontanati dal Pd transitando verso altri lidi e, soprattutto, verso l’astensione.

Farsi vedere in giro per i paesi, oltre a (tentare di) riagganciare chi ha voltato le spalle al Partito democratico, serve anche a (tentare di) riportare alle urne i delusi della politica tout court. È dal grande bacino del non voto che arrivano i consensi aggiuntivi. La modalità della campagna elettorale della segretaria Pd è coerente con l’obiettivo di scalfire il ghiacciaio dell’astensione. Impresa non facile, comunque.

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